Il Miur in queste ore ha fatto sapere che il Ministro Bussetti sta per inviare al Ministero per la Pubblica Amministrazione la richiesta a bandire il concorso da 2.004 posti per DSGA, Direttori dei Servizi Generali Amministrativi, atteso da lungo tempo e finalmente sbloccato. Posti che potranno essere incrementati qualora quelli accantonati per mobilità non risultino del tutto utilizzati. E non poteva essere altrimenti, visto che le scuole prive di Dsga quest’anno hanno sfiorato quota 2mila e da settembre, per via dei pensionamenti, saranno ancora di più. Dell’indizione del concorso, quindi, il sindacato non può che rallegrarsi, anche perché rivendicato da diverso tempo e in più sedi. Quello di cui la nostra organizzazione non può invece essere soddisfatta è la decisione dei governanti, in accordo con l’amministrazione scolastica, di limitare i titoli di servizio utili all’accesso al concorso ad un ingiustificato range temporale: oltre ai laureati nelle materie attinenti - laurea in giurisprudenza, scienze politiche, sociali o amministrative, economia e commercio; diplomi di laurea specialistica (LS) 22, 64, 71, 84, 90 e 91; lauree magistrali (LM) corrispondenti – hanno accesso al concorso gli assistenti amministrativi che, alla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (01/01/2018), hanno maturato almeno tre anni interi di servizio negli ultimi otto nelle mansioni di Dsga.
Marcello Pacifico (Anuef-Cisal): Chiediamo che svolgano il concorso anche gli assistenti amministrativi che abbiano adempiuto alla funzione superiore di Direttore dei servizi generali e amministrativi a partire dal 1999, l’anno in cui è stata emessa dall’Unione Europea la direttiva sui 36 mesi utili all’assunzione. Non ha senso far valere solo il servizio svolto dal 2010, perché discriminerebbe tutti coloro che in precedenza hanno svolto la stessa mansione, con le medesime funzioni e titoli d’accesso, ovvero la maggiore anzianità di servizio previa domanda volontaria. È chiaro che appena il bando di concorso verrà pubblicato, qualora la soglia degli ultimi otto anni dovesse essere confermata, Anief inviterà tutti i danneggiati a presentare apposito ricorso al Tar.
SI COMUNICA CHE I SERVIZI DELLA SEGRETERIA NAZIONALE ANIEF SARANNO SOSPESI DAL 19 LUGLIO. LE NORMALI ATTIVITÀ RIPRENDERANNO GIORNO 23 LUGLIO
La cifra esatta, preannunciata dall’Anief, è stata comunicata oggi ai sindacati, nel corso di un’informativa sugli organici. Il Miur ha anche confermato che 13 mila assunzioni in ruolo riguarderanno il personale specializzato sul sostegno agli alunni disabili. A questi numeri si aggiungono quelli del personale Ata, attorno alle 9 mila unità, che però al momento il dicastero di Viale Trastevere non è stato in grado di produrre. Le assunzioni si attueranno con le modalità solite, quindi attingendo la metà dei docenti dalle graduatorie di merito e l’altra metà da quelle ad esaurimento. Qualora la prima sia priva di candidati, si estrapoleranno i candidati dalle nuove liste di merito del concorso regionale riservato al personale abilitato della scuola secondaria di secondo grado introdotto dalla Legge 107/2015. Ma solo se queste saranno prodotte entro il prossimo 31 agosto. Premesso che le assunzioni annunciate sono una notizia da accogliere a braccia aperte, Anief non può non rilevare che si tratta comunque di un contingente sempre sottodimensionato. Ad iniziare dai posti di sostegno, ma anche per l’altissimo numero di cattedre nascoste nell’organico di fatto.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il Miur si deve decidere a realizzare la ricognizione di posti realmente liberi, in modo da fare una lettura realistica di quelli oggi sovradimensionati sull’organico di fatto. La trasformazione di quei posti diventa ancora più rilevante dal momento in cui allo Stato e ai governi di turno nemmeno conviene più precarizzare i suoi insegnanti, in virtù della posizione della Cassazione che ha aperto gli scatti di anzianità anche ai supplenti, su indicazione di Bruxelles, facendo cadere la convenienza per l’amministrazione pubblica a lasciarli precari per più tempo possibile. La stessa Cassazione lo ha ribadito pochi giorni fa, attraverso diverse ordinanze del 26 giugno scorso, a cui non è sfuggito nemmeno il ‘giochetto’ dei nostri governanti di risparmiare sulle mensilità di luglio e agosto, che tocca l’apice con il personale Ata. Per questi motivi, ci accingiamo a chiedere, con appositi emendamenti, di intervenire con il Decreto Dignità contro la precarietà, tenendo conto della Risoluzione del Parlamento europeo, a fine maggio. Come ci stiamo preparando per cambiare il nuovo contratto di lavoro, non appena l’Aran ratificherà la nostra rappresentatività nazionale.
Oggi il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto di previdenza sociale, improvvisamente tornati in armonia dopo le accuse reciproche dei giorni scorsi, ci dicono in modalità congiunta che non c’è “nessuna emergenza e nessun allarme in materia di pensionamento degli insegnanti e del personale della scuola”. Sempre i due organismi istituzionali sostengono che “il numero di dinieghi per carenza di requisiti ammonta, ad oggi, al 10% circa delle richieste totali, contro il 15% circa registrato un anno fa”. All’Anief non risulta che il 17 luglio dello scorso anno vi fossero così tante persone nell’incertezza di andare o meno in pensione. Si tratta di un fatto increscioso e mai accaduto con queste proporzioni. Ma il motivo più grave di tutto ciò è un altro: come si fa a minimizzare un fatto così grave, in un Paese che si annovera tra i più avanzati al mondo?
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Dall’amministrazione dobbiamo aspettarci che si trattino in modo repentino e correttamente le certificazioni e le pratiche mancanti. Inoltre, è bene che l’Inps si adoperi per rendere i contributi figurativi mai versati e programmare davvero un sistema più vicino all'Europa, dove si va in pensione a 63 anni e non a 67 anni come accadrà da noi dal prossimo 1° gennaio. Inoltre, visto che lo stesso Ministero dell’Istruzione ha ammesso che il prossimo anno potrà solo andare peggio, è bene che sin d’ora l’Inps aggiorni il suo sistema d'archivio, valutando il servizio svolto per 365 giorni e non 360 giorni, come avviene oggi creando sgradevoli situazioni di incertezza e di pericolo di rinvio della data di pensionamento. Dallo stesso Inps è bene che si intraprenda un atteggiamento collaborativo e tecnicamente all’altezza. Senza intraprendere gratuite lotte contro ‘Quota 100’ e ‘Quota 41’, perché dalla previdenza sociale i cittadini si aspettano che si metta in atto un servizio e non invettive che sfociano nella politica.
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