Impegno assunto a seguito degli Stati Generali per investire una parte consistente. Il sindacato chiede che almeno 25 miliardi siano spesi per scuola, università e ricerca, così da ridefinire nei prossimi sette anni gli organici, eliminare il precariato, valorizzare il personale, aggiornare le strutture e creare le condizioni per lo sviluppo del Paese. Tutto ciò deve essere portato subito ai tavoli per scrivere la legge di Bilancio.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale del giovane sindacato, “investire nel settore dell’istruzione e della ricerca il 15% dei 209 miliardi del Recovery Fund significa invertire quella politica dei tagli, dei dimensionamenti, delle classi ‘pollaio’, degli stipendi-miseria, del precariato che ha contraddistinto le scelte del legislatore negli ultimi anni e i conseguenti disastrosi primati su apprendimenti e dispersione. Per non parlare di un sistema che si è trovato impreparato rispetto al contenimento del rischio contagio da Covid-19. Avere una scuola pubblica con 250 mila supplenze annuali, con un tempo scuola ridotto e dei finanziamenti pubblici molto al di sotto della media europea e Ocse, non è una condizione più accettabile: lo abbiamo detto qualche settimane fa al Presidente del Consiglio fornendo delle precise e circostanziate richieste. Lo ribadiamo ora che ci si avvia a definire il progetto di rilancio del Paese: l’istruzione e la ricerca, insieme alla Sanità, devono stare al primo posto”.
Al termine di una trattativa internazionale estenuante, durata quattro giorni e quattro notti, è arrivato l’accordo sul Recovery fund: al nostro Paese vengono dati 209 miliardi, di cui 82 di sussidi e 127 di prestiti. Il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo ha spiegato che “ora abbiamo la possibilità di cambiare volto all’Italia. Dobbiamo correre, usare i soldi per investimenti, per riforme strutturali. Dobbiamo intraprendere il percorso di crescita economica e sviluppo sostenibile che stiamo perseguendo da anni senza raggiungerlo con efficacia. Abbiamo la concreta possibilità di raggiungere un’Italia più verde, più digitale, più innovativa, più sostenibile, più inclusiva. Di investire nella scuola, nell’università, nella ricerca, nelle infrastrutture”.
L’ACCORDO
Nella proposta di compromesso, la Recovery and Resilience Facility, il ‘cuore’ del piano per la ripresa, viene rafforzata, anche rispetto alla proposta iniziale della Commissione e a quella di compromesso avanzata da Michel il 10 luglio scorso, passando da un totale di 560 miliardi a 672,5 miliardi di euro, dei quali 312,5 miliardi di trasferimenti (rispetto a 310 miliardi) e 360 miliardi di prestiti (rispetto a 250 miliardi).
L’ammontare totale di Next Generation Eu, come è stato ribattezzato dalla Commissione il Recovery Plan, è di 750 miliardi di euro, invariato rispetto alla proposta iniziale. Di questi, 360 miliardi sono prestiti (rispetto a 250 miliardi iniziali), 390 sono trasferimenti (rispetto a 500). Il piano, che interagirà e potenzierà il Quadro Finanziario Pluriennale, è stato rimodulato in modo da concentrare molta forza finanziaria sulla Recovery and Resilience Facility, lo strumento destinato a finanziare i piani nazionali di ripresa e di resilienza, che i Paesi membri dovranno presentare alla Commissione, possibilmente entro l’autunno.
LA POSIZIONE DEL SINDACATO
Anief ritiene fondamentale l’assegnazione dei fondi che arriveranno all’Italia, in primis per la ripresa dopo l’emergenza epidemiologica, anche al settore della Conoscenza e della Ricerca. La scuola, in particolare, ha un bisogno estremo di risollevarsi dopo i vili tagli attuati a partire dalla Legge n. 133/08, che hanno portato alla cancellazione di 250 mila posti di lavoro, alla riduzione del tempo scuola settimanale, all’accorpamento di istituti e classi, oggi più che mai essenziali per riaprire le scuole in sicurezza a settembre.
I fondi del Recovery fund, che per il settore della formazione pubblica potrebbero arrivare a 25 miliardi di euro, se il Governo ascolta le proposte di Anief e Udir, sono risorse fondamentali per incrementare l’organico del personale docente ed Ata, cancellare l’organico di fatto e rivedere tutto il reclutamento, applicando finalmente anche le stabilizzazioni dei precari storici che la stessa UE ci chiede di adottare dal 1999. E procedendo ad almeno 150 mila assunzioni aggiuntive di insegnanti e a 40 mila Ata. Oltre che a ridare alle scuole i suoi insegnanti specializzati, le compresenze, più ore di lezioni e maggiori fondi per la gestione quotidiana e per i progetti del personale confluiti nel Fis. Questo servirebbe anche per rispondere, sul breve periodo, alle indicazioni del documento del Comitato tecnico-scientifico sulle lezioni in presenza, sarebbe bene costituire per legge prima classi con non più di 15 alunni e una volta superata l’emergenza sanitaria comunque non oltre i 20 allievi. Per avere una scuola di qualità occorrerà quindi nominare dirigenti scolastici pure nelle scuole sottodimensionate, come assorbire i facenti funzione Dsga. Gli Atenei e gli enti di ricerca, infine, potrebbero finalmente procedere con le assunzioni di tutto il personale necessario per garantire qualità negli insegnamenti e negli studi insieme alle accademie e ai conservatori.
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