Si conferma il balzo in avanti di cinque mesi, che fanno dell’Italia il Paese più severo di tutti in fatto di pensioni. Il gap che si sta creando è sempre più grande. In Francia, si consente ai docenti di andare in pensione a 60 anni, al massimo a 62. In altri, come la Germania, con circa 25 anni di insegnamento si permette di lasciare il lavoro. Come se non bastasse, va ricordato che ammesso che si riesca ad anticipare l’accesso al pensionamento, questi docenti percepiranno in media un assegno pensionistico ridotto, rispetto al 2011, fino all’8%.
Fa scalpore, poi, il fatto che ci siano delle professioni, come quella dell’insegnante, che si continuano ad annoverare alla stregua delle altre. Mentre le cose non stanno così. Chi opera nella scuola, vale anche per il personale Ata, non può rimanere in servizio anche da anziano: a 60-62 anni, un lavoratore che opera quotidianamente con i giovani in crescita ha la necessità fisica di andare in pensione. Da una recente ricerca – realizzata su larga scala su ambiti problematici connessi con lo sviluppo della sindrome di burnout - risulta che oggi più che mai il “lavoro educativo” è un “ambito professionale particolarmente esposto a condizioni stressogene”, soprattutto tra i docenti più giovani e caratterialmente fragili o emotivi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Non c’è volontà di introdurre una manovra che tenga conto della realtà. Quella di un’altissima percentuale di lavoratori della scuola costretti a rimanere in servizio, convivendo con patologie da stress che possono sfociare in vere e proprie malattie croniche, anche invalidanti o peggio ancora. Quello dell’alta incidenza di malattia psichiatriche ed oncologiche tra chi opera nella scuola è un dato scientificamente rilevato, che non può continuare ad essere ignorato per meri motivi di cassa pubblica. Purtroppo, nemmeno il Def contiene quella ‘finestra’ da noi invocata per il restante personale della scuola, dopo l'approvazione della norma che ha definito gravoso il lavoro delle sole insegnanti dell'infanzia. Andando avanti in questo modo, inoltre, né si sblocca il turn over né si annulla il gap generazionale tra alunni e discenti. Si sta riuscendo nell’impresa di fare peggio della riforma Fornero con l’aspettativa di vita che diventa l’alibi per andare in pensione sempre più tardi. Di questo passo, arriveremo a breve a lasciare il lavoro a 70 anni.
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È da poco cominciato lo sciopero della fame con presidio permanente per opporsi alle intenzioni espresse dall’Avvocatura di Stato che danno seguito alla sentenza n. 11 dell’Adunanza Plenaria del 20 dicembre scorso; infatti, senza un intervento della politica decine di migliaia di maestre e maestri con diploma magistrale, tra cui circa 5.600 già immessi in ruolo, sono destinati ad uscire dalle GaE e a perdere il loro lavoro. Allo stesso modo, tantissimi altri precari abilitati all’insegnamento, attraverso i corsi Tfa, Pas, in Scienze della formazione primaria e all’estero, si vedono chiudere le porte dell’assunzione a tempo indeterminato, pur avendone pieno diritto.
Per tali motivi, il sindacato Anief dà pieno sostegno all’iniziativa partita oggi, alla quale nelle ultime ore hanno aderito anche diverse associazioni di categoria, tra cui Adida e Mida, e pure il Coordinamento Genitori Nazionale, i cui componenti si dicono “indignati da questo provvedimento”. Anief, inoltre, ha deciso di aderire allo sciopero del 2 e 3 maggio, il terzo in cinque mesi, con manifestazione di protesta conclusiva a Roma in programma giovedì prossimo. Alla protesta estrema, lanciata dal Coordinamento nazionale dei diplomati magistrale abilitati, hanno detto che aderiranno anche gli insegnanti abilitati con il Tfa e Pas.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Occorre che il Parlamento avvii un’interrogazione per chiedere al Governo di intervenire nei giudizi correnti per attuare la sospensione dei ricorsi pendenti, in attesa della sentenza della Cassazione, della Cedu e della decisione del Parlamento europeo sul reclamo collettivo. In ballo c’è anche la condanna dello Stato italiano per via della violazione delle direttive comunitarie sui contratti a termine, visto che la grande maggioranza di questi insegnanti precari ha superato la soglia dei 36 mesi di supplenze anche non continuativo. Nel frattempo, chiediamo ai parlamentari, molti dei quali ‘freschi’ di nomina e sicuramente attenti alla salvaguardia dello stato di diritto, di invitare il Governo ad approvare un decreto legge. Oppure, un ddl attraverso l’approvazione urgente da parte di una commissione deliberante speciale, in modo da evitare che scattino i licenziamenti. Bisogna fare in fretta: non si può aspettare che arrivi il 30 giugno.
