Otto lavoratori della scuola su dieci sono donne: lo dicono i dati statistici del rapporto Aran pubblicato pochi giorni fa sugli occupati nella Pubblica amministrazione al 2021. È donna, infatti, il 77,4% del personale scolastico rispetto al 22,6% di uomini: si tratta di ben 977.814 donne e solo 286.212 uomini. “Sono donne che dovrebbero essere valorizzate e premiate, perché svolgono un lavoro particolarmente impegnativo e gravoso da tutti i punti di vista, con conseguenze anche penali per situazione che a volte si vengono a concretizzare senza alcuna responsabilità da parte della lavoratrice”.
È impietoso il risultato dell’analisi del sindacato Anief sui dati statistici del rapporto Aran pubblicato pochi giorni fa sugli occupati nella Pubblica amministrazione al 2021: il 77,4% del personale scolastico è donna rispetto al 22,6% di uomini, il 56,9 è over 50, con un tasso del 18,6% di over 60 (ben 235.741 tra docenti, Ata e dirigentiso scolastico). Un dato, quest’ultimo, che ha assunto grandi proporzioni dopo la riforma pensionistica Monti-Fornero, che ha portato la pensione di vecchiaia a 67, da cui nel pubblico impiego è stato esonerato il personale delle forze di polizia (solo 2.596 over 60 su 303.134 ovvero 0,8%) e quello delle forze armate (solo 186 su 172.383 ovvero lo 0,1%).
I numeri ufficiali sul precariato nella pubblica amministrazione del 2022 risultano altissimi, in particolare quelli della Scuola, più di quanto si pensasse: sono quelli che hanno portato al deferimento dell'Italia da parte della Commissione europea per l'abuso dei contratti a termine e per l'assenza di misure di prevenzione e che riconoscano la parità di trattamento. Secondo l’ultimo rapporto Aran, su un totale di 301.026 contrattualizzati nella pubblica amministrazione, oggetto della procedura di infrazione 4231/2014 attivata dopo le denunce di Anief, la maggior parte appartiene al comparto istruzione e ricerca (285.993) ovvero 294.385 tra docenti e ATA della scuola, a fronte di soli 4.749 precari nelle funzioni centrali, 9.415 nelle funzioni locali e 869 nella sanità.
Anief pubblica uno studio approfondito sugli effetti, specialmente, del primo contratto firmato dopo il blocco decennale (CCNL 2016/2018), che ha penalizzato soprattutto il personale della scuola rispetto a quello sanitario, dei ministeri, dei comuni e delle regioni. Pacifico: “nel prossimo contratto 2025-2027 serviranno risorse per colmare il GAP per 1,3 milioni di docenti, Ata, educatori: 617 euro mensili di aumento che già i dipendenti delle funzioni centrali percepiscono”
Gli incrementi stipendiali nel lungo periodo hanno fortemente penalizzato Istruzione e Ricerca, a partire degli insegnanti e dal personale Ata della scuola che già percepiscono tra i compensi più bassi della PA. Lo si evince in modo evidente dall’ultimo Rapporto Aran pubblicato in questi giorni: dallo studio nazionale sul trattamento economico degli statali emerge che gli stipendi nell’arco temporale 2001-2021 di tutti i lavoratori di Istruzione e Ricerca si sono fortemente ridotti di forza, perché se nei 20 anni considerati l’inflazione è cresciuta del 31,8%, il personale della Conoscenza e della Ricerca ha perso il 7,4% di valore stipendiale considerano che l’aumento nello stesso periodo si è fermato al 24,4%.
“La controversia (di carattere seriale) ha ad oggetto il riconoscimento, in favore della parte ricorrente, del bonus-carta docente di cui all’art. 1, co. 121, Legge 107/2015, con riferimento agli anni scolastici 2019/20, 2020/21, 2021/22 e 2022/23, nei quali la stessa ha prestato servizio a tempo determinato alle dipendenze del convenuto Ministero”: iniziano in questo modo le motivazioni che hanno portato il Tribunale del lavoro di Vicenza ad accordare 2.000 euro, “con maggiorazione di interessi come per legge o rivalutazione monetaria su base Istat con la decorrenza di cui alla parte motiva della presente sentenza fino al saldo”, ad un insegnante che ha svolto quattro supplenze annuali tra il 2019 e il 2023.
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