Secondo i dati ufficiali Miur, l’organico degli insegnanti in questo nuovo anno scolastico raggiungerà il livello record di 762mila posti, ma la media dell’età è ancora alta, nonostante le immissioni in ruolo di giovani dall’ultimo concorso: l’età media dei professori italiani - quasi l’83% sono donne - è di 51,2 anni, in aumento rispetto ai 50,7 anni del 2015/2016. I docenti con più di 50 anni superano di gran lunga il 50% dell’organico: nella scuola media sfioriamo il 60%, alle superiori quasi il 70 per cento. Gli under 30 non arrivano allo 0,5%, mentre in Francia sono l’8,3%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Incurante di tutto ciò, il Governo italiano allunga di due anni il percorso per far entrare di ruolo i candidati più giovani. Ma dimentica anche i nuovi precari nei processi di reclutamento, preferendo ad essere condannato alle spese per risarcimenti. La logica adottata dall’Esecutivo italiano rasenta l’autolesionismo quando si mandano a vuoto un terzo delle assunzioni dell’ultimo concorso. Con docenti selezionati, formati e abilitati lasciati a fare i precari, perché inseriti nella graduatoria B, quella d’istituto, anziché la A, le GaE. È una decisione che fa scalpore, perché in principio, con la Siss, dopo sei anni dall’iscrizione universitaria di poteva entrare di ruolo. Poi con il Tfa e il Pas, subentrati dopo il 2011, nello stesso arco di tempo un aspirante docente era costretto a fare il precario. E ora con il FIT si farà il supplente con lo stipendio da tirocinante, con il pericolo di non essere confermato nei ruoli dopo 8 anni. E iniziare daccapo, come al gioco dell’Oca. Così lo Stato allontana le nuove generazioni dall'insegnamento. Per non parlare dell’estensione a 67 anni dell’età pensionabile che arriverà a 70. Approvata in barba alla riduzione dell’aspettativa di vita e non considerando che proprio tra i docenti – alcuni dei quali arrivano al ruolo solo dopo i 60 anni - i rischi di patologie derivanti da stress professionali risultano tra i più alti in assoluto.