° La Giannini ragiona su un totale di 29mila assunzioni di docenti, per l’a.s.2014/15
Ma la Corte di Giustizia europea potrebbe imporre una ben più massiccia immissione nei ruoli. Le cattedre da assegnare sarebbero non meno di 100mila, e buona parte toccherebbero agli iscritti nelle GaE che abbiano fatto almeno tre anni di servizio.
Il MIUR ha fatto conoscere il suo articolato programma di assunzioni da realizzare nel triennio: - Nell’a.s. 2014/15, 14mila assunzioni compenserebbero i pensionamenti (verrebbero assunti 7000 vincitori del concorso 2012 che non hanno avuto ancora la cattedra, e contestualmente entrerebbero nei ruoli 7 mila tra gli iscritti nelle GaE); a questi si sommerebbero 15mila assunzioni per il Sostegno. Totale: 29mila ma il MIUR intende chiedere al MEF di autorizzare altre 8mila assunzioni (fino ad ora bloccate per via degli esuberi). Questo a.s. 2014/15 porterebbe un’altra iniziativa: Nella primavera 2015, il MIUR indirebbe un concorso a cattedre; farebbero in tempo a concorrere anche gli abilitati del nuovo ciclo Tfa che sarà presto bandito. - Le 14mila immissioni in ruolo per l’a.s. 2015/2016 riguarderebbero, oltre che 7mila docenti iscritti nelle G.E., anche 7000 candidati al concorso del 2012 risultati idonei senza figurare tra i vincitori: per grazia ricevuta quindi, visto che gli altri idonei dovranno ripresentarsi a concorso. Perché mai ? Per una questione di principio: i 170 mila delle GaE devono fruire solo della metà dei posti; gli altri posti toccano ai vincitori di concorso anche se non ci sono. C’è un pregiudizio dei decisori politici sui precari storici. Vorremmo parlarne ai decisori, e spiegare che alle abilitazioni SSIS era stato conferito valore concorsuale in virtù della normativa vigente sotto la gestione Berlinguer. Disconoscere ciò, equivale a dare valore retroattivo alle nuove regole, contro natura visto che il verso del tempo scorre, nella condizione umana, unidirezionalmente. Così ci vorranno altri 10 anni per svuotare le GaE; il ministro conosce l’età media degli iscritti ? Nelle SSIS, i candidati entravano superando tre prove selettive di accesso a numero chiuso, vi sostenevano, durante 4 semestri, un gran numero di esami di profitto, e i più capaci e colti uscivano specializzati, con esame articolato in 2 prove, per essere immessi per legge nei ruoli. In quella temperie culturale prevaleva, tra gli studiosi, l’opinione che la Scuola avesse bisogno di insegnanti bene formati attraverso corsi/concorsi biennali, considerati più qualificanti rispetto a concorsi nei quali l’alea domina. Adesso, si rivalutano i concorsi (e che concorsi !) e quegli abilitati devono pagare sulla propria pelle il mutamento dei convincimenti dei decisori. Sempre nell’a.s. 2015/16 saranno immessi in ruolo 8mila docenti di sostegno. Totale: 22mila. - - Nell’a.s. 2016/17, la previsione è per 12.000 assunzioni nei ruoli degli insegnanti: metà dalle graduatorie del concorso che sarà bandito nel 2015, e metà dalle Graduatorie ad esaurimento. Il nostro commento: E’ una previsione triennale per nulla malaccio, e però ben lontana dalla richiesta che è dell’ANIEF (si coprano con l’organico funzionale all’autonomia le cattedre e i posti liberi, circa 100mila) ma che potrebbe presto imporsi da sé, se la Corte di Giustizia Europea, tra qualche settimana dovesse … Dobbiamo purtroppo aggiungere un timore: col suo piano triennale, la Giannini avrà udienza presso il MEF, o le toccherà la sorte stessa della Gelmini, di Profumo e della Carrozza ? Intanto, come se tutta questa pianificazione e gli altri guai del MIUR fossero nulla, la Giannini scala un seggio al parlamento UE. Impertinente mi si insinua una voce: “C'era una volta una contadinella che si chiamava Marietta. Un pastore le regalò una ricotta. La ragazzina, tutta contenta, mise la ricotta in un cestello che pose in testa e si diresse al mercato. Strada facendo pensava: Vendo la ricotta, con i soldi compro una gallina che farà tante uova. Con i soldi ricavati… Guadagnerò molti soldi… Tutti mi saluteranno con l’inchino…. Senza accorgersene, fece un bell'inchino. Naturalmente la ricotta….”.

