SCUOLA - Piano strutturale di bilancio: Anief chiede con Cisal risorse per combattere la precarietà, parità di trattamento e organici aggiuntivi

Si discute oggi in quinta commissione Bilancio il piano strutturale di bilancio.
Anief partecipa con Cisal all’audizione per dare un contributo sulle questioni emergenti nel mondo dell’istruzione.

Nel testo proposto si analizzano gli effetti delle riforme del PNRR che hanno parzialmente contrastato la dispersione scolastica e migliorato le competenze di lettura dei nostri studenti. Si ammette nel Piano che va incoraggiata la mobilità territoriale dei docenti e migliorato il sistema di reclutamento nell’ambito dell’istruzione. È proprio su questo aspetto che occorre concentrarsi per contrastare il costante abuso di contratti a tempo determinato.

Occorre nella prossima legge di bilancio un deciso investimento nell’istruzione per finanziare: Il rinnovo del contratto 2022-2024 che garantisca aumenti pari all’8,2%, a fronte del 5,78% raggiunto finora; L’istituzione di una specifica indennità per il personale precario che superi i 36 mesi di servizio; Nuovi istituti contrattuali che garantiscano parità nel trattamento economico del personale precario.

Il potenziamento della carta del docente che non va decurtata ma anzi estesa al precario incluso il personale ATA, in ragione della necessità di formazione continua prevista per tutto il personale scolastico; Il ripristino del primo gradone stipendiale per il personale scolastico, eliminato con il CCNL del 4 agosto 2011. Le risorse da stanziare devono inoltre garantire: il mantenimento di tutte le sedi scolastiche in essere durante l’a.s. 2023/24 nonché degli organici che non devono essere decurtati in relazione alla denatalità e infine il corretto funzionamento delle istituzioni scolastiche alle prese con una sempre maggiore complessità che necessita di organici e risorse aggiuntivi.

Nel piano strutturale di bilancio c’è infine una previsione che attribuisce alle riforme Pnrr nell’istruzione un impatto positivo sul PIL dell’1,2 nel 2050. Ricordiamo che l’Italia investe nell’istruzione una quota all’incirca sotto di un punto di PIL rispetto alla media europea: questo divario dovrà essere colmato perché l’istruzione possa esprimere tutto il suo potenziale.

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