L’utilizzo di smartphone e tablet è allarme social; il problema è da ricercare nell’uso improprio dei telefonini in classe. Per Anief l’uso sempre più massiccio di queste tecnologie, anziché elevare le conoscenze e in generale l'apprendimento, si sta rivelando un ostacolo all'evoluzione e al miglioramento
Marcello Pacifico (Anief): Siamo favorevoli all’utilizzo dei dispositivi, ma possono essere un’arma a doppio taglio
Come riporta La Stampa, per quanto riguarda l’uso di smartphone e tablet è allarme social: ne sono prove “lo scandalo dei tweet filo-nazisti del professore di Siena e il cyberbullismo che dilaga tra i giovani. Giuristi ed esperti di formazione studiano le cause dell’escalation e si dividono sui provvedimenti”. Il problema è da ricercare nell’uso improprio dei telefonini in classe. “Sono trascorsi dodici anni da quando una circolare del ministero della pubblica istruzione ha formalmente vietato i cellulari a scuola durante le ore di lezione, ma da allora la situazione è progressivamente finita fuori controllo tra atti di bullismo prima ripresi con gli smartphone poi condivisi sui social network e studenti sorpresi a copiare i compiti”.
Sempre a La Stampa, il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha affermato che il cellulare in classe per copiare o studiare “è come un’arma in tasca”. Dunque, c’è da indagare sulle opportunità e i rischi degli smartphone a lezione. Il fatto è che cellulari, adolescenti e scuola, in Italia, “sono tre parole per il momento ancora prive di un legame che non sia confuso, vago e contraddittorio”. A partire dalla politica: i ministri che si sono susseguiti hanno avuto idee discordanti. Valeria Fedeli del Pd, ad esempio, “quando era ministra dell’Istruzione, voleva i telefonini nelle scuole e docenti preparati per insegnare a usarli in modo consapevole e corretto: gli smartphone come strumento didattico”.
Inoltre, si legge su Il Sole 24 Ore, i docenti “devono riprendere in mano la didattica, basandola sul recupero delle relazioni umane e staccandosi dall’uso del digitale a tutti i costi: per i ragazzi la tecnologia è completamente trasparente, deve tornare a essere uno strumento, non un fine. Non c’è altra strada se non recuperare l’umano”. È stato detto solo qualche giorno fa a Bergamo, nel corso degli Stati generali della scuola digitale, promossi dal Centro studi ImparaDigitale.
Il parere dell’Anief
Secondo il sindacato, l'utilizzo massiccio e invadente di queste tecnologie, anziché elevare le conoscenze e in generale l'apprendimento, si sta rivelando sempre più un ostacolo all'evoluzione e al miglioramento, soprattutto tra le nuove generazioni. È stato dimostrato, infatti, che il telefono cellulare viene utilizzato dagli studenti 70 volte al giorno e sono molte le scuole ne hanno proibito l’uso. Anief ha chiesto di valutare di volta in volta l'utilizzo dei dispositivi tecnologici soltanto ai fini didattici.
Il commento del presidente Marcello Pacifico
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, è consapevole che l’uso del cellulare a scuola possa essere un’arma a doppio taglio: se è utile ai fini formativi, può anche danneggiare l’attenzione e la normale educazione scolastica. Per gli insegnanti in effetti lo strumento risulta davvero utile, sia per preparare le lezioni sia per rendicontare le valutazioni e le lezioni svolte. Pensare di inibirne l’uso solo perché vi sono casi che ci riportano un pessimo utilizzo di smartphone e tablet è inammissibile. Pacifico ha affermato infatti che “siamo favorevoli all’utilizzo dei dispositivi, ovviamente solo per motivi didattici, come la ricerca dei dati, ma anche per sperimentazioni e simulazioni”.
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