° Protocollo triennale d’intesa, firmato da MIUR e Caritas Italiana
L’obiettivo della collaborazione è di educare alla pace, al dialogo, alla legalità
Si promuoverà il volontariato come strumento di partecipazione e democrazia all’interno delle comunità scolastiche e territoriali, e si potenzierà il contrasto del bullismo.

° Si approssima la data per l’aggiornamento delle graduatorie d’Istituto.
Il ministro Giannini annuncia che ai tieffini sarà riconosciuto un bonus specifico
Il decreto che consente l’aggiornamento, per il prossimo triennio, delle graduatorie di istituto è di imminente emanazione. Tra abilitati nei TFA e gli abilitandi (circa 70000) nei PAS, il ministro ha ritenuto che i primi vadano avvantaggiati, nel punteggio; per accedere ai corsi hanno superato una fase selettiva e sono stati impegnati, oltre che nelle lezioni e nei laboratori, in un congruo numero di ore di tirocinio. Per lo più gli abilitandi dei PAS hanno, dalla loro, punteggi maggiori maturati con servizio nelle scuole. (Fonte: latecnicadellascuola.it – 30 aprile 2014)

° INVALSI: I test, da domani. Purtroppo, non si prospetta l’inversione della linea.
Almeno, a stare alle dichiarazioni rese dalla presidente al Corrieredellasera.it.: la Ajello si propone di vincere “la resistenza dei docenti” con una lettera. Per dare legittimità alla ricaduta che la prova INVALSI ha sul voto dell’esame conclusivo del I ciclo, dovrebbe depotenziare l’autonomia delle scuole e la libertà di insegnamento.
Le prove di italiano e matematica alle elementari e medie si terranno dal 6 al 13 maggio; e fin qui, siamo entro i confini delle funzioni statistiche dell’INVALSI. Purtroppo, però, l’Istituto non annunzia novità per la terza prova scritta dell’esame conclusivo del I ciclo. Allora ci ripetiamo. La valutazione didattica degli alunni è prerogativa professionale dei docenti presupponendo specifiche competenze psicopedagogiche e disciplinari; quella che l’INVALSI effettua rilevando i livelli di apprendimento attraverso prove standard nazionali segue metodologie peculiari che presuppongono competenze di analisi statistica. L’una non deve interferire con l’altra. Siamo dinanzi a reciproci negativi: da un lato la comparabilità internazionale tra sistemi scolastici, dall’altro l’efficacia didattica e docimologica. Nell’immagine di una linea, poniamo agli estremi: l’insegnante (che garantisce l’efficacia docimologica), e lo statistico (che garantisce la comparabilità tra i sistemi). I due ordini di valutazioni non sono commisurabili: ove producano valutazioni differenti, sugli stessi alunni, non ha senso ritenere che le une o le altre siano errate, e non ha senso che gli insegnanti pieghino la didattica al Teaching for test. La valutazione degli alunni che si produce nella relazione educativa è un’attività su “realtà di fatto” contestualizzate con riferimento alla persona dell’allievo (alle condizioni sociali ed economiche, alle caratteristiche del rapporto didattico e dell’ambiente educativo, alle risorse strumentali, alla progettazione dell’offerta formativa). La valutazione degli alunni effettuata dagli statistici mediante strumenti standard è, invece, attività di ricerca che deve monitorare il sistema educativo, il rapporto costi-benifici nella gestione delle scuole e nell’investimento pubblico, l’efficacia delle politiche scolastiche. Questa utilissima ricerca, che nulla ha a che spartire con l’attività docimologica, è condotta con indicatori convenzionali scelti in funzione di modelli teorici che sono ipotesi interpretative; con una metafora: sono reti che pescano nell’oceano dei fatti. Ma veniamo alla questione essenziale: le disposizioni ministeriali per la Terza prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo (di cui alla legge 25 ottobre 2007 n.176) sono contraddittorie: attribuiscono scopo statistico ai test (valutano il sistema scolastico, “non gli alunni”) ma anche stabiliscono che dall’a.s. 2009/2010 i test sono prova obbligatoria d’esame il cui punteggio incide per un sesto nella valutazione finale complessiva dei singoli alunni. A volte, le commissioni d’esame restano ostaggio dell’INVALSI: se l’esito dell’esame non rende giustizia agli alunni, le commissioni d’esame di Stato – pur formate, per una precisa ragione pedagogica, dai docenti del Consiglio di classe – non possono correlare l’esito delle prove d’esame al percorso educativo e formativo dello studente. Inoltre, il voto di ammissione all’esame non ha incidenza adeguata sul voto complessivo finale. E dire che una disposizione ministeriale raccomanda: “Il voto conclusivo sia frutto meditato di una valutazione collegiale delle diverse prove e del complessivo percorso scolastico dei giovani candidati”. A nostro parere, la prova Invalsi per gli esami conclusivi del I ciclo va scorporata dall’esame di licenza, e l’INVALSI deve monitorare l’esame soltanto ai fini statistici. Più in generale, l’attività dell’INVALSI dovrebbe riguardare molteplici aspetti del sistema educativo monitorando non solo l’apprendimento degli alunni ma l’area del successo scolastico (tassi di frequenza e abbandono; percentuale di alunni che completano l’istruzione secondaria; diffusione di corsi di educazione post-secondaria, ecc..), e l’area dell’organizzazione scolastica e delle risorse (ad es., spesa per studente, produttività sociale dell’offerta formativa, Customer satisfaction). Dovendo i test monitorare gli obiettivi che i Collegi dei docenti programmano in riferimento alle Indicazioni nazionali e alle proprie scelte didattiche, occorre che l’Invalsi, nel rispetto delle finalità educative e della responsabilità didattica degli insegnanti, collabori con referenti eletti dai collegi docenti; potrebbero essere i membri del Comitato di valutazione dei servizi dei docenti (che è rimasto elettivo anche dopo che l’assetto scaturito dalla riforma Misasi è stato disattivato improvvidamente dal 1997 mentre si rafforzava autonomia scolastica). Gli insegnanti referenti collaborerebbero anche per le necessità organizzative connesse ai test, e notificherebbero al Collegio docenti i risultati restituiti dall’INVALSI ai fini dell’autovalutazione e il profilo longitudinale dei risultati delle rilevazioni. Realizzati “a campione”, i test INVALSI consentirebbero economie con le quali remunerare il lavoro degli insegnanti referenti (direttiva n.88 del 3 ottobre 2011, annullata dal governo del professore per antonomasia, Monti). L’INVALSI non dovrebbe, invece, essere coinvolto – se non per definire gli indicatori per la valutazione - nelle procedure di assegnazione agli insegnanti degli incentivi economici e di carriera legati al merito o alle performance di eccellenza e ai progetti innovativi.

° INVALSI: I test, da domani. Purtroppo, non si prospetta l’inversione della linea.
Almeno, a stare alle dichiarazioni rese dalla presidente al Corrieredellasera.it.: la Ajello si propone di vincere “la resistenza dei docenti” con una lettera. Per dare legittimità alla ricaduta che la prova INVALSI ha sul voto dell’esame conclusivo del I ciclo, dovrebbe depotenziare l’autonomia delle scuole e la libertà di insegnamento.
