Il Governo chiamato ad esprimersi su riordino dell’istruzione professionale, scuole all’estero e sostegno; inoltre, è quasi ultimata anche la delega 0-6 anni, che dovrà tener conto dei rilievi della Corte costituzionale sollevati a fine dicembre. Per i rimanenti cinque provvedimenti (formazione iniziale docenti, esami di Stato, cultura umanistica, testo unico, diritto allo studio) si va verso la proroga di due mesi. Intanto, il Ministro Fedeli ha chiesto consiglio a tutti gli operatori scolastici. Anief si presta a collaborare e propone i cambiamenti fondamentali, da attuare proprio sui primi quattro decreti delegati della Legge 107/2015.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): molte di queste modifiche le abbiamo presentate in questi giorni al Parlamento attraverso alcuni emendamenti al decreto Milleproroghe. È importante, però, che Palazzo Chigi ne tenga conto già nella stesura dei decreti delegati: questi, infatti, potrebbero sanare una parte rilevante delle storture presenti nella riforma Renzi-Giannini. Approvare delle deleghe in sintonia con dei profili di incostituzionalità sarebbe, infatti, controproducente per tutti: ciò significa che la lezione derivante dalla bocciatura della Consulta dei decreti legislativi della Pubblica Amministrazione non ha portato alcun cambiamento positivo.
Si chiude il cerchio su alcune delle nove leggi delega della Legge di riforma 107/2015: secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, infatti, Miur e Palazzo Chigi hanno concordato di portare nel Consiglio dei ministri di sabato 14 gennaio solo quattro decreti attuativi: riordino dell’istruzione professionale, scuole all’estero e sostegno e “quasi ultimata è anche la delega 0-6 anni, che dovrà tener conto dei rilievi della Corte costituzionale sollevati a fine dicembre. Per i rimanenti cinque provvedimenti (formazione iniziale docenti, esami di Stato, cultura umanistica, testo unico, diritto allo studio) si punterebbe a una proroga di due mesi da inserire in un Ddl ad hoc (sembrerebbe tramontata la strada del Milleproroghe - si aprirebbe un precedente “pericoloso” che potrebbe essere utilizzato anche da altre amministrazioni, in primis Funzione pubblica)”.
I motivi della proroga della maggior parte delle leggi delega sono noti: “ostruzionismi interni al sistema scolastico (e ministeriale), contrasti tra le forze di maggioranza (e dentro lo stesso Pd), problemi di copertura, a cui si è aggiunta, a dicembre, la fine anticipata dell’esecutivo Renzi, stanno, nei fatti, segnando la sorte di questi Dlgs”. Il Ministro Valeria Fedeli, dal canto suo, poco dopo il suo insediamento al Dicastero di Viale Trastevere ha però garantito, nell’Atto d’Indirizzo che elenca le priorità dell’amministrazione per il 2017, “di voler proseguire nel processo di implementazione e completa attuazione della Legge 107 del 2015”.
Ma non sarà semplice: perché “per rispettare il dettato della legge 107 (deadline per le deleghe 16 gennaio) i testi, non solo, debbono essere approvati, in prima lettura dal governo, ma, poi, vanno subito incardinati presso le competenti commissioni parlamentari (che devono esprimere i pareri, per poi trasmetterli all’Esecutivo per il via libera finale). L’obiettivo della neo-ministra Fedeli è utilizzare questa finestra temporale “aggiuntiva” per migliorare gli articolati, anche a seguito di un confronto con tutti gli operatori scolastici”.
A questo proposito, l’Anief conferma la volontà di collaborare al loro miglioramento, a iniziare dai testi riguardanti le prime quattro deleghe in dirittura d’arrivo. Sulla riforma del sostegno, il giovane sindacato ritiene che qualsiasi cambiamento non deve andare a scollare la figura del docente di sostegno dagli organici della scuola (rifiutando logiche di “medicalizzazione” della professione), facendo venire meno anche il progetto di portare a 10 anni l’obbligo di permanenza sul sostegno dopo l’immissione in ruolo. Per l’immediato, occorre poi assolutamente provvedere alla trasformazione di circa 40mila posti dall’attuale organico di fatto a quello di diritto, visto che i posti in deroga hanno una valenza annuale e non possono, come intende fare l’amministrazione, procrastinarli a tempo indeterminato in quello status.
