È stato firmato il decreto che esonera il personale dell’infanzia dall’aumento di cinque mese dell’età pensionabile. Il giovane sindacato è pronto ad andare in tribunale per estenderlo a tutto il personale docente: secondo le più recenti indagini conoscitive dell’Istat, infatti, quella dei docenti risulta in assoluto la categoria più usurante per rischio di lavoro correlato. E anche gli studi epidemiologici giungono alla stessa conclusione.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Nei prossimi giorni forniremo le indicazioni per contrastare una norma che, per la prima volta, distingue in base al ciclo scolastico nel quale i docenti prestano servizio. Questo provvedimento anticipa quelle idee, diffuse nell’ultimo periodo, che vorrebbero autorizzare il pensionamento dei lavoratori italiani in base alla speranza di vita legata alle singole categorie professionali, addirittura al sesso e al titolo di studio. Invece, va assolutamente adeguata l’uscita dal lavoro all’età media oggi in vigore nei Paesi europei, ovvero 63 anni.
A chiederlo è il sindacato Anief, a seguito dell’acceso dibattito sul licenziamento della maestra veneziana che scriveva scuola con la q, alla quale il Miur ha anche rifiutato il reintegro o di essere assegnata ad altre mansioni. Non hanno tardato ad accendersi i riflettori della stampa e dei mass-media sulla mancanza di preparazione minima da parte della docente. Ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere della Sera: “Bisognerebbe che al ministero qualcuno ci svelasse il quarto segreto di Fatima: come ha fatto un’analfabeta a piede libero a insegnare per anni nelle scuole, anzi nelle squole della Repubblica Italiana. Qualcuno dirà che nel Paese in cui la ministra dell’Istruzione non ha un diploma di sc(q)uola superiore tutto è plausibile. Ma una maestra è più importante di una ministra. Plasma il futuro dei bambini”. Per il giovane sindacato, invece, la scelta di chi guida le sorti di tutta l’istruzione italiana, oltre che dell’università e della ricerca, è fondamentale.
Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Dopo il turno di manager, avvocati, rettori e parlamentari, è arrivato il momento di far sedere a Viale Trastevere un esperto sul campo, una persona che abbia competenze dirette di scuola. Ovvero chi ogni giorno ha modo di sondare gli effetti di tante riforme troppo spesso sbagliate, approvate negli ultimi 15 anni. Solo chi conosce la didattica e l’organizzazione scolastica da vicino, quindi un insegnante, può comprendere fino in fondo i motivi che stanno dietro al malessere del personale, degli studenti e delle famiglie verso quella che doveva essere la Buona Scuola e che invece si è rivelata un fallimento totale. Non basta ergersi a untori o indignarsi davanti all’ennesima l’aggressione a una docente in classe da parte di un alunno, come è accaduto in settimana in provincia di Caserta. La scuola è un meccanismo complesso e articolato che ha bisogno di una guida finalmente competente.
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Stiamo assistendo ad un crescendo di violenza contro i capi d’istituto: è accaduto l’anno scorso a Catania, dove il preside Fernando Rizzo è stato colpito con calci e pugni, da sconosciuti, senza mai capire il motivo del gesto, ma anche qualche mese fa nella scuola media Parini di Putignano, dove il capo d’istituto, Franco Tricase, ex sindaco di Castellana Grotte, in provincia di Bari, è stato vittima di percosse; stesso copione quarantott’ore fa ad Avola, nel siracusano, dove un genitore che protestava per la sospensione del figlio che aveva lanciato una sedia contro la finestra dell’aula si è scagliato contro il preside.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Sembra che chi giuda un istituto sia diventato un nemico del Collegio dei docenti o del personale Ata. Oppure un corrotto, se non un corruttore, che si approfitterebbe dell’autonomia scolastica per perseguire interessi personali. Sono interpretazioni del tutto gratuite ma che in certi contesti socio-territoriali rischiano di diventare dei luoghi comuni da combattere. Anche perché i dirigenti scolastici hanno già il loro bel da fare, sballottati su diversi plessi, spesso su più scuole autonome tenute in reggenza, e pure sottomessi a continue molestie burocratiche. Noi, come sindacato, pensiamo che l’unico modo per far capire come stanno le cose è fornire le corrette informazioni. Ma senza una presa di coscienza sull’importanza del rispetto delle regole e della legalità è tutto inutile. Per questo motivo, riteniamo importante che in tutti i bienni iniziali delle scuole superiori si introducano due ore a settimana di insegnamento giuridico ed economico, affidandolo a docenti della disciplina. In modo da introdurre il progetto su larga scala, utile all’apprendimento di tutti gli alunni che tra i 14 e i 16 anni devono comunque obbligatoriamente frequentare le aule scolastiche. Quando si parla di scuola ci dobbiamo impegnare per garantire un servizio fondamentale per la nostra società che parta dal rispetto degli altri cittadini.
La scuola entra nelle case degli italiani per i fatti di cronaca e non per il ruolo centrale che svolge per la formazione dei cittadini: è di poche ore fa l’aggressione a una docente in classe da parte di un alunno di Acerra che per contestare una nota disciplinare ha sfregiato la professoressa al volto con un coltello: si tratta solo dell’ultimo caso di violenze subìte da una categoria sempre più bistrattata.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sono fatti gravissimi e sconcertanti, attuati contro dei pubblici ufficiali, quali sono gli insegnanti nell’esercizio delle loro funzioni, che operano per il bene della collettività scolastica e della società tutta. Ormai chi fa questo mestiere è esposto a pericoli di ogni genere, soprattutto nelle aree del Paese più deprivate a livello culturale. La scuola in certi territori rappresenta una delle poche istituzioni che agiscono in modo diretto per il rispetto delle regole, la trasmissione della cultura e per rimarcare i valori costituzionali dello Stato, imprescindibili, che vanno trasmessi a costo di risultare “antipatici”. Le famiglie e gli studenti che non sopportano questo genere di messaggi, finalizzati alla formazione dei cittadini e all’agire nella legalità, possono reagire in malo modo, cercando di imporre il loro codice di comportamento che opera nella devianza. Ma dietro a certi episodi ricorrenti c’è anche lo scadimento sociale del ruolo del docente. Su questo versante, ha contribuito non poco il trattamento economico sempre peggiore che i vari Governi hanno riservato a chi opera nella scuola. E pagando un insegnante meno di un impiegato, si arriva a deprezzare il loro ruolo al centro della società. Non dare il giusto rilievo a tutto questo significa produrre ulteriori spallate all’autorevolezza di chi fino a pochi anni fa veniva giustamente quasi considerato un eroe. Mentre oggi si arriva a colpirlo in tutti i modi.
L’assegno sociale è una prestazione assistenziale in favore di coloro che versano in condizioni economiche disagiate: è subordinata a requisiti anagrafici dalla L. 335/1995 che lo ha istituito e che indicava come requisito anagrafico minimo il compimento del 65° anno di età. Questo, sino al 2012. Il decreto Salvaitalia dispone per il 2018 che tale prestazione venga liquidata in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita e l’aumento di 1 anno del requisito per l’assegno sociale. Quest’anno dunque potranno avere liquidato l’assegno sociale solo coloro i quali possono far valere almeno 66 anni e 7 mesi.
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