Tfr: le trattenute sono illegittime per i dipendenti della Pubblica Amministrazione prima in regime di Tfs. Chi può chiedere il rimborso e come fare? Ecco tutte le informazioni utili.
Il Trattamento di fine servizio (Tfs) è la liquidazione dei dipendenti pubblici che sono stati assunti a tempo indeterminato fino al 31/12/2000. Il Tfr (Trattamento di Fine Rapporto) è invece la liquidazione dei dipendenti privati e di quelli pubblici assunti dall’1/01/2001 o che al 31/12/2000 non avevano ancora un contratto a tempo indeterminato.
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Dal concorso che porta nei ruoli dello Stato, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale n. 14, rimangono esclusi illegittimamente dalla partecipazione gli Insegnanti Tecnico Pratici che non sono stati inseriti a pieno titolo nelle GaE o nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto entro il 31 maggio 2017: si tratta di una decisione che per il sindacato non ha fondamento giuridico. Secondo l’Anief, il diploma di questa categoria di docenti è di per sé abilitante all’insegnamento, quindi l’accesso alla tornata concorsuale riservata agli abilitati va concesso prescindendo dalla collocazione nelle varie graduatorie. È possibile richiedere l'ammissione al Tar Lazio ricorrendo con Anief e presentando la domanda entro il 22 marzo. Peraderire al ricorso vai al seguente link.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Appare assurdo che solo per gli ITP si richieda l'iscrizione entro il 31 maggio nelle graduatorie d'istituto, né può essere assunta la data del 31 maggio quale termine ultimo per conseguire l'abilitazione quando le domande scadono il 22 marzo e fino al 30 giugno si può conseguire il titolo su sostegno. Questo perché se è consentita la partecipazione di chi è inserito con riserva nelle GaE o nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto entro il 31 maggio, lo stesso inserimento con riserva è da contestare visto che il titolo di per sé richiesto per l'inserimento è abilitante all’insegnamento.
Pubblicato lo studio “Teaching Careers in Europe: Access, Progression and Support”: la ricerca illustra le principali sfide nella domanda e offerta di docenti e i modi con cui i sistemi educativi le affrontano.Il nostro Paese si caratterizza per l’invecchiamento progressivo della popolazione docente. Inoltre, se in diversi Paesi europei si registra la “carenza di studenti iscritti nei percorsi di formazione iniziale per insegnanti e la tendenza ad abbandonare la professione”, nonché una distribuzione sbilanciata di insegnanti tra materie e/o aree geografiche, in Italia chi vuole insegnare continua a dovere mettere in conto l’alta possibilità di vivere tanti anni di precariato.Molti Paesi prevedono una pianificazione preventiva. Mentre in Italia decine e decine di migliaia di docenti delle graduatorie d’istituto continuano ad essere respinti. Nella metà dei sistemi educativi i docenti sono già “pienamente qualificati” al termine del percorso formativo: solo in sei Paesi, tra cui l’Italia, agli insegnanti viene richiesto di superare un concorso. Con il paradosso, sempre nel Belpaese, di una formazione triennale post-concorso, al termine della quale si può anche essere respinti. Inoltre, un terzo dei sistemi educativi d’Europa offre percorsi alternativi per abilitarsi, organizzati come programmi professionali brevi o basati sul lavoro. Mentre da noi, si continuano a respingere tutti coloro che si sono formati sul campo, hanno conseguito abilitazioni e specializzazioni, e hanno superato i 36 mesi di servizio richiesti della stessa UE per l’accesso automatico nei ruoli dello Stato. In Europa è poi normale adottaremisure di sostegno ai docenti, attraverso professionisti specializzati e insegnanti qualificati. Figure di chi da noi non c’è nemmeno l’ombra.
Per il sindacato, i risultati dello studio non fanno altro che alimentare il rimpianto per quanta strada l’Italia sta perdendo in fatto di istruzione rispetto all’area continentale di cui fa parte. Stride l’eccessivo innalzamento dell’età media dei docenti. E in Italia, guarda caso, ci ritroviamo ben al di sopra dei 50 anni, collocandoci come i più “vecchi” d’Europa. È un dato di fatto che cozza con l’esclusione, per volere del Miur, dei giovani laureati dall’ultimo concorso a cattedra, salvo tornare sui propri passi con il prossimo, figlio della Legge 107/2015. Ma che comunque porterà in cattedra i nuovi insegnanti solo dopo un lungo percorso ad ostacoli.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Da noi non si ha sentore di cosa possa essere un “sostegno” personale alla professione, soprattutto laddove vi sono difficoltà oggettive con l’utenza e il territorio, con alti tassi di alunni stranieri e di abbandono scolastico. Inoltre, non si comprende il motivo per cui si debba intendere la selezione quasi come un canale punitivo e non un viatico organizzato di crescita verso chi è determinato a svolgere questa professione. La stessa formazione in itinere, con il bonus annuale dell’aggiornamento previsto dalla Buona Scuola, è stata fatta passare come una concessione, mentre in Europa è la norma, peraltro con incentivi e facilitazioni di ben altro spessore. E che dire dell’età avanzata dei nostri docenti? Purtroppo andrà sempre peggio, perché all’eccesso di anni di precariato, non ridotti dal nuovo reclutamento, si somma il mancato allargamento dei beneficiari dell’Ape Social: i nostri docenti di scuola primaria e secondaria, in pratica, andranno tutti in pensione a 70 anni o con almeno 43 anni di contributi, incrementando il record della vergogna, tutto italiano, dei docenti-nonni costretti a rimanere in cattedra loro malgrado.
Nel goffo tentativo di riparare all’assurda disparità che si è creata, negli ultimi anni, tra le diverse regioni italiane sempre riguardo alla retribuzione di posizione/quota variabile e della retribuzione di risultato, nel 2020 chi dirige un istituto in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Liguria si ritroverà con compensi annui inferiori a quelli di oggi. La colpa è tutta delle scelte sbagliate dei sindacati che hanno sottoscritto quello scellerato contratto, che poi sono gli stessi che stanno conducendo l’attuale trattativa.
Marcello Pacifico (presidente Udir): L’assurdo è che questo avverrà nonostante i 96 milioni stanziati dalla Legge di Bilancio a regime, come confermato dalla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. I tagli degli anni passati, pertanto, annulleranno gli aumenti futuri. Questa è l’eredità negativa che grava sul prossimo contratto. L’Udir sta seguendo con puntualità la situazione delle diverse regioni, specialmente quelle dove i comportamenti dell’Amministrazione vanno a peggiorare la situazione: in Sicilia ben cinque Ragionerie territoriali dello Stato non hanno aggiornato gli stipendi, per cui i dirigenti della regione vengono pagati in base al Contratto integrativo regionale del 2011. In Calabria, i capi d’istituto stanno subendo pesanti recuperi erariali, in attesa che vengano pagati gli aumenti degli ultimi due CIR. Mentre in Lazio ed Abruzzo ci sono stati tagli aggiuntivi nel 2015/16, in Campania la decurtazione è stata fatta già nel 2010. Di tutte queste situazioni, Udir terrà conto nei ricorsi al giudice del lavoro, chiedendogli di fare giustizia, anche sugli errori sindacali prodotti.