Il ricorso oggi accolto apre nuovi scenari e sospetti che dovranno essere fugati con la pubblicazione di tutti i dati richiesti e oscurati. Nel frattempo, in Italia si attendono le decisioni di merito dei tribunali nazionali su obbligo vaccinale e risarcimenti per poter adire direttamente la Corte europea dei diritti dell'uomo, dopo il NO della stessa CGUE e Consulta.
Gli stipendi di chi lavora a scuola sono troppo bassi per pensare che possa bastare il 6% scarso di aumenti, pari a circa 160 euro lordi: serve il doppio, perché l’inflazione degli ultimi 15 anni, tra il 2009 e il 2024 è cresciuta del 29,4%, mentre gli aumenti contrattuali, se includiamo anche il 2024, si fermano al 13,4%, quindi rimangono sempre sotto il costo della vita di circa il 16%. A ricordarlo, in un’intervista a Orizzonte Scuola, è stato oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, alla vigilia dei quattro giorni di congresso nazionale in programma a Terrasini, vicino Palermo.
“L’attuale trend demografico, con un numero sempre minore di giovani che lavorano e un numero crescente di pensionati, rende insostenibile qualsiasi sistema pensionistico: dobbiamo smetterla di concentrarci solo sulle misure a breve termine”. La risposta del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alle interrogazioni parlamentari sulla riforma delle pensioni e sulla possibile proroga degli attuali istituti di pensionamento anticipato, trova parzialmente d’accordo il sindacato.
In Italia si riducono i Neet, anche se sono ancora tantissimi, in compenso aumenta la percentuale di giovani laureati: il divario con la media europea rimane però ampio. Lo dice l’Istat, sottolineando come un titolo di studio elevato favorisca l’occupazione, soprattutto tra le donne, che però continuano ad essere penalizzate nel mondo del lavoro. Nello specifico, l’Istituto di statistica riferisce che in Italia lo scorso anno la quota di giovani tra i 25 e i 34 anni con una laurea ha raggiunto il 30,6%, in crescita rispetto al 29,2% dell’anno precedente. In Europa, tuttavia, la quota di laureati si attesta al 43,1%, con un incremento rispetto al 42% dell’anno precedente. Sempre l’Istat conferma che un titolo di studio elevato comporta un impatto positivo sul tasso di occupazione.
Finalmente in Italia si registra una riduzione di Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, però il dato resta superiore alla media europea, evidenziando un gap soprattutto tra i diplomati. A rilevarlo è l’Istat, che ha analizzato la quantità di Neet nel 2023: la percentuale si è fermata al 16,1%, con un incoraggiante calo di 2,9 punti percentuali rispetto al 2022 e di ben 7 punti rispetto al 2021. Ma soprattutto il dato è assai più basso del 2014 (quando i Neet arrivavano al 26,2%), posizionandosi anche al di sotto del livello pre-crisi del 2007 (18,8%). E a guardare fuori Italia c’è poco da rallegrarsi: nonostante il trend positivo, scrive oggi la stampa specializzata, l’Italia si posiziona ancora al di sopra della media europea (11,2%) e supera significativamente Paesi come Germania (8,8%), Francia e Spagna (entrambe al 12,3%).