ROMA, 12 AGO - Il Decreto Dignità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore oggi, introduce due novità che riguardano il mondo della scuola. La prima riguarda le supplenze su posti vacanti dopo 36 mesi di servizio: la legge legge 107/2015 ovvero la Buona Scuola aveva introdotto il divieto di attribuire supplenze su posti vacanti e disponibili al personale sia docente che ATA che avesse già svolto 36 mesi di servizio. Questo divieto ora è stato abolito. La legge interviene poi per cercare di risolvere la questione dei diplomati magistrali, circa 50 mila complessivamente, a cui una sentenza del Consiglio di Stato ha chiuso le porte delle GaE, le graduatorie ad esaurimento. La nuova normativa prevede, innanzitutto, che l'esecuzione delle sentenze possa avvenire entro 120 giorni dalla notifica. Poi, considerato che le sentenze di merito, dopo quella del Consiglio di Stato, arriveranno nel corso dell'anno scolastico 2018/19, per garantire la continuità didattica, viene assicurato a questi maestri un contratto a tempo determinato con scadenza al 30 giugno 2019. Infine, entro l'anno scolastico 2018-2019, verrà bandito un concorso. Le soluzioni trovate dal Governo però scontentano alcune forze politiche e alcuni sindacati. Anief annuncia il primo sciopero del nuovo anno scolastico il prossimo 11 settembre, per chiedere la conferma dell'emendamento LeU salva-precari, già licenziato dal Senato e sottolinea che "delle 50 mila maestre diplomate in attesa di un posto fisso meno di una su cinque lavorerà il prossimo anno e solo con un contratto di 10 mesi. Per le altre 40 mila nulla, al massimo ci sarà qualche occasionale supplenza. Per tutti un concorso straordinario in cui non è previsto un punteggio minimo, con tutti vincitori. Solo che per entrare in ruolo ci vorranno fino a 29 anni nella scuola dell'infanzia e fino a 11 anni nella primaria". Anche per Maddalena Gissi della Cisl Scuola, "la procedura concorsuale riservata dà risposta solo parzialmente alle tante attese che si sono nel frattempo create; siamo inoltre ben lontani da quanto lo stesso ministro Bussetti afferma nelle sue "Linee Programmatiche", indicando come indispensabile una revisione del sistema di reclutamento dei docenti". Critiche arrivano anche da FI con Mariastella Gelmini. Mette invece in guardia il senatore Mario Pittoni, responsabile Istruzione della Lega e presidente della Commissione Cultura: "Attenzione a non rovesciare la realtà: il decreto Dignità non lascia a casa le "maestre". E' una sentenza del Consiglio di Stato a non aver confermato il loro inserimento in ruolo e nelle graduatorie ad esaurimento. Al contrario noi abbiamo teso loro la mano". (ANSA).
In migliaia saranno in piazza l'11 settembre, per il primo sciopero dell'anno scolastico indetto da Anief per chiedere la conferma dell’emendamento LeU salva-precari, già licenziato dal Senato qualche giorno fa: ricorderanno ai parlamentari della Camera che, come ha rilevato in queste ore Tuttoscuola, delle 50 mila maestre diplomate in attesa di un posto fisso meno di una su cinque lavorerà il prossimo anno e solo con un contratto di 10 mesi. Per le altre 40 mila nulla, al massimo ci sarà qualche occasionale supplenza. Per tutti un concorso straordinario (ma si potrebbe definire anche un ‘concorsino’, tenuto conto che è prevista solo una prova orale) in cui non è previsto un punteggio minimo, con tutti vincitori. Solo che per entrare in ruolo ci vorranno fino a 29 anni nella scuola dell’infanzia e fino a 11 anni nella primaria. Per gli esperti, autori di un dossier sul tema, con questo sistema non si garantirà nemmeno la continuità didattica. Inoltre, al concorso per 12 mila posti parteciperanno tra i 70 mila e i 90 mila candidati: poiché non sarà selettivo, la graduatoria non si svuoterà prima del 2047.