Le prove di italiano e matematica alle elementari e medie si terranno dal 6 al 13 maggio; e fin qui, siamo entro i confini delle funzioni statistiche dell’INVALSI. Purtroppo, però, l’Istituto non annunzia novità per la terza prova scritta dell’esame conclusivo del I ciclo. Allora ci ripetiamo. La valutazione didattica degli alunni è prerogativa professionale dei docenti presupponendo specifiche competenze psicopedagogiche e disciplinari; quella che l’INVALSI effettua rilevando i livelli di apprendimento attraverso prove standard nazionali segue metodologie peculiari che presuppongono competenze di analisi statistica. L’una non deve interferire con l’altra. Siamo dinanzi a reciproci negativi: da un lato la comparabilità internazionale tra sistemi scolastici, dall’altro l’efficacia didattica e docimologica. Nell’immagine di una linea, poniamo agli estremi: l’insegnante (che garantisce l’efficacia docimologica), e lo statistico (che garantisce la comparabilità tra i sistemi). I due ordini di valutazioni non sono commisurabili: ove producano valutazioni differenti, sugli stessi alunni, non ha senso ritenere che le une o le altre siano errate, e non ha senso che gli insegnanti pieghino la didattica al Teaching for test. La valutazione degli alunni che si produce nella relazione educativa è un’attività su “realtà di fatto” contestualizzate con riferimento alla persona dell’allievo (alle condizioni sociali ed economiche, alle caratteristiche del rapporto didattico e dell’ambiente educativo, alle risorse strumentali, alla progettazione dell’offerta formativa). La valutazione degli alunni effettuata dagli statistici mediante strumenti standard è, invece, attività di ricerca che deve monitorare il sistema educativo, il rapporto costi-benifici nella gestione delle scuole e nell’investimento pubblico, l’efficacia delle politiche scolastiche. Questa utilissima ricerca, che nulla ha a che spartire con l’attività docimologica, è condotta con indicatori convenzionali scelti in funzione di modelli teorici che sono ipotesi interpretative; con una metafora: sono reti che pescano nell’oceano dei fatti. Ma veniamo alla questione essenziale: le disposizioni ministeriali per la Terza prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo (di cui alla legge 25 ottobre 2007 n.176) sono contraddittorie: attribuiscono scopo statistico ai test (valutano il sistema scolastico, “non gli alunni”) ma anche stabiliscono che dall’a.s. 2009/2010 i test sono prova obbligatoria d’esame il cui punteggio incide per un sesto nella valutazione finale complessiva dei singoli alunni. A volte, le commissioni d’esame restano ostaggio dell’INVALSI: se l’esito dell’esame non rende giustizia agli alunni, le commissioni d’esame di Stato – pur formate, per una precisa ragione pedagogica, dai docenti del Consiglio di classe – non possono correlare l’esito delle prove d’esame al percorso educativo e formativo dello studente. Inoltre, il voto di ammissione all’esame non ha incidenza adeguata sul voto complessivo finale. E dire che una disposizione ministeriale raccomanda: “Il voto conclusivo sia frutto meditato di una valutazione collegiale delle diverse prove e del complessivo percorso scolastico dei giovani candidati”. A nostro parere, la prova Invalsi per gli esami conclusivi del I ciclo va scorporata dall’esame di licenza, e l’INVALSI deve monitorare l’esame soltanto ai fini statistici. Più in generale, l’attività dell’INVALSI dovrebbe riguardare molteplici aspetti del sistema educativo monitorando non solo l’apprendimento degli alunni ma l’area del successo scolastico (tassi di frequenza e abbandono; percentuale di alunni che completano l’istruzione secondaria; diffusione