Il numero di classi che in Italia vanno dai 27 fino a casi di 40 alunni per classe è stato quantificato da Tuttoscuola: “alla vigilia del terzo anno scolastico colpito dal Covid – che avrebbe dovuto far aumentare il grado di urgenza anche per i profili di sicurezza – non è cambiato nulla. E ora che non è più obbligatorio il metro di distanziamento in classe il problema esplode”. Chicca finale: l’anno scorso sono state autorizzate addirittura 13 classi con 40 studenti! Il sindacato ricorda che è scientificamente dimostrato che assistere ad una lezione con oltre 15 compagni di classe comporta non solo maggiori rischi per la salute, ma anche un apprendimento più difficoltoso: in questa situazione di disagio, ha accertato l’Anief, si trova oltre l’80% delle classi. Se poi i compagni diventano addirittura 25 e pure oltre, fino a 39, entriamo nella sfera dell’assurdo. Il problema è che a risultare in questa situazione sono quasi 14 mila classi e 400 mila studenti: sono le classi “pollaio”, rarissime prima del 2009, esplose a seguito della riforma Gelmini-Tremonti. Il paradosso è che sono sopravvissute pure al Covid e alle regole sul distanziamento. L’anno scorso anziché cancellarle, dimezzandone il numero, si è pensato bene di lasciare a casa una parte della classe (prima il 50%, poi il 30%), alternando chi stava in dad con i presenti a scuola.
Il sindacato Anief non se ne fa una ragione. Come si fa a far cadere la distanza minima alla base della convivenza in sicurezza assieme all’utilizzo della mascherina in volto, introdurre il bluff del Green Pass obbligatorio e poi decidere di far tornare in presenza classi da 27 e più alunni? Perché non si rispetta il DM del 18.12.1975 che prevede 1,80-1,90 metri quadrati ad alunno. Perché non aumentano plessi scolastici, aule ed organici? Perché chi governa la scuola non si adopera per limitare gli abbandoni, visto che alle superiori si inizia con il 15% di classi composte da oltre 26 alunni e si arriva al quinto anno con meno del 2%? Perché nemmeno con la pandemia si è riusciti a cambiare i limiti minimi per la formazione delle classi, derivanti dal DPR 81/2009, che permettono di allestire classi con numeri da terzo mondo? Perché il ministero dell’Istruzione dice che tra le riforme del Pnrr c’è anche quella relativa alla riduzione del numero di studenti per classe, ma di fatto l’impegno formale, nero su bianco, non è stato mai sottoscritto?
“La verità – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che senza una presa di coscienza della gravità della situazione, da parte di chi amministra e finanzia la scuola, si rischia di perdere il preziosissimo treno del Recovery fund senza andare a cancellare questa piaga del nostro sistema formativo. Il gap di competenze, sia livello nazionale che internazionale, di cui sono vittime molti nostri studenti, doveva e poteva essere stroncato una volta per tutte andando ad abbattere i parametri per l’autorizzazione delle classi, portandole a massimo 15 iscritti per gruppo. Sempre con i finanziamenti del Pnrr, esattamente un terzo di quelli destinati a Scuola e Università, si sarebbe dovuto poi agire sulle strutture, ripristinando quelle destituite sempre a seguito del dimensionamento avviato nel 2008-2009, sugli organici, andando a rinfoltire quelli dei docenti di 200 mila nuove unità e quelli degli Ata dei 50 mila cancellati negli ultimi anni. Tutto personale che in tempo di Covid sarebbe stato davvero utile, tanto che il Governo per sopperire al problema ha dovuto introdurre l’organico Covid, peraltro quest’anno tagliato di 33 mila posti e con durata limitata sino a fine 2021. Ripartire in queste condizioni, con diverse migliaia di classi così numerose, comporta un rischio contagio altissimo”.