La Storia deve tornare a far parte a pieno titolo dell’esame di maturità, reinserendola come traccia a sé nella prova scritta di italiano: a chiederlo è Liliana Segre, senatrice a vita, superstite dell'Olocausto e attiva testimone della Shoah italiana che, dopo avere posto il tema in Commissione Senato, ha inviato un messaggio in occasione dell’inaugurazione della Fiera Didacta a Firenze. E ora il nuovo ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, si mostra disposto a cambiare l’Esame di Stato
Marcello Pacifico (Anief): “La Storia permette agli studenti di fare propri gli strumenti per vivere e, come dicevano i latini, diviene maestra, guidandoli nella vita da adulti, personale e professionale. Relegare la Storia ad una disciplina marginale, collocandola all’interno di altri macro-argomenti, significa non avere chiaro questo concetto. E diventa ancora più grave per un esecutivo che si è speso per il ritorno dell’educazione civica in classe, seppure con modalità discutibilissime, perché le norme e le regole che disciplinano il nostro ordinamento vanno insegnate partendo dalla loro dimensione storica nazionale ed europea”
Tenere la disciplina della Storia fuori dall’esame di maturità è un errore gravissimo. Lo sostiene da tempo la senatrice a vita Liliana Segre, che ha chiesto al ministro dell’Istruzione di riportare la Storia nell’Esame di Stato: la materia, ha detto, “è un modo per riconoscere la funzione della storia nella formazione delle nuove generazioni, conoscere la storia contemporanea aiuta non solo a evitare errori, ma anche a parlare di termini come tolleranza, interculturalità, accoglienza, solidarietà “, riporta la rivista Orizzonte Scuola.
Commentando l’appello della senatrice, il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti – che ha appena firmato il decreto per il conferimento del dottorato honoris causa alla senatrice a vita, per il suo impegno a favore dell’intercultura e della tolleranza - ha detto di condividere “l’idea che la Storia debba tornare ad essere centrale nel modello formativo delle nostre scuole: in buona parte lo è. Non voglio, però, che il ministero sia partecipe di un’instabilità della Maturità. Stiamo ragionando sull’intera prova, docenti e studenti devono sapere con mesi di anticipo e con esattezza cosa accadrà all’esame di Stato. Raccolgo l’appello della senatrice Liliana Segre, che stimo molto”.
Anief si batte da tempo per il ritorno della prova storica nell’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, ma anche affinché venga introdotta la disciplina nel nuovo piano orario settimanale degli istituti professionali, da dove è stata eliminata, assieme ad un vero inserimento dell’educazione civica in tutti gli ordini scolastici. Il sindacato ha apprezzato e aderito al Manifesto prodotto quest’anno dallo storico Andrea Giardina, dalla stessa senatrice a vita Liliana Segre e dallo scrittore Andrea Camilleri per ridare dignità nelle scuole alla materia.
Nel Manifesto, a cui hanno aderito in tantissimi, si rimarca che la Storia “è un bene comune” e “la sua conoscenza è un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. È un sapere critico non uniforme, non omogeneo, che rifiuta il conformismo e vive nel dialogo. Lo storico ha le proprie idee politiche ma deve sottoporle alle prove dei documenti e del dibattito, confrontandole con le idee altrui e impegnandosi nella loro diffusione”. Il sindacato ha sostenuto l’iniziativa, che peraltro ha avuto molti consensi, affermando che è indispensabile attuare un incremento delle ore di Storia e darle lo spazio che merita durante gli Esami di Stato. A suo tempo, l’Anief si schierò anche contro la riforma degli istituti superiori che prevedeva il dimezzamento delle ore settimanali della storia, lasciandole uno spazio ridottissimo.
Marcello Pacifico, leader del sindacato autonomo Anief, ricorda che “il tentativo di estromettere la Storia da disciplina centrale della scuola pubblica non è recente, ma è figlio della cancellazione della traccia di Storia nella prima prova scritta proposta dalla commissione di ‘saggi’ voluta dal Governo a guida Pd. Certo, il ministro uscente dell’Istruzione, Marco Bussetti, ha avuto la possibilità di reinserirla: sarebbe bastato prevederlo nel decreto legislativo n. 62 del 13 aprile 2017, attuativo della Buona Scuola. Ma questo non è avvenuto. E ora spetta all’attuale titolare del Miur prendere la decisione”.
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