di corsi di educazione post-secondaria, ecc..), e l’area dell’organizzazione scolastica e delle risorse (ad es., spesa per studente, produttività sociale dell’offerta formativa, Customer satisfaction). Dovendo i test monitorare gli obiettivi che i Collegi dei docenti programmano in riferimento alle Indicazioni nazionali e alle proprie scelte didattiche, occorre che l’Invalsi, nel rispetto delle finalità educative e della responsabilità didattica degli insegnanti, collabori con referenti eletti dai collegi docenti; potrebbero essere i membri del Comitato di valutazione dei servizi dei docenti (che è rimasto elettivo anche dopo che l’assetto scaturito dalla riforma Misasi è stato disattivato improvvidamente dal 1997 mentre si rafforzava autonomia scolastica). Gli insegnanti referenti collaborerebbero anche per le necessità organizzative connesse ai test, e notificherebbero al Collegio docenti i risultati restituiti dall’INVALSI ai fini dell’autovalutazione e il profilo longitudinale dei risultati delle rilevazioni. Realizzati “a campione”, i test INVALSI consentirebbero economie con le quali remunerare il lavoro degli insegnanti referenti (direttiva n.88 del 3 ottobre 2011, annullata dal governo del professore per antonomasia, Monti). L’INVALSI non dovrebbe, invece, essere coinvolto – se non per definire gli indicatori per la valutazione - nelle procedure di assegnazione agli insegnanti degli incentivi economici e di carriera legati al merito o alle performance di eccellenza e ai progetti innovativi.

° GaE Ulteriori chiarimenti. Così parlò la D.G. per il personale scolastico
Il paradosso di un titolo che è valutato soltanto per la I-II fascia. E poi ci si chiede perché si debba sempre ricorrere in tribunale.
“Non è valutabile come abilitazione l’inserimento nella graduatoria di merito del Concorso per titoli ed esami di cui al D.D.G. 82 del 24 settembre 2012, in quanto, ai sensi dell’art. 13 comma III del D.D.G. medesimo, l’abilitazione all’insegnamento viene conseguita solo dai vincitori all’atto dell’assunzione in ruolo. Resta ferma la valutazione dell’inserimento in graduatoria di merito, in quanto “superamento di concorso” relativamente al punto C2 della tabella di valutazione dei titoli di I e II fascia delle graduatorie ad esaurimento”.

° L’abilitazione all’insegnamento: un titolo faticato ben più di un concorso vinto
L’abilitazione è pienamente probante delle competenze necessarie all’insegnamento.
Eppure gli abilitati candidati nei concorsi a cattedra sono stati sottoposti a risibili prove preselettive su test strutturati. Perché? I decisori politici poco si fidano delle procedure e delle istituzioni preposte a conferire le abilitazioni ? Se così fosse, nulla potrebbero fare gli abilitandi e gli abilitati per contrastare questa diffidenza: avessero cultura, competenze, attitudini, capacità logiche e professionali dieci, cento volte maggiori di quelle che hanno, il rovello scaverebbe ugualmente. La questione che arrovella, in effetti, è tutta interna al rapporto tra i decisori politici e i professionisti della formazione. Fanno bene, i primi, a dubitare dei secondi ? I formatori di matrice universitaria conoscono mission, didattica, dinamiche educative, obiettivi, normativa della Scuola? O nella loro mente la Scuola è una sorta di ircocervo? All’epoca delle SSIS, gli specializzanti venivano formati in collaborazione da docenti universitari e docenti medi in servizio nelle scuole. Nel 2008, qualcuno – che andrebbe sollevato per le orecchie – dissimulo, con fantasiose motivazioni qualitative, la volontà di risparmiare le cifre necessarie a retribuire i supplenti del personale scolastico in semiesonero, distaccato