I Governatori di Lombardia e Veneto si dicono contrari all'accordo raggiunto in Consiglio dei Ministri perché non vogliono lasciare il personale della scuola allo Stato e la Scuola sotto l’egida dell’amministrazione centrale. Marcello Pacifico (Anief): Abbiamo fermato il loro vero obiettivo che era di prendersi le risorse destinate alle altre regioni con la scusa di una maggiore autonomia.
La verità è che le scuole sono autonome per Costituzione e, fin quando saremo un Paese unito, l'interesse dello Stato sarà sempre superiore agli interessi di partito. Zaia e Fontana se ne facciano una ragione. Noi, come sindacato, in contrattazione decentrata ci opporremo a ogni barriera sulla mobilità di docenti e Ata tra i diversi territori di questa nostra bella Italia.
La partita sulla regionalizzazione senza scuola non è affatto chiusa: i governatori del Lombardo-Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, minacciano infatti di non firmare l’accordo raggiunto il 19 luglio in Consiglio dei Ministri, che lascerebbe sostanzialmente fuori l’istruzione pubblica dall’autonomia differenziata. Dopo aver contestato la ricostruzione del vertice legastellato del 19 luglio definita “cordiale”, si rivolgono al premier Giuseppe Conte: “Pensavamo fosse così autorevole da chiudere la partita e invece la prolunga senza fine”. Significa, quindi, che sul progetto di spezzettamento dei servizi pubblici nazionali, scuola compresa, i giochi non sono ancora fatti.
LA LEGA NON SI RASSEGNA
Ancora di più perché qualcosa sulla scuola la Lega sembra averla portata a casa: nella discussa intesa di ieri, raggiunta a Palazzo Chigi, sembra infatti che è stato comunque approvato l’assurdo vincolo di permanenza di cinque anni per le nuove assunzioni dei docenti. Inoltre, è vero che è stato soppresso l'articolo 12 del testo della ministra Erika Stefani che prevedeva l'assunzione diretta dei docenti su base regionale, come chiesto dalla Lega. Ma rimane in piedi l’idea dei ministri e parlamentari del Carroccio di trasformare i lavoratori della scuola in impiegati regionali, di assumerli con selezioni regionali e obbligarli a svolgere un orario di lavoro maggiorato che viene spacciato anche per aumento di stipendio. Il primo a non arrendersi è il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, fautore del motto ‘la scuola regionale si farà’. Non è da escludere che il tema possa essere ripreso la prossima settimana, forse già dopodomani, nel corso di un nuovo vertice con all’ordine del giorno i nodi delle risorse finanziarie e delle soprintendenze.
IL PARERE DEL PRESIDENTE ANIEF
“Siamo consapevoli del fatto che la Lega presto tornerà all’attacco – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – a costo di far cadere il Governo e ripresentarsi con un’altra maggioranza. È bene che l’attenzione di chi tiene alla scuola, come bene nazionale da difendere con i denti, rimanga ben alta. Ci rivolgiamo agli altri sindacati, a tutte le parti sociali e naturalmente ai tanti partiti politici che non intendono distruggere uno dei beni più preziosi del nostro Paese e che lo tiene unito da Nord a Sud. L’autonomia già esiste, sia a livello regionale che di singolo istituto”.
“Non c’è bisogno di legiferare la spartizione delle risorse – continua il sindacalista autonomo - per accaparrarsi quello che oggi è destinato a regioni in ritardo: gli studenti di queste aree, già indietro per competenze, meritano ulteriore sostegno, organici del personale scolastico maggiorati, un collegamento con territori vivi. Sganciandoli dal resto d’Italia, invece, significherebbe abbandonarli una volta per tutte. A quel punto, il folle disegno leghista delle due “Italie”, con la Costituzione messa all’angolo, sarà compiuto”.
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