Per quanto riguarda le scuole all’estero, è fondamentale che si valorizzi al massimo l’operato del personale che agisce in strutture collocate in territorio non italiano poiché, ancora oggi, il 50 per cento dei docenti è precario e nei loro confronti l’indennità aggiuntiva, assegnata al personale di ruolo, è inspiegabilmente ridotta della metà. Vengono, poi, spezzoni per anni assegnati su posti vacanti, le cui situazioni non sono state considerate nella riforma “La Buona Scuola” mettendo, così, a rischio il servizio scolastico offerto a 31mila studenti frequentanti quelle scuole.
Sulla riforma della formazione fino a 6 anni, invece, il decreto delegato dovrebbe contenere delle misure che prevedono l’aggiunta del segmento 0-3 anni all’attuale impianto 3-6 anni, nell'ottica di una continuità verticale che vedrebbe finalmente integrato il sistema fino all’inizio della primaria. Tra le novità, servirebbe però anche la fondamentale introduzione dell’anno “ponte”, con la presenza contemporanea di maestri della scuola dell’infanzia e primaria: a 5 anni di età, infatti, i bambini necessitano di un’attenzione pedagogica maggiore. Con il percorso scolastico che potrebbe anche esaurirsi a 18 anni, come avviene in molti altri Paesi.
L’introduzione della copresenza porterebbe l’incremento di almeno 30mila docenti, cui si aggiungerebbero quelli considerati dalla riforma, pari ad almeno altri 25mila nuovi insegnanti di settore (necessari per incrementare fino al 33 per cento la diffusione degli asili nido, soprattutto al Sud). In tal modo, le nuove immissioni in ruolo permetterebbero finalmente la stabilizzazione dei docenti dell'infanzia delle Graduatorie a Esaurimento, incredibilmente dimenticati dalla Legge 107/2015 e, con loro, anche dei precari abilitati non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, che hanno svolto oltre 36 mesi di servizio nonché tutti i vincitori dei passati concorsi e di quello del 2016.
L’ultimo decreto, relativo al riordino dell’istruzione professionale, è chiaro che, dopo la sentenza n. 284/2016 della Corte Costituzionale, non si può non tenere conto della centralità delle Regioni su questo versante. In particolare, come ha detto la Consulta, sulla “previsione degli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei docenti di scuola dell’infanzia, nonché il coordinamento pedagogico territoriale e il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254”.
Allo stesso modo, sempre in tema di riforma dell’istruzione professionale, bisogna tenere conto di due norme basilari: lo statuto dei lavoratori, il D.M. 300 del 1977, il quale nonostante alcune modifiche recentemente apportate, prevede ancora, all'articolo 10, che il lavoratore è un soggetto avente titolo a completare un percorso di studi. Allo stesso modo, lo statuto degli studenti e delle studentesse del 1998 accorda il diritto degli studenti alla partecipazione alle attività extracurricolari organizzate dalla scuola. Purtroppo, sinora di tali indicazioni non risulta traccia nelle bozze attuative predisposte.
“La Legge 107/2015 – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – va fortemente modificata. Molte di queste modifiche le abbiamo presentate in questi giorni al Parlamento attraverso degli emendamenti al decreto Milleproroghe. È importante, però, che il Governo ne tenga conto anche nella stesura dei decreti delegati: questi, infatti, potrebbero sanare una parte rilevante delle storture presenti nella riforma Renzi-Giannini. Approvare delle deleghe in sintonia con dei profili di incostituzionalità sarebbe, infatti, controproducente per tutti: ciò significherebbe che la lezione derivante dalla bocciatura della Consulta dei decreti legislativi della Pubblica Amministrazione non ha portato alcun cambiamento positivo e che, a metterci mano, per sistemare le cose, dovrà ancora una volta essere il tribunale”, conclude Pacifico.
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