Per l’Ufficio parlamentare di bilancio, la restituzione media a seguito dell’infausta decisione presa nel 2011 dal Governo Monti, sarà appena del 12%. Le cifre reali, su cui si è espressa la Consulta, erano ben altre: ad agosto gli stessi pensionati avrebbero dovuto percepire tra i 3.000 e i 5.400 euro. E quanto restituito sarà pure tassato al 20%, con effetti negativi sull’assegno di quiescenza: le perdite annue raggiungeranno i 1.000 euro.
Cronaca d’un sistema ormai al collasso: da uno studio del sindacato emerge che lo Stato non solo darà indietro ai pensionati una piccola parte di quanto non corrisposto illegittimamente negli anni 2012 e 2013, ma anche che poi recupererà una bella fetta del rimborso attraverso una iper-tassazione.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): il bonus doveva essere distribuito in proporzione a quanto indebitamente trattenuto. Mentre è stata scelta la via dell’assegnazione di un importo una tantum, senza possibilità di consolidare in misura piena gli arretrati non percepiti. E ora ci mancava la beffa. Il sindacato non ha scelta: contro questa doppia penalizzazione dei pensionati ricorrerà in tribunale.
Maria Luisa Gnecchi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Lavoro, parlando del decreto approvato alla Camera per la riforma delle pensioni, ha chiesto ai colleghi parlamentari di lavorare tutti insieme - Camera, Senato e Governo - per correggere le attuali distorsioni del sistema.
Come se non bastasse l’accesso ritardato alla pensione, i nuovi sistemi di calcolo – l’entrata a regime del ‘contributivo’ al posto del più favorevole ‘retributivo’ - porteranno assegni di quiescenza sempre più bassi. In certi casi ridicoli, perché davvero vicino alla pensione sociale. Si tratta di una vera ingiustizia, perché ai contributi versati non corrisponderà il relativo assegno di pensione. E per sanarla si sta facendo largo l’ipotesi di introdurre un’altra ingiustizia: la decurtazione della pensione, anche con penalizzazioni a due cifre.
Marcello Pacifico (presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal): la situazione diventa insostenibile in certi comparti di lavoro, particolarmente stressanti, dove seppure imperversino le patologie da burnout, come nella scuola, dove è a rischio la salute di mezzo milione di donne, nel volgere di qualche lustro ci ritroveremo un corpo insegnanti con percentuali altissime di ultra-sessantenni. Siamo addirittura arrivati a penalizzare gli assegni di pensione in essere, cui è stato negato l’adeguamento all’inflazione. Una vicenda che ha prodotto la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, solo parzialmente recepita dal Governo. Anche in questo caso, la strada del ricorso è l’unica percorribile.
Illegittimo il decreto legge del Governo che dovrà essere impugnato davanti alla Consulta. Con la collaborazione dei legali Anief in convenzione con l’associazione Radamante, parte il contenzioso per sbloccare il recupero delle somme spettanti dopo la sentenza della Consulta.
Lo ha detto Marcello Pacifico – presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal –, nel giorno del convegno Confedir “Rinnovi contrattuali e previdenza”, svolto oggi pomeriggio a Roma. Il Governo intende restituire solo una piccola parte dei soldi non corrisposti, una ridicola una tantum, relativa al 2012/2013, con una incidenza che varia dal 40% al 10% degli aumenti bloccati indicizzati all’inflazione, dimenticando pure gli assegni superiori ai 3.000 euro. Dai calcoli del sindacato risulta che gli arretrati spettanti ai lavoratori arrivano a superare i 5mila euro. E la perdita a regime i 2mila euro annui.