Il giovane sindacato ottiene dal giudice monocratico l’ammissione di dieci capi d’istituto in servizio presso istituti comprensivi a svolgere il ruolo di presidente di commissione. Superando, in questo modo, la discriminazione attuata, senza ragioni, dall’amministrazione scolastica, secondo la quale tali presidi non avrebbero potuto accedere alla presidenza. La decisione del Tribunale regionale, tra l’altro, giunge nell’ultimo giorno utile da parte degli Uffici scolastici provinciali per la compilazione degli stessi raggruppamenti di docenti e presidenti da assegnare ai prossimi Esami di Stato al via nella terza decade del prossimo mese di giugno. La decisione del Tar arriva a seguito della richiesta di annullamento della Circolare 4537/18 e della Nota ministeriale 6078/18: preso atto del vulnus, sono stati quindi contestati dai legali Gorgo, Niro e Russo la violazione del ruolo unico della dirigenza istituito dal 2008, l’obbligo di presiedere esclusivamente gli esami della propria scuola (d.lgs. 62/17) senza poter nominare il proprio sostituto.
Marcello Pacifico (presidente Udir) ripercorre la vicenda: Dietro la protesta di Udir, seguita da altre sigle sindacali, con una nota 6078 del 6 aprile scorso, mentre era in corso la valutazione delle domande già pervenute, si permetteva, attraverso una nuova domanda cartacea, la loro partecipazione. Introducendo, però, diverse costrizioni e limitazioni. Come la condizione di essere abilitati alle scuole superiori, di terminare gli esami del primo ciclo prima dell’inizio dei nuovi e di nominare quali sostituti dei docenti già in passato presidenti di commissioni del secondo ciclo. Tutte le restrizioni sono state censurate dai legali del nostro sindacato, considerando anche che dal 2008 è stato introdotto il ruolo unico della categoria, visto che i dirigenti scolastici possono essere nominati prescindendo dal grado scolastico di appartenenza. Dopo avere esaminato il ricorso, a pensarla così ora sono anche i giudici.
Di discriminazioni e delle tante problematiche che affliggono la categoria dei dirigenti scolastici si parlerà il prossimo 19 maggio nel corso dell’incontro nazionale a Palermo, dove Udir inaugurerà il calendario dei nuovi incontri di formazione nazionali. Il giorno dopo, il 20 maggio si affronteranno i temi della violenza nelle scuole: interverranno diversi esperti tra cui il medico Vittorio Lodolo d’Oria, esperto in stress da lavoro correlato, alla presenza di rappresentati di docenti, alunni e genitori.
Dopo il sostegno dell'Anief alle ragioni della protesta estrema lanciata dal Coordinamento nazionale dei diplomati magistrale abilitati, ora scendono in campo gli insegnanti abilitati con il Tfa, Pas delusi dalla fase transitoria: chiedono a gran voce la riapertura delle GaE a tutto il personale abilitato, al fine di trovare una soluzione “alla paradossale situazione dei docenti precari nelle scuole secondarie”. I raggruppamenti, che contengono al loro interno migliaia di docenti, ricordano di avere “tutto il diritto di entrare in un canale che consenta il loro immediato inserimento in ruolo”. E “per tale motivo -continuano - insieme ai colleghi della scuola primaria chiediamo a gran voce di essere inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento e condanniamo il ridicolo concorso a cattedra ideato con i decreti delegati della ‘Buona Scuola’”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il momento è topico: in queste settimane si gioca il futuro professionale e personale di tantissimi insegnanti, quasi tutti impegnati da lungo tempo nelle nostre scuole ed ora messi alla porta senza motivo né alcuna colpa. Ecco perché dal 28 aprile abbiamo deciso di essere a fianco dei precari della scuola che manifesteranno ancora una volta davanti al Miur il 3 maggio, giorno conclusivo del terzo sciopero organizzato da Anief in cinque mesi. Lo abbiamo detto chiaramente ai dirigenti Miur nell’incontro tenuto qualche giorno fa: è necessario che si riaprano le GaE per la terza volta. Bisogna applicare, con celerità, un intervento che anticipi l’esito della Cassazione, dando ragione così alle associazioni e ai sindacati che lo chiedono in modo compatto. Ancora di più perché a chiedere una soluzione che superi la posizione controversa del Consiglio di Stato è anche lo stesso Ministero dell’Istruzione. Per questi motivi, la strada da seguire rimane una sola: basta indugi, salviamo i precari abilitati dal licenziamento di massa più grande della storia della Repubblica italiana.
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