La rivista ha anche tracciato i profili più emblematici dei candidati al concorso straordinario, il cui bando uscirà ad inizio autunno: per la scuola dell’infanzia si ipotizza un aspirante maestro che a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e che al termine del concorso si posizioni in fondo alla graduatoria: oggi ha 51 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 82 anni, ma avendo raggiunto l’età pensionabile da un pezzo, non potrà essere assunto. C’è pure un candidato che ha ottenuto la laurea in scienze della formazione primaria nel 2010 a 24 anni e che al termine del concorso si posiziona in fondo alla graduatoria: oggi ha 32 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 63 anni, poco prima di andare in pensione. Pure per la scuola primaria gli aspiranti maestri hanno poco da ridere: chi a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e al termine del concorso si posizioni circa in fondo alla graduatoria, oggi ha 51 anni ed entrerebbe in ruolo nel 2032 a 64 anni.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Vogliamo farci ascoltare da quella politica che aveva promesso di voler sentire tutti e che invece non ha programmato neanche le audizioni parlamentari dei precari coinvolti dal decreto dignità. Mentre un terzo delle assunzioni deliberate quest'anno andranno a vuoto perché abbiamo insegnanti specializzati e abilitati come quelli inseriti nelle GaE, ma ad essi è stato negato l'accesso nonostante siano esaurite. Quindi vivremo ancora un anno scolastico fatto di supplenze casuali, derivanti dalle 15 o 20 scuole scelte, tramite le graduatorie d'istituto, con precari nominati a novembre inoltrato. Per non parlare dei 43 mila maestri supplenti che non saranno più chiamati e in molti casi nemmeno sostituiti da nessun supplente, perché non c'è nessun controinteressato nelle loro graduatorie o delle laureate in Scienze della formazione primaria senza i 24 mesi di servizio, ancorché specializzate su quei posti di sostegno che andranno vacanti. L'unica soluzione rimane, attraverso il Milleproroghe già approvato dall’Aula del Senato, la riapertura delle GaE per salvare le supplenze, coprire i posti vacanti, ripristinare la parità di trattamento tra personale docenti abilitato e i ruoli dello Stato. Questo chiederemo alla politica a settembre.
ROMA, 11 AGO - Ad un mese dalla riapertura delle scuole, torna il tema delle cosiddette classi pollaio. Trentanove studenti frequenteranno il prossimo anno scolastico infatti una prima liceo di Todi, di cui uno diversamente abile con il sostegno. A denunciarlo è Giovanni Antonelli, Presidente del Consiglio di Istituto del Liceo Jacopone, in una lettera che ha invito al ministro dell'Istruzione Marco Bussetti e che pubblica il sito Orizzontescuola. Il rappresentante scolastico critica la decisione dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria "che, applicando la normativa in essere, non ha previsto lo sdoppiamento della prima classe del Liceo Scientifico nonostante i 39 ragazzi iscritti di cui uno diversamente abile con sostegno. A nulla sono valse a tutt'oggi le accorate richieste fatte dal Dirigente Scolastico Sergio Guarente e, considerato il poco tempo che ci separa dall'inizio dell'anno scolastico, ho preso la decisione di rivolgermi direttamente a Lei", scrive Antonelli. "Il senso di impotenza e rabbia scaturisce dal fatto che, evidentemente, si ritiene che la soluzione imposta dalla normativa sia perfettamente compatibile con il diritto costituzionale allo studio e lo rispetti anche nel più ampio senso di assicurare a tutti le migliori condizioni per un'efficace formazione attuando i più elementari principi pedagogici". Nella missiva si spiega che i 158 iscritti alle prime classi dei quattro indirizzi del Liceo "Jacopone da Todi" (49 al Linguistico, 41 alle Scienze Umane, 39 allo Scientifico, 29 al Classico) devono essere ospitati al massimo in 6 classi "a prescindere dal fatto che ci sia una distribuzione non omogenea tra le scelte effettuate dagli studenti. In altre parole, l'Ufficio Scolastico Regionale auspicherebbe che fosse il Dirigente Scolastico a "convincere" i genitori circa l'indirizzo al quale iscrivere il proprio figlio". Sulla vicenda interviene il sindacato Anief. "Quanto si sta realizzando - dice Marcello Pacifico, leader del sindacato - è purtroppo in piena sintonia con quello che è accaduto negli ultimi dieci anni, con i tagli imposti a partire dalla Legge Berlusconi-Gelmini 133/08. Sorprende, però, che a rendersi artefice di tale conferma sia lo stesso Movimento 5 Stelle, autore in passato di diverse battaglie e interpellanze parlamentari portate avanti proprio per trovare soluzione al problema delle classi pollaio". (ANSA).
