Sugli stipendi dei lavoratori italiani continuano ad arrivare segnali sconfortanti: dal report Ocse “Jp Salary Outlook” risulta che nel 2023 i dipendenti in Italia hanno avuto una retribuzione lorda annua media di 44.893 euro, facendo collocare il nostro paese al posto numero 21 su 34 complessivi presi in esame dall’Ocse. Lo stipendio dei lavoratori italiani risulta in crescita dell’1,8% rispetto al 2022, ma se si guarda agli ultimi 8 anni allora l’aumento percentuale risulta del 7,5%. Se poi si guarda ai salari reali dal 1991 ad oggi, considerando il costo della vita, risulta sono cresciuti appena dell'1%, contro l’incremento medio dei Paesi Ocse pari al 32,5% “Nella classifica – scrive oggi Qui Finanza - al primo posto c’è l’Irlanda con un salario medio di 79.473 euro; segue il Lussemburgo con 78.310 euro”.
“Anche gli studi di carattere internazionale confermano che il costo della vita, soprattutto degli ultimi 48 mesi, ha ridotto pesantemente potere d’acquisto dei lavoratori famiglie. Sempre l’Ocse ha evidenziato come lo stipendio reale di un lavoratore italiano risulti ancora sotto il 7% rispetto alle buste paga precedente al Covid e che questo decrementi sia tra i peggiori dell’area Ue. Se poi si guarda al settore scolastico, la situazione diventa ancora più pesante: con l’ultimo contratto, il Ccnl 2019-21, siamo infatti riusciti a recuperare oltre il 4% rispetto e con il prossimo, il Ccnl 2022-24, l’incremento sarà leggermente maggiore, ma è chiaro che si tratta di misure ordinarie che non possono bastare. Il compenso annuo medio di chi lavora a scuola è infatti sotto i 29.000 euro lordi, quindi oltre 15.000 euro sotto la media nazionale: se si opera un aumento uniforme, è una questione matematica, il gap non potrà che aumentare. E nemmeno si sopperisce il problema assegnando un’indennità di vacanza contrattuale piena, tanto da costringere il nostro sindacato a ricorrere in tribunale per recuperarla”.
“A sostenere che esiste un vistoso ritardo tra la scuola e gli altri comparti è stato anche l’Aran che ha di recente confrontato gli aumenti stipendiali pubblici con gli andamenti economici dell’Istat – continua Pacifico – mettendo in evidenza il forte gap del settore dei lavoratori della Conoscenza rispetto alla PA ma soprattutto al settore privato, tanto da arrivare al paradosso di un operatore della manifattura che in Italia guadagna quasi il doppio di un insegnante. Anief ritiene indispensabili la destinazione al comparto Scuola, Università e Ricerca di risorse aggiuntive, sia stipendiali per tutti, sia per le prestazioni lavorative extra: servono una decina di miliardi, che vanno trovati e inseriti subito nella legge di bilancio 2025, perché non si possono aspettare altri tre anni fino al prossimo rinnovo contrattuale”, conclude il leader del giovane sindacato.
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