presso le SSIS. L’efficace zeugma di docenti della scuola e dell’università fu sciolto e la formazione dei docenti della Scuola fu quasi in toto delegata al personale delle università. C’è da considerare anche che, fatte salve le SSIS, le altre procedure abilitanti non sono state omogenee per livello professionalizzante e per l’impegno richiesto ai corsisti. Sono state deliberate empiricamente, senza una visione strategica, sotto la direzione di ministri che entravano e uscivano attraverso la porta girevole del MIUR senza avere esperienza di lavoro nella Scuola, e tutt’al più promettendo di studiarsela volenterosamente: Ministri che, in sostanza, hanno lavorato di fantasia, e quasi sempre sotto l’occhiuta vigilanza del collega titolare al MEF. Adesso, finisce per non essere chiaro quali debbano essere le competenze dell’insegnante efficace. Troppe le conversioni a U, in un’epoca di velocissimi mutamenti delle dinamiche cognitive e degli assetti intergenerazionali ! Di queste conversioni possiamo e dobbiamo discutere: sono piovute addosso al MIUR come a tutti noi. Con riferimento alla selezione degli aspiranti all’insegnamento, resta certa una cosa: il titolo abilitante - conseguito superando tre prove selettive di accesso a numero chiuso, più semestri di studio (anche 4 semestri), e un gran numero di esami di profitto (in SSIS, 20 esami e più) - è risultato più probante nell’individuare i più capaci e colti rispetto a concorsi in cui si sono adottati test preselettivi a risposta multipla.

° Anche a Marzo ci sono stati ritardi nei pagamenti ai supplenti temporanei
E ci sono anche coloro che non hanno ricevuto lo stipendio di febbraio e/o gennaio.
Lo rende noto il Gruppo (3257 aderenti) Supplenti della Scuola per la qualità e dignità del lavoro. Quanto alle responsabilità, c’è lo scaricabarile: le ragionerie territoriali e NoiPA le attribuiscono ad alcune segreterie scolastiche (non avrebbero caricato in tempo i dati stipendiali), a loro volta, queste ritengono responsabile il Miur, in quanto non avrebbe assegnato i fondi in tempo utile. I colleghi supplenti temporanei del Gruppo facebook chiedono: “che il Ministero dell'Economia proceda ad un'emissione speciale aggiuntiva entro una settimana, al fine di sanare gli stipendi di gennaio febbraio e marzo non ancora pagati…. Con fiducia aspettiamo che i massimi dirigenti del Miur Ufficio Programmazione Finanziaria, dott. Marco Ugo Filisetti e dott.ssa Elisabetta Davoli, di concerto con la Responsabile del Tesoro, dott.ssa Roberta Lotti, possano concordare un provvedimento urgente per tutti i supplenti temporanei che sono rimasti senza stipendio”. Segue un elenco di 50 scuole in cui si sono avuti i ritardi. (Fonte: http://supplentidellascuola.blogspot.it).

° GaE Ulteriori chiarimenti. Così parlò la D.G. per il personale scolastico
Il paradosso di un titolo che è valutato soltanto per la I-II fascia. E poi ci si chiede perché si debba sempre ricorrere in tribunale.
“Non è valutabile come abilitazione l’inserimento nella graduatoria di merito del Concorso per titoli ed esami di cui al D.D.G. 82 del 24 settembre 2012, in quanto, ai sensi dell’art. 13 comma III del D.D.G. medesimo, l’abilitazione all’insegnamento viene conseguita solo dai vincitori all’atto dell’assunzione in ruolo. Resta ferma la valutazione dell’inserimento in graduatoria di merito, in quanto “superamento di concorso” relativamente al punto C2 della tabella di valutazione dei titoli di I e II fascia delle graduatorie ad esaurimento”.

° L’abilitazione all’insegnamento: un titolo faticato ben più di un concorso vinto
L’abilitazione è pienamente probante delle competenze necessarie all’insegnamento.
