Come anticipato dal nostro sindacato, il Ministero dell'Istruzione ha deciso di recepire in toto la sentenza del Tribunale Amministrativo n. 9234/2017 che ha confermato le tesi sostenute dall'Anief riguardo l'inserimento in II fascia G.I. dei diplomati per Insegnamenti Tecnico-Pratici. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “Da anni sosteniamo i diplomati ITP e, dopo averli fatti partecipare al concorso a cattedra, ci siamo schierati al loro fianco anche in questa battaglia per il corretto inserimento nella II fascia delle graduatorie d'istituto. Attendiamo medesime determinazioni anche per tutti gli altri docenti che hanno titolo a essere inseriti nelle rispettive graduatorie degli abilitati”.
Altrimenti si tratterebbe solo di un’operazione risparmio, finalizzata a far sparire a regime 35mila cattedre della scuola superiore. A sostenerlo è l’Anief: se l’operazione ha come scopo primario quello di cancellare altro tempo scuola oltre quello divorato nell’ultimo decennio a partire della Legge 133/08, il giovane sindacato annuncia sin d’ora che si opporrà con tutte le sue forze. Sia a livello organizzativo-politico che in ambito giuridico-legale. L’anticipo dell’uscita da scuola a 18 anni, già tentato a inizio 2000 dall’allora Ministro Luigi Berlinguer, è un programma di revisione ripreso da diversi governi. Anche di recente, dall’ex Ministra Stefania Giannini. Se nessuno c’è riuscito è perché è sempre mancato un percorso ragionato e condiviso.
Marcello Pacifico (presidente Anief): Con la scuola primaria anticipata di un anno, durante il quale attivare delle classi ‘ponte’, affidate a maestri in compresenza della scuola dell’infanzia e della stessa primaria, si migliorerebbe il delicato passaggio tra la scuola materna e l’ex elementare. Lo abbiamo detto, qualche mese fa, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama: è scientificamente provato che a cinque anni i bambini hanno bisogno di una formazione di tipo essenzialmente ludico e, nello stesso tempo, di avvicinamento all’alfabetizzazione e al far di conto. L’operazione permetterebbe anche di svuotare le graduatorie di merito e le GaE dei maestri d’infanzia dimenticati dalla riforma e con pessime prospettive di stabilizzazione. Come si darebbe una bella spallata alla dispersione e all’abbandono scolastico: perché mantenendo il tempo scuola immutato e innalzando l’obbligo a 18 anni, gli studenti sarebbero più coinvolti nei progetti formativi. Certo, servirebbe anche rivedere i contenuti dei cicli scolastici, rendendoli anche più stimolanti per le nuove generazioni.
Italia Oggi: “Comprensibile e giustificato il malessere che circola tra il personale Ata”, non solo “per il numero ridotto di assunzioni a tempo indeterminato autorizzato per l’anno scolastico 2017/2018, ma anche a causa dei continui maggiori carichi di lavoro imposti soprattutto al personale amministrativo a seguito anche delle incombenze ulteriori derivanti dal decreto vaccini che tra l’altro competerebbero ad altre istituzioni”. “Anche il blocco della mobilità professionale e le retribuzioni ferme a quelle stabilite dal contratto fermo del 2007 contribuiscono a ritenere che il nuovo anno scolastico sarà tutt’altro che tranquillo”.
L’Anief, che da tempo denuncia la carenza di immissioni in ruolo e i carichi di lavoro insopportabili, torna a ricordare che rimane troppo alta la discrasia tra il numero di assunzioni accordate dal Miur e il considerevole numero di posti vacanti: oltre ai 12mila posti disponibili, incomprensibilmente assegnati quasi sempre fino al 30 giugno anziché al 31 agosto, ve ne sono almeno altrettanti oggi ancora “mascherati” nell’organico di fatto. Quindi 25mila amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici che dovrebbero passare nei ruoli dello Stato.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Già due anni fa avevamo assistito all’assurdo spostamento dell’assegnazione di migliaia di posti, già destinati al personale Ata, a favore dei lavoratori soprannumerari delle province, contro cui avviammo una class action. Ora si fa il bis, con l’aggravante di assegnare tantissimi posti vacanti senza i mesi di luglio e agosto. Per questo, invitiamo sempre tutto il personale Ata che ha sottoscritto un contratto su posto vacante e disponibile a presentare ricorso per recuperare gli stipendi dei mesi estivi. Sia per l’anno scolastico in corso, sia per quelli passati. Non ci rassegniamo nemmeno per la mancata assunzione e per il conferimento degli scatti, per i quali continuiamo a lottare in tribunale.
Anief invita il personale Ata non assunto ad aderire ai ricorsi per la stabilizzazione e gli scatti di stipendio non percepiti (cliccare qui). Ma anche per il recupero della differenza retributiva per aver ricoperto il ruolo di DSGA, come per la stabilizzazione per chi ha svolto funzioni DSGA per oltre 36 mesi (cliccare qui), oltre cheper recuperare gli stipendi dei mesi estivi, sottratti in modo illegittimo.
Solo diverse mansioni, che nella fattispecie non sussistono, giustificherebbero un diverso trattamento. Lo ha stabilito la sezione lavoro della Suprema Corte, attraverso una ordinanza emessa il 1° agosto scorso, la n. 19136, che nei fatti conferma la sentenza della Corte di Appello di Torino la quale affermava che la nota clausola 4, in quanto precisa ed incondizionata, prevale sul diritto interno laddove la natura, la durata e la frequenza delle prestazioni lavorative non differiscono, in fatto, da quelle del personale assunto a tempo indeterminato. Per i giudici della Corte, dunque, il legislatore e la giustizia italiana non possono ignorare le indicazioni provenienti da Lussemburgo. Bocciata la linea del Miur che ora dovrà pagare cospicui risarcimenti ai tanti precari discriminati. La Cassazione, in definitiva, conferma la linea dell’Anief: i lavoratori a tempo determinato, i docenti come gli Ata, hanno i medesimi diritti: non solo a livello stipendiali, scatti automatici compresi, ma anche a livello di permessi, ferie, mesi estivi e altro ancora.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): È un concetto imprescindibile, che deve assolutamente entrare in modo netto e chiaro nel prossimo contratto di lavoro della categoria scolastica. Non farlo, significherebbe sottoscrivere un contratto nullo, perché facilmente impugnabile in tribunale, con sempre più probabili soccombenze dell’amministrazione, condannata a risarcimenti anche importanti a favore del personale ricorrente. Come del resto accade sempre più frequentemente. A parte il fatto che la modifica potrebbe essere realizzata come integrazione a quello già vigente, come sindacato autonomo diffidiamo le organizzazioni rappresentative che nelle prossime settimane saranno chiamate a sottoscrivere il nuovo contratto nazionale di lavoro. Il tempo delle discriminazioni è finito. Anche la Ministra Valeria Fedeli sembra averne preso coscienza. Le condizioni per farlo, quindi, ci sono tutte. Noi vigileremo e nel frattempo continueremo le nostre battaglie in tribunale.
La petizione pubblica in atto sugli stipendi da equiparare all’Europa (quasi 20mila firme raccolte) fa cadere un falso mito. Chi insegna in Italia lo fa per più ore a settimana di lezione rispetto alla media del vecchio Continente: sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3). Ma solo i docenti di Slovacchia e Grecia, per motivi ovvi, possono contare su buste paga inferiori a quelle dei nostri insegnanti. Il problema è, soprattutto, quello del mancato adeguamento stipendiale nel corso della carriera. In Francia, ad esempio, i maestri della primaria appena assunti percepiscono quanto i colleghi italiani (tra le 22mila e le 23mila euro lorde); peccato che a fine carriera gli stessi transalpini surclassino i nostri, prendendo oltre 10mila euro in più (44.500 euro contro 33.700 euro). Non va meglio per un insegnante del Belpaese che opera alle superiori: può contare su stipendi massimi di 38.745 euro, mentre chi svolge la stessa professione in Germania sfiora i 64mila euro. E pure in Spagna arriva a 48mila euro, quindi 10mila in più. Molto avanti sono pure gli insegnanti belgi (63mila euro) e austriaci, che superano i 65mila euro. Per non parlare di chi insegna a Lussemburgo, dove si arriva a percepire 125mila euro medi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Ecco perché abbiamo sostenuto la petizione, la quale verrà inviata a chi gestisce la scuola e la sostiene con fondi a dir poco inadeguati. Ricordando a questi signori che insegnare in Italia significa lavorare di più e guadagnare meno. E non vengano a dirci che la spesa pubblica in Italia per gli stipendi è già troppo alta. Perché nel computo sono contemplati 150mila stipendi di docenti di sostegno che in altri Paesi vengono ‘caricati’ su altri ministeri oppure esclusi da computo totale, perché si tratta di didattica speciale. Come dalla spesa degli emolumenti per il personale, andrebbero sottratte decine di migliaia di stipendi riguardanti i docenti di religione. Se poi parliamo del personale Ata si sfiora il ridicolo, visto che gli stipendi, appena superiori a mille euro al mese, sono i più bassi della PA. E che dire dei dirigenti scolastici, che percepiscono quasi la metà dei colleghi di altri comparti?
Anief, a questo proposito, ricorda che non ci sono inversioni di tendenza in atto: perché nell’intesa Funzione Pubblica-Sindacati del 30 novembre scorso, come nell’Atto di indirizzo del Miur, non c’è traccia del recupero dell’indennità di vacanza contrattuale allineata all'inflazione, che rimarrà congelata fino al 2021. Inoltre, se si firma questa bozza di contratto, il lavoratore prenderebbe solo a partire dal 2018 appena 85 euro, al netto di 105 euro in media mensili che potrebbe percepire proprio se si sbloccasse quell’indennità, senza firma del contratto vita natural durante. A regime, infatti, l’incremento netto in busta paga dovrebbe attestarsi tra le 210 e le 220 euro. Ecco perché vorremmo sentire, tramite referendum, cosa ne pensano i lavoratori interessati. Se è meglio firmare un rinnovo-mancia oppure ricorrere al giudice per chiedere un incremento equo.