Il Ministro dell’Istruzione: non è un male assoluto avere un trasferimento per una fase della vita o della carriera in un'altra parte del Paese. Ciò che è importante è che quest’ultimo diventi un processo governato e governabile e non sia frutto di obbligatorietà: comunque sia, gli spostamenti rappresentano un "dato strutturale della scuola italiana".
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): sarebbe bastato ripristinare l'apertura annuale delle Graduatorie ad esaurimento e d'Istituto. Tutti sanno, invece, che i tempi si sono addirittura estesi, nonché mutati in quattro se non cinque anni, anziché tre. Ciò avrebbe permesso, infatti, di andare a coprire i posti liberi anziché lasciare tanti precari, rigorosamente in fila nella stessa provincia in cui scarseggiano persino i posti e, pertanto, impedendo loro di spostarsi. Tale possibilità, fornita a ridosso dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie, permetterebbe di fare incontrare la domanda (i posti effettivamente vacanti) con l'offerta (i docenti disposti volontariamente ad andare a ricoprirli), senza attendere ‘secoli’ prima che si esaurisca una graduatoria e, così, consentire l'inserimento in fascia aggiuntiva alle GaE di tutti gli abilitati e, in terza fascia d’istituto, dei non abilitati. Tra il 2002 e il 2004 questo sistema ha funzionato ma anziché ripercorrere quella strada si è preferito cambiare: il turn over, le assunzioni al lumicino e la riforma delle pensioni hanno fatto il resto.
Il Ministro dell’Istruzione decida da che parte stare: da mesi la stessa Giannini dichiara, a ripetizione, che i ritardi abissali e senza precedenti nell’assegnazione delle nomine di quest’anno, ancora in alto mare nella terza decade di ottobre, siano dovuti al record di 200mila richieste di trasferimento presentate quest’anno; poi, però, la stessa afferma che non è “un male assoluto avere un trasferimento per una fase della vita o della carriera in un'altra parte del Paese. Quello che è importante è che questo diventi un processo governato e governabile e che non sia frutto di obbligatorietà” sminuendo, pertanto, gli effetti derivanti dalle nuove procedure di assegnazione dei docenti sulle sedi, figlie della Legge 107/2015, con l’aggravante dell’algoritmo impazzito che ha ‘spedito’ tantissimi insegnanti a centinaia di chilometri lontani dalle originarie sedi di servizio.
Secondo Giannini, quindi, le anomalie che hanno caratterizzato l’estate del 2016, non sono derivate da una pessima legge, la cosiddetta Buona Scuola, e dalla illogica decisione del Miur di introdurre un regolamento sulla mobilità tutto da rivedere ma rappresentano, piuttosto, un "dato strutturale della scuola italiana". In definitiva, per il Ministro dell’Istruzione, commenta Tuttoscuola, “la mobilità dei docenti non è un male assoluto”.
Anief reputa, invece, inadeguate sia le giustificazioni del Ministro, sia il comportamento del Governo sulla scuola in ragione dei seguenti elementi: mai come negli ultimi due anni il Governo ha, infatti, creato le condizioni per trasferire in modo coatto, attraverso l’immissione in ruolo derivante dal piano straordinario della Buona Scuola, decine di migliaia di docenti. In secondo luogo, sarebbe bastato adottare alcuni provvedimenti a “monte” per evitare il ‘pasticciaccio’ in cui ora versano praticamente tutti i nostri uffici scolastici, costretti a fare le corse contro il tempo per tappare delle falle, i tanti posti vacanti, più grandi di loro.
“Anziché inventarsi formule magiche – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – sarebbe bastato ripristinare l'apertura annuale delle Graduatorie ad esaurimento e d'istituto. Tutti sanno, invece, che si sono addirittura allungati i tempi, mutati ora in quattro se non cinque anni anziché i tre previsti per legge. Ciò avrebbe permesso, infatti, di andare a coprire i posti liberi anziché lasciare tanti precari, rigorosamente in fila nella stessa provincia in cui scarseggiano i posti e, pertanto, impedendo loro di spostarsi”.
“Tale possibilità, fornita a ridosso dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie, permetterebbe di fare incontrare la domanda (i posti effettivamente vacanti e disponibili) con l'offerta (i docenti disposti volontariamente ad andare a ricoprirli), senza attendere ‘secoli’ prima che si esaurisca una graduatoria e, così, consentire l'inserimento in fascia aggiuntiva alle GaE di tutti gli abilitati e, in terza fascia d’istituto, dei non abilitati”, dice ancora il presidente nazionale Anief.
“C’è anche un precedente che parla a favore di tale sistema di reclutamento, risalente al periodo tra il 2002 e il 2004, quando l’apertura delle allora Graduatorie permanenti ha davvero funzionato. Anziché ripercorrere quella strada, si è preferito cambiare con i risultati che abbiamo sotto gli occhi: dispiace dirlo ma, in realtà, è stata la politica a confondere il tutto: a partire dai tagli che hanno impedito il ricambio dei docenti, il cosiddetto turn over, e le conseguenti assunzioni. A rendere la situazione ancora più complessa e complicata è stata anche la riforma delle pensioni che lascia in cattedra i docenti fino a 68 anni, come se la loro professione non fosse tra quelle più a rischio burnout”.
Anief ricorda che, per tutti questi motivi, ha deciso di sostenere la battaglia che associazioni e gruppi di insegnanti stanno conducendo proprio in questi giorni per convincere il governo a sopprimere la norma che posticipa al 2019 l’aggiornamento delle graduatorie provinciali ad esaurimento.
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