(ANSA) - ROMA, 11 AGO - L'Anief esprime "seri dubbi" sulla possibilità che entro l'estate prossima le prove selettive - scritte e orali - possano essere concluse, con tanto di pubblicazione di esiti e valutazioni, in modo da individuare i 2.425 nuovi capi d'istituto e tamponare l'attuale numero di reggenze record che riguardano ormai una scuola ogni quattro. "Soprattutto perché per la prima volta l'intera procedura, compresa la formazione, sarà affidata al Miur; inoltre, nella fase preliminare ci si è affidati alle tecnologie telematiche, con 24 mila candidati a rispondere direttamente da computer. Quindi, si tratta di meccanismi nuovi, tutti da verificare e che possono presentare intoppi e problemi lungo il percorso", fa notare il leader del sindacato, Marcello Pacifico. Anief sottolinea poi il problema del mancato "ripescaggio", nel concorso riservato, dei ricorrenti del 2011 privi di un provvedimento di primo grado favorevole. Tuttavia, ribatte il sindacato, una possibilità che la partita possa giocarsi non solo nelle aule di tribunale ancora c'è e passa per le Camere. La richiesta del sindacato è quindi quella di ammettere al corso-concorso riservato i ricorrenti del 2011. Per Pacifico, "Il Parlamento potrebbe intervenire prorogando l'accesso al corso riservato anche dei ricorrenti del 2011. Il motivo è semplice: in caso contrario sono concrete le possibilità di andare incontro, proprio a seguito del pronunciamento della Corte Costituzionale a novembre, all'annullamento di tutta la procedura prevista dalla Legge 107/2015. Per questo, Anief condivide l'intenzione di alcuni deputati di intervenire a settembre alla Camera sul decreto Milleproroghe, come già è stato fatto con il Decreto Dignità".
A denunciarlo è il presidente del Consiglio d’Istituto, della scuola umbra, il quale ha deciso di rivolgersi al Ministro Marco Bussetti addebitando l’incredibile “decisione dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria che, applicando la normativa in essere, non ha previsto lo sdoppiamento della prima classe del Liceo Scientifico nonostante i 39 ragazzi iscritti di cui uno diversamente abile con sostegno”.
Eppure a pagina 41 del Contratto di governo M5S-Lega, c’era scritto: “In questi anni le riforme che hanno coinvolto il mondo della scuola si sono mostrate insufficienti e spesso inadeguate, come la c.d. ‘Buona Scuola’, ed è per questo che intendiamo superarle con urgenza per consentire un necessario cambio di rotta, intervenendo sul fenomeno delle cd. ‘classi pollaio’”. Come si intenda superare tale linea di tendenza, ignobile per un paese che si qualifica tra i più avanzati al mondo, non è ancora però noto. Come fa pensare il fatto che tra le linee programmatiche presentate dieci giorni fa dallo stesso Ministro dell’Istruzione non vi sia traccia né indicazioni indirette che intendano fermare questo malcostume dell’alto numero di alunni concentrati nella stessa classe.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Quanto si sta realizzando è purtroppo in piena sintonia con quello che è accaduto negli ultimi dieci anni, con i tagli imposti a partire dalla Legge Berlusconi-Gelmini 133/08. Sorprende, però, che a rendersi artefice di tale conferma sia lo stesso Movimento 5 Stelle, autore in passato di diverse battaglie e interpellanze parlamentari portate avanti proprio per trovare soluzione al problema delle classi pollaio. Il problema, come ha fatto più volte osservare il M5S, non è solo di organici da ridurre all’osso, quindi di risparmi, perché con meno classi servono meno docenti, Ata, scuole e dirigenti: a destare preoccupazione sono le conseguenze. Comporre una classe con così tanti alunni è di una gravità estrema. Perché in un colpo solo si vanno a minare il diritto allo studio (non è possibile fare lezione a 39 alunni nello stesso momento), il diritto alla sicurezza (in un’aula o laboratorio ci sono dei precisi vincoli legislativi che armonizzano i metri quadri a disposizione di ogni allievo con quelli dello spazio circostante), i limiti numerici normativi in presenza di alunni disabili (20 alunni per classe in caso di disabilità grave e 25 alunni se lieve). Per non parlare dei problemi di sovraccarico di lavoro che debbono affrontare i docenti impegnati nel seguire contemporaneamente così tanti alunni. Non possiamo tollerare che si riparti per un altro anno in queste condizioni. Quanto sta accadendo a Todi non è tollerabile, nemmeno fosse l’unico caso in Italia.
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