«Testo superato». La precisazione dopo le proteste di sindacati e studenti: «No a colpi di mano che scavalcano il Parlamento».
E’ bastato il tam tam della rete a far scoppiare un piccolo caso intorno all’ipotesi della legge delega al governo sull’istruzione. Il testo della bozza, i cui contenuti non erano ancora noti, è infatti stato messo in circolazione ieri mattina, scatenando prima una serie di polemiche da parte dei sindacati, contrari al metodo più che ai contenuti, e poi la reazione netta del ministero dell’Istruzione: «Il testo a cui si fa riferimento- è stato costretto a chiarire – è da ritenersi del tutto superato». Una precisazione doverosa, per specificare che quella su cui si stava già sollevando il dibattito pubblico era solo un’ipotesi di lavoro, e per stroncare quindi ogni illazione. Tanto più che sembra difficile che la delega, che avrebbe dovuto essere inserita nella legge di stabilità, possa ricevere il via libera. Fortissime sono le perplessità da parte di tutte le forze politiche. Come nel caso di ogni legge delega, la bozza non elencava in maniera dettagliata gli interventi normativi da adottare, ma impegnava il governo a produrre entro nove mesi dall’approvazione della legge delega «uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riassetto e alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca». E poi elencava una serie di priorità, considerate cruciali dai sindacati.
SINDACATI E STUDENTI IN TRINCEA - «Un attacco di questo tipo per noi è inaccettabile», era sbottato Mimmo Pantaleo dell Cgil, chiedendo uno stop ai «colpi di mano» e agli «interventi unilaterali» che «non hanno portato fortuna ai precedenti governi né hanno migliorato la scuola, l’università, la ricerca e l’alta formazione artistica e musicale». L’Anief, che aveva parlato di gesto «dannoso e inopportuno», ha subito applaudito al passo indietro del ministero, chiedendo al ministro Carrozza di convocare le parti interessate a una vera riforma del settore. Sul piede di guerra si erano messe pure le associazioni degli studenti: «E’ gravissimo che, a quattro anni dalla riforma Gelmini, il governo pensi di intervenire sull’ istruzione attraverso una delega, sottraendo al Parlamento la discussione ed elaborazione di misure che andrebbero ad incidere fortemente su un sistema ormai stremato da anni di tagli e riforme devastanti», aveva tuonato l’Unione degli universitari. Si erano accodate Rete della conoscenza e Link coordinamento nazionale, notando che si trattava di una «delega in bianco», per riformare, «tra i tanti punti spinosi, anche gli organi collegiali».
LE PRIORITÀ ELENCATE - Pur non entrando nei dettagli, la legge delega elencava infatti alcune tra le priorità individuate dal governo per riformare l’istruzione: in primo luogo, la tutela degli insegnanti, alla ricerca di un «equilibrio tra assunzioni e scorrimenti di graduatoria» ma anche di un «riequilibrio del trattamento economico». Previsto poi un cambiamento notevole degli organi collegiali della scuola, a cui si attribuiva solo potere consultivo. Per l’università, si immaginava la riduzione dei vincoli oggi esistenti al reclutamento, ma anche un taglio al numero di ricercatori e assegnisti, e l’incentivazione dei finanziamenti privati ed europei. Per la ricerca, l’ipotesi disegnava un piano di flessibilità nella destinazione delle risorse finanziarie, con tempi di finanziamento più snelli, e una corrispondenza netta tra stato giuridico e funzioni svolte attualmente da ricercatori e tecnologi, cioè gli addetti ai laboratori. Il tutto, ovviamente, «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».