Eppure gli abilitati candidati nei concorsi a cattedra sono stati sottoposti a risibili prove preselettive su test strutturati. Perché? I decisori politici poco si fidano delle procedure e delle istituzioni preposte a conferire le abilitazioni ? Se così fosse, nulla potrebbero fare gli abilitandi e gli abilitati per contrastare questa diffidenza: avessero cultura, competenze, attitudini, capacità logiche e professionali dieci, cento volte maggiori di quelle che hanno, il rovello scaverebbe ugualmente. La questione che arrovella, in effetti, è tutta interna al rapporto tra i decisori politici e i professionisti della formazione. Fanno bene, i primi, a dubitare dei secondi ? I formatori di matrice universitaria conoscono mission, didattica, dinamiche educative, obiettivi, normativa della Scuola? O nella loro mente la Scuola è una sorta di ircocervo? All’epoca delle SSIS, gli specializzanti venivano formati in collaborazione da docenti universitari e docenti medi in servizio nelle scuole. Nel 2008, qualcuno – che andrebbe sollevato per le orecchie – dissimulo, con fantasiose motivazioni qualitative, la volontà di risparmiare le cifre necessarie a retribuire i supplenti del personale scolastico in semiesonero, distaccato presso le SSIS. L’efficace zeugma di docenti della scuola e dell’università fu sciolto e la formazione dei docenti della Scuola fu quasi in toto delegata al personale delle università. C’è da considerare anche che, fatte salve le SSIS, le altre procedure abilitanti non sono state omogenee per livello professionalizzante e per l’impegno richiesto ai corsisti. Sono state deliberate empiricamente, senza una visione strategica, sotto la direzione di ministri che entravano e uscivano attraverso la porta girevole del MIUR senza avere esperienza di lavoro nella Scuola, e tutt’al più promettendo di studiarsela volenterosamente: Ministri che, in sostanza, hanno lavorato di fantasia, e quasi sempre sotto l’occhiuta vigilanza del collega titolare al MEF. Adesso, finisce per non essere chiaro quali debbano essere le competenze dell’insegnante efficace. Troppe le conversioni a U, in un’epoca di velocissimi mutamenti delle dinamiche cognitive e degli assetti intergenerazionali ! Di queste conversioni possiamo e dobbiamo discutere: sono piovute addosso al MIUR come a tutti noi. Con riferimento alla selezione degli aspiranti all’insegnamento, resta certa una cosa: il titolo abilitante - conseguito superando tre prove selettive di accesso a numero chiuso, più semestri di studio (anche 4 semestri), e un gran numero di esami di profitto (in SSIS, 20 esami e più) - è risultato più probante nell’individuare i più capaci e colti rispetto a concorsi in cui si sono adottati test preselettivi a risposta multipla.

° Anche a Marzo ci sono stati ritardi nei pagamenti ai supplenti temporanei
E ci sono anche coloro che non hanno ricevuto lo stipendio di febbraio e/o gennaio.
Lo rende noto il Gruppo (3257 aderenti) Supplenti della Scuola per la qualità e dignità del lavoro. Quanto alle responsabilità, c’è lo scaricabarile: le ragionerie territoriali e NoiPA le attribuiscono ad alcune segreterie scolastiche (non avrebbero caricato in tempo i dati stipendiali), a loro volta, queste ritengono responsabile il Miur, in quanto non avrebbe assegnato i fondi in tempo utile. I colleghi supplenti temporanei del Gruppo facebook chiedono: “che il Ministero dell'Economia proceda ad un'emissione speciale aggiuntiva entro una settimana, al fine di sanare gli stipendi di gennaio febbraio e marzo non ancora pagati…. Con fiducia aspettiamo che i massimi dirigenti del Miur Ufficio Programmazione Finanziaria, dott. Marco Ugo Filisetti e dott.ssa Elisabetta Davoli, di concerto con la Responsabile del Tesoro, dott.ssa Roberta Lotti, possano concordare un provvedimento urgente per tutti i supplenti temporanei che sono rimasti senza stipendio”. Segue un elenco di 50 scuole in cui si sono avuti i ritardi. (Fonte: http://supplentidellascuola.blogspot.it).