Mentre Profumo annuncia iscrizioni on line, registri elettronici e risparmi per 240 milioni di euro attraverso una nuova gestione delle scuole, l’OCSE lo bacchetta rilevando che dal 2000 al 2010 i docenti italiani sono sempre più poveri e meno pagati.
Oggi il ministro Profumo ha annunciato una serie di innovazioni tecnologiche per abbattere le spese scolastiche e migliorare la qualità della didattica in ogni classe: chi opera nella scuola non può che apprezzare questo sforzo, però è bene che prima il personale scolastico venga messo nelle condizioni per operare al meglio.
Sebbene lavorino di più, per colpa dei pochi investimenti di spesa pubblica nel settore dell’istruzione, università e ricerca, il 9% dei docenti italiani, contro il 13% della media di 32 Paesi, occupa il penultimo posto nell’indagine “Education at a Glance” che pone a confronto i sistemi educativi nell’ultimo decennio.
Per Marcello Pacifico, delegato Confedir alle alte professionalità e presidente Anief, “è chiaro come questa perdita secca dei salari influisca molto sulla motivazione del corpo insegnante che non ha una prospettiva di carriera, che accede al ruolo dopo anni di sfruttamento da precario. Bisogna subito sbloccare gli stipendi fermi ai valori del 2009, ridefinire gli organici grazie allo stanziamento di maggiori risorse, attuare un nuovo piano di immissioni in ruolo nella scuola e ripristinare la figura del ricercatore universitario. Senza soldi per la scuola, l’università e ricerca non ci sarà aumento della produttività, per questa ragione, l’Italia è ferma da 10 anni rispetto ai Paesi più sviluppati”.
“Non è un caso – continua Pacifico – se il presidente Obama oggi investe sempre più in questo settore insieme alla cancelliera Merkel. Il nostro Presidente del Consiglio dovrebbe invertire la rotta, dopo che negli ultimi sei anni sono stati cancellati 200.000 posti nella scuola e messi ad esaurimento i ricercatori universitari”.
I dati della ricerca
Nel 2000, fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 Paesi economicamente più progrediti, nel 2010, in Italia è cresciuto ogni anno a partire dal 2005 del 4/5% mente nella media OCDE del 15/22% secondo la fascia di insegnanti (primaria, secondaria di primo e secondo grado), colpa della percentuale di spesa (4,9%) del PiL che l’Italia dedica al settore della conoscenza, rispetto alla media del 6,2%. Risultato: nel 2010, il reddito medio degli insegnanti italiani si colloca intorno a 32.000 euro lordi, in Inghilterra supera i 49.000 euro. A parte il minore investimento, permane la differenza tra stipendio iniziale e di fine rapporto, a testimonianza di una carriera che non c’è: infatti, nell’accesso alla professione, gli italiani prendono quanto i colleghi europei (28.000 euro), ma nell’ultimo anno prima della pensione perdono tra i 7.000 e gli 8.000 euro, in media, pur avendo aumentato le ore di insegnamento in questi ultimi dieci anni (da 744 a 770 rispetto a una media OCDE da 762 a 782 per la primaria, da 608 a 630 rispetto a una media OCDE da 681 a 704 per la secondaria di primo grado, da 605 a 630 rispetto a una media OCDE da 608 a 658). Complessivamente, gli insegnanti italiani lavorano 39 settimane rispetto alle 38 OCDE, 175 giorni rispetto ai 185 OCDE.