Dopo diversi mesi di preparativi, il Recovery plan da 221 miliardi arriva in approvazione al Consiglio dei ministri: con il perdurante dubbio sulle risorse da impiegare per la proroga del superbonus edilizio e a chi affidare la governance, oggi il mega-progetto da 221 miliardi approderà in CdM per un primo esame. Il premier, i capidelegazione della maggioranza e i ministri competenti hanno già dato il loro assenso. Già nel week end si lavorerà sui dettagli. Subito dopo, lunedì e martedì prossimo, il premier Mario Draghi presenterà il testo alle Camere, dove in tempo record, tra mercoledì 28 e giovedì 29, si arriverà al via libera definitivo così da rispettare l’impegno di inviare il tutto alla Commissione europea entro la fine di aprile. Sulla suddivisione dei fondi vi sarebbero delle novità, con Istruzione e ricerca che salirebbero a 31,9 miliardi complessivi. Il sindacato Anief reputa che l’approdo in Italia di cifre così rilevanti costituisca un’occasione storica ed importantissima per il rilancio della Conoscenza in Italia.
“Bene ha fatto il Governo a implementare le risorse per Scuola e Ricerca – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – così come è positiva la maggiore attenzione che sembrerebbe essere arrivata per questi settori, tanto da incrementare i finanziamenti. È bene però che si stabiliscano da subito gli obiettivi da raggiungere, scongiurando il rischio di disperdere i fondi UE: il fine ultimo deve essere quello di elevare la cultura dei nostri giovani e della popolazione, annullando quell’odioso gap formativo che oggi la caratterizza, che ha le basi nel digital divide e che trova purtroppo la massima espressione nell’abbandono scolastico precoce. Per questo occorre ricostruire 15 mila plessi scolastici spazzati via in Italia nell’ultimo decennio da assurde politiche di spending review fatte sulla pelle della popolazione. Così come occorre potenziare la fascia 0-6 anni, riattivare quelle 4 mila scuole autonome, con i loro dirigenti e Dsga, cancellate per andare a creare mega istituti da migliaia di iscritti. Ma è tutto il dimensionamento, che ha portato via pure 200 mila docenti, le compresenze, gli specialisti nel primo ciclo, 50 mila posti di Ata, a dovere essere riattivati. Fatto questo, si dovrà anche agire, oltre che su edilizia e digitalizzazione scolastica, sull’adeguamento degli organici, compresi i 75 mila docenti-Ata Covid, da comporre in base alle esigenze dei territori e non più solo considerando le iscrizioni. C’è poi da affrontare l’emergenza delle classi pollaio: da settembre non si potranno più avere classi da 30 e più alunni, ma massimo 15-18. Contemporaneamente, si dovrà anche agire su precari, stipendi e carriera del personale, che continua a non avere opportunità di crescita e a percepire tra gli stipendi più bassi d’Europa. Infine, occorre rivedere la partita del reclutamento e della mobilità dei lavoratori della scuola, anche queste da adeguare”.
Il Governo si appresta a varare il Piano economico europeo più importante da quando esiste l’Unione europea: quanto messo a punto dal Governo prevede un pacchetto complessivo di investimenti per 221,5 miliardi che nelle previsioni del Governo consentiranno nel 2022-2026 una crescita media del Pil di 1,4 punti percentuali più alta rispetto al quinquennio 2015-2019. La previsione dell’impatto economico è di tre punti percentuali rispetto allo scenario di base al 2026. Resta da decidere a chi affidare la governance del mega-progetto: verrà definita a maggio con apposito decreto. Comunque, la regia del Piano rimarrà a Palazzo Chigi ed è previsto il coinvolgimento nei lavori di tutta la squadra dell’esecutivo Draghi.
La sei missioni previste dal secondo Governo Conte rimangono in piedi: saranno integrate da 16 componenti. Vi sono novità invece per la suddivisione dei fondi tra le varie aree: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono previsti 42,5 miliardi, per Rivoluzione verde e transizione ecologica 57, per Infrastrutture e mobilità sostenibile 25,3 miliardi, per Istruzione e ricerca 31,9 (con un incremento importante rispetto alle prime stime), per inclusione e coesione 19,1 e per Salute 15,6.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, è convinto che abbiamo una possibilità storica per ridurre il gap formativo e culturale all’interno dell’Italia: l’operazione deve attaccare il digital divide che penalizza un milione e mezzo di alunni, il mancato accesso all’istruzione nella fascia 0-6 anni e il 27% dei Neet. Il piano dovrà quindi prevedere supporti legislativi, a cominciare dall’allungamento dell’obbligo scolastico, che dovrà partire dai tre anni fino alla maturità. Ecco perché servono nuove norme per gestire reclutamento, personale e organici. Come va ridotto il numero di alunni per classe e incrementato quello del personale, assumendo tutti coloro che hanno svolto tre anni di servizio, immettendo in ruolo da GaE e graduatorie d’istituto, introducendo concorsi per titoli e servizi, oltre che cancellare i vincoli che si oppongono agli avvicinamenti su sedi di lavoro vicino casa che in tempo di pandemia rasentano la follia. Servono nuove professionalità, come di coordinamento delle segreterie scolastiche, sinora attivate solo sulla carta. Solo così si potrà ridurre la dispersione scolastica che, laddove l’apporto socio-economico è ridotto, l’immigrazione e l’emigrazione sono in alto numero, non può che dilagare”.
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