Gli Istituti Tecnici Superiori sono "scuole ad alta specializzazione tecnologica", nati per rispondere alle imprese che hanno bisogno di elevate competenze tecniche e tecnologiche. Il monitoraggio nazionale dei percorsi ITS 2021 analizza i 201 percorsi terminati nel 2019, erogati da 83 Fondazioni ITS su 104 costituite al 31 dicembre dello stesso anno, che hanno permesso la partecipazione attiva di 5.097 studenti e 3.761 diplomati.
Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal, ritiene che “se le percentuali sono alte i numeri degli iscritti a corsi Its rimangono molto al di sotto della media Europea e quindi è necessario invertire la rotta approfittando dei fondi europei del Recovery Plan”.
Secondo Andrea Messina, delegato Cisal, “tutti i corsi devono avere come obiettivi primari l’utilità sociale di quanto prodotto e la compatibilità ambientale dei processi produttivi; inoltre i numeri di accesso ai singoli corsi possono essere maggiorati di un 20% (percentuale simile al tasso di abbandono), anche in considerazione delle assunzioni che le imprese intendono fare nei prossimi anni”.
IL REPORT INDIRE
Dall’analisi del report Indire, risulta che l’80% dei diplomati ITS ha trovato lavoro a un anno dal diploma, il 92% degli occupati in un’area coerente con il percorso di studi. Del 20% dei non occupati o in altra condizione: solo l’11,1% non ha trovato lavoro e il 4,1% si è iscritto ad un percorso universitario. Dall’analisi della tipologia contrattuale degli occupati emerge che dei 1.262 diplomati ITS il 42,1% degli occupati ha trovato lavoro con contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato); 921 diplomati (il 30,8% degli occupati) sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato o lavoro autonomo in regime ordinario e 812 (il 27,1% degli occupati) con contratto di apprendistato.
NUMERI A CONFRONTO
Tra le economie avanzate, l’Italia è la nazione più arretrata in questo processo di sviluppo formativo.
Lo dimostra chiaramente il confronto con gli altri Paesi europei, che hanno tassi di partecipazione ai percorsi d’istruzione terziaria breve di gran lunga superiori al nostro: nel 2017 la Spagna contava ben 392.000 iscritti su un totale di 2.010.000 studenti immatricolati nell’istruzione terziaria in generale, la Francia 501.000 su 2.532.000, il Regno Unito 287.000 su 2.431.000, la Germania 192.00049 su 3.091.000. In Italia solo 11.000 su 1.837.00050.
LA POSIZIONE DEL SINDACATO
Il sindacato, pertanto, ritiene che anche per questo motivo è sempre più necessaria una legge, che fornisca un benchmark (parametro di riferimento di utilizzato come indice oggettivo di riferimento per confrontare le performance dell’investimento) qualità da Nord a Sud. Secondo Gian Mauro Nonnis, delegato Cisal, “l’obiettivo minimo dovrebbe essere di 100.000 studenti in tutta Italia a cui collegare assunzioni con contratto a tempo indeterminato. Lo stesso obiettivo del PNRR, di incremento del 100% fino a 18.750 iscritti e 5.250 diplomati, va considerato come un target molto basso in relazione all’intervento è previsto”.
Sul tema interviene Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal, secondo il quale “per aumentare l’appetibilità degli ITS è necessario far accedere ai corsi gli studenti che conseguono il secondo Periodo Didattico tramite CPIA. Già in Inghilterra, per esempio, l’ammissione ai corsi per l’acquisizione di Foundation Degree, HND e DipHE non è condizionata al possesso di requisiti d’accesso definiti a livello nazionale”. Inoltre, continua Pacifico, “bisogna creare la connessione con imprese e territori, a partire dal rafforzamento degli investimenti, se l'obiettivo, condiviso, è quello di aumentare di molto il numero di diplomati ITS, mantenendo l'attuale livello qualitativo dei percorsi”.
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