La scuola deve tornare ad essere un vettore di crescita, pure sociale. Lo dice convinto il sottosegretario al ministero dell’istruzione Peppe De Cristofaro. Anief rilancia: servono organici differenziati in base alle esigenze del territorio, alla dislocazione, alla rete di collegamento con le stesse istituzioni scolastiche nelle piccole isole o comunità montane, all’ubicazione in luoghi a rischio, ad alto tasso di dispersione scolastica, migratorio, in zone depresse economicamente.
“Peppe De Cristofaro ha davvero ragione – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -: anche noi sosteniamo da tempo che per l’Italia la denatalità è un’occasione d’oro per abbattere finalmente l’indecenza delle classi pollaio, uno dei motivi che sta alla base del decremento di competenze e dell’elevazione del tasso di dispersione. Ora si passi dalle parole ai fatti”.
Il ministero dell’Istruzione deve ridurre gli organici dei docenti, approfittando del decremento di iscritti, pari a circa 70 mila alunni in meno l’anno. Il monito giunge da una delle personalità più importanti dell’Istruzione pubblica nazionale: il sottosegretario del ministero dell’Istruzione Peppe De Cristofaro. Intervenuto a Genova per il Convegno “Il rammendo delle periferie”, dedicato alle scuole di periferia in Italia, l’esponente di Leu ha detto che serve un provvedimento che risponda anche all’esigenza di mantenere il corpo docenti nonostante la crescente denatalità.
LE PAROLE DI DE CRISTOFARO
“Vanno mantenute le risorse per evitare le classi pollaio – ha detto De Cristofaro - evitando che la denatalità (70mila studenti in meno ogni anno) indebolisca le scuole dove classi e insegnanti vengono ridotti sulla base del numero di studenti; il corpo docenti deve essere mantenuto e distribuito. Le riforme degli ultimi 20 anni hanno peggiorato la scuola anziché migliorarla: bisogna riaprire una riflessione perchè la scuola torni a essere un vettore di crescita, anche sociale, che non è più come dimostrano le statistiche in base alle quali l’80% delle famiglie dei ragazzi che frequentano i licei classici sono composte da diplomati. Vuol dire che il merito, nelle scuole non esiste più”.
TROPPE CLASSI CON NUMERI MAXI
Anief si dice pienamente d’accordo con le affermazioni del sottosegretario del ministero dell’Istruzione. E rilancia. Il sindacato ha calcolato che in Italia continuano ad essere presenti oltre 20 mila classi con più di 30 allievi: è il risultato dell’innalzamento dei parametri della formazioni delle classi imposti dall’art. 64 della Legge Gelmini 133/08. In media, significa che ogni istituto autonomo detiene tre classi con un alto numeri di frequentanti. E così sarà anche l’anno prossimo, nonostante i buoni propositi della politica per non continuare a ledere il diritto allo studio e che quasi sempre aggira i limiti imposti dalle norme della sicurezza. Uno degli ultimi buoni propositi in materia è stato il disegno di legge AC n. 877 del 5 luglio 2018, la cui prima firma era dell’on. Lucia Azzolina (M5S), l’attuale ministro dell’Istruzione, che per raggiungere l’obiettivo di formare classi con al massimo 22-23 alunni prevedeva un impegno oneroso, messo nero su bianco nella Proposta di legge, equivalente “a 338.500.000 euro per l’anno 2019, a 1.180.000.000 di euro per l’anno 2020, a 1.715.100.000 euro per l’anno 2021 e a 2.130.000.000 di euro a decorrere dall’anno 2022”.
LA PROPOSTA DELL’ANIEF
Il sindacato Anief ha proposto in più occasioni di cancellare quei parametri: l’ultimo tentativo sul tema è stato un emendamento all’ultima legge di Bilancio per riallineare il rapporto alunni-docenti: approvarlo avrebbe avuto “ricadute positive sulla didattica e sull’apprendimento degli alunni”, oltre che permesso “di assicurare agli studenti ambienti idonei allo svolgimento delle attività, laboratori e aree comuni di condivisione”. Il tutto, si sarebbe fatto riproponendo esattamente “quanto previsto nel disegno di legge AC 877 a firma dell’on. Azzolina con le relative coperture finanziarie lì definite”.
Un emendamento simile, sempre al decreto Milleproroghe, voluto dal M5S, è stato comunque approvato ma sono stati stanziati soltanto 55 milioni di euro in tre anni per intervenire laddove il numero di iscritti sia superiore a 22 alunni, ridotti a 20 in presenza di studenti con grave disabilità certificata. Le prime ad essere interessate saranno le scuole secondarie di secondo grado, con le risorse che saranno ripartite su base regionale. Il testo, che ha avuto il via libera della Camera, dovrà presto passare il vaglio del Senato ed essere convertito definitivamente entro il 29 febbraio.
GLI EFFETTI POSITIVI
Il via libera definitivo rappresenta anche un primo passo per portare un po’ di risorse umane a sostegno del Piano per il Sud, presentato nei giorni scorsi a Gioia Tauro, con il quale si vogliono realizzare delle precise azioni sulle scuole del Sud, finalizzate, si legge, “a favorire l’apertura delle scuole in orario pomeridiano nelle regioni del Mezzogiorno”. Del resto, tutte le teorie di pedagogia moderna concordano sull’esigenza di implementare il tempo scuola e gli organici del personale, anche per porre finalmente un freno reale agli abbandoni scolastici (con il Meridione in prima linea) e al fenomeno dei Neet, che proprio in diverse aree del Sud è sempre più preoccupante.
Anief, infine, ha calcolato che attuare la riduzione del numero di alunni per classe, assieme all’aumento del tempo-scuola al Sud, necessita di un surplus di insegnanti: servono non meno di cinque docenti in più per istituto, considerando anche che alla maggiore parte delle 8.200 scuole autonome sparse per il territorio nazionale sono annesse più sedi. È bene, quindi, che il ministero dell’Istruzione preveda la richiesta al Mef di non meno di 40 mila insegnanti ulteriori in organico di diritto, al fine di rendere esecutivi gli sdoppiamenti di classe, in presenza di un’elevata quantità di iscritti, e di tenere sempre aperte le scuole del Meridione, dove occorre riallineare le conoscenze e le competenze acquisite.
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