La befana non porta doni ai dirigenti scolastici: sulla base di quanto stanziato nell’ultima Legge di Stabilità, i circa 7mila capi d’istituto in servizio riceveranno per il 2016/2017 circa 326 euro di arretrati e aumenti netti di 64 euro solo da marzo 2018. Ecco perché Udir ribadisce la volontà di sbloccare l'indennità di vacanza contrattuale che da sola porterebbe aumenti 7,5 volte superiori per il biennio trascorso e una volta e mezza in più per questo nuovo anno. Scarica e invia già da ora la diffida.
Marcello Pacifico (presidente Udir):Noi come Udir lo diciamo da quando siamo nati: sia gli 85 euro lordi tanto decantati nell'intesa sindacale firmata da CGIL, CISL e UIL il 30 novembre 2016, sia la perequazione dei presidi sono solo fumo negli occhi. Per non parlare degli arretrati di cui lo 0.38% e il 1.09%, spettante rispettivamente su uno stipendio complessivo di 47mila euro per gli anni 2016 e 2017 pari a 85,5 euro per il primo anno e 241 euro nette per il secondo anno di arretrato. Oggi è una Befana tutt’altro che fruttuosa, quindi, per i nostri dirigenti scolastici. Sarebbe meglio dare il carbone a quei decisori politici e legislativi che da tempo dicono che in Italia i capi d’istituto fanno un lavoro enorme e carico di responsabilità in cambio di compensi ridicoli, salvo poi approvare incrementi vergognosamente bassi.
I famosi 85 euro di aumento, da inglobare nel rinnovo del contratto, purtroppo non riguarderanno tutti i dipendenti. Perché gli aumentidel 3,48% previsti dal 2018, secondo l'intesa sindacale del 30 novembre 2016, variano in base a qualifica e fascia di appartenenza. Il calcolo è stato fatto anche dalla rivista Tuttoscuola che perla di “sorpresa clamorosa”, perché “applicando quella percentuale del 3,48% alla posizione retributiva individuale di ogni lavoratore (la stessa percentuale applicata alla massa dei dipendenti pubblici) si ottiene un risultato lontanissimo dagli 85 euro medi di aumento mensile lordo per i lavoratori del comparto scuola”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): È assodato che il rinnovo di contratto porterà dai 57 euro lordi dei neoassunti della primaria agli 88 euro lordi dei docenti a fine carriera delle superiori, quote che si dimezzano al netto del lordo Stato e dipendente a fine anno. Quindi, rispettivamente ci fermiamo a 27 euro e 52 euro. I tanti precari della scuola saranno ancora tra i più colpiti, perché fermi a stipendio iniziale, nonostante le sentenze delle SS. UU. della Cassazione. Queste sono le cifre, punto. Perché non può essere di certo percorribile la strada di portare in busta paga le somme derivanti dai bonus 500 euro per la formazione e dal bonus merito dei docenti della Legge 107/2015. Per i fondi legati al merito, infatti, occorrerebbe agire con una modifica normativa che non compete di certo al tavolo contrattuale ma alla politica. Mentre per le somme destinate alla formazione, se è vero che portarle in busta paga farebbe diventare il bonus strutturale e non soggetto a rifinanziamento annuale, è altrettanto vero che vorrebbe dire sottoporle a tassazione, dimezzando la somma. Senza dimenticare il pericolo di vedersi pure aumentato l’orario di servizio obbligatorio.
Gli aumenti sono un bluff. A fronte del taglio illegittimo di quasi mezzo miliardo di euro del Fun degli ultimi sei anni che ha portato le Ragionerie Territoriali dello Stato a chiedere soldi indietro, la differenza di parte fissa della retribuzione di posizione sarà recuperata arbitrariamente per intero soltanto dal 2020 anche se già da disporre nel prossimo contratto ai sensi del comma 591, art. 1 della legge 205/17. Ecco perché ricorrere e recuperare fino a 43mila euro.
Per Udir, che ha depositato uno specifico ricorso al Tar contro il taglio del Fun e che contrariamente a quello che viene scritto non è stato disposto da alcuna norma di legge, la denuncia è nota: i dirigenti della scuola già prendono rispetto agli altri dirigenti dello Stato una retribuzione aggiuntiva al tabellare mediamente di 40mila euro annui inferiore. La legge 122/2010 è stata, infatti, erroneamente interpretata dall’amministrazione, laddove nel vietare aumenti stipendiali per il Miur-Mef non ha impedito il versamento dell’assegno della Ria cessata nel Fun per i dirigenti in quiescenza.
Inoltre ricordiamo la RIA che peraltro ancora dal 2001 è stata prevista per contratto soltanto per gli ex presidi, ex direttori didattici e ex presidi incaricati assunti entro quella data e che potrebbe essere ridistribuita tranquillamente agli attuali dirigenti neoassunti grazie all'utilizzo delle risorse di cui al comma 86 della legge 107/2015.
Ma l’approvazione della legge di stabilità 2018 come ampiamente annunciato da UDIR permette di aprire una stagione nuova del contenzioso sul tema della perequazione esterna di una parte della retribuzione dei dirigenti scolastici. Il diritto sancito dal comma 591 dell’articolo 1 della legge 205/17, infatti, impone già nel prossimo contratto di prevedere aumenti parziali a partire dall’ultimo anno di vigenza (2018) ma in ragione dell’unificazione delle aree avvenuta retroattivamente dal 2016, anche se il contratto è sbloccato dalla pubblicazione della sentenza della Consulta (settembre 2015). Gli aumenti poi sono discrezionalmente progressivi fino a colmare nel 2020 la differenza di 12mila euro aggiunta la comune tabellare. Ecco perché il nostro studio legale ritiene che presso il tribunale del lavoro si possa richiedere di individuare l’anno e reclamare per intero il quantum dal 1° settembre 2015, in modo da recuperare così alla fine quasi 43mila di arretrati.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Udir): A questo punto riteniamo opportuno riaprire i termini per ricorrere e colmare subito questo gap, impugnando il prossimo contratto laddove non terrà conto del diritto maturato dagli ex dirigenti dell’area V a percepire la stessa parte fissa della retribuzione di posizione degli ex dirigenti dell’area VII dal 1 settembre 2015. Già in poche settimane sono centinaia i dirigenti scolastici che hanno aderito a un contenzioso che vuole imporre già in questo contratto una prima perequazione esterna in attesa di quella generale che ammonta mediamente a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese in meno.
Se dal punto di vista teorico la doppia operazione, collocata all’interno del rinnovo del contratto, può essere condivisibile, sul piano pratico vi sono non pochi risvolti negativi. Sul bonus merito non si capisce, ad esempio, come potrebbe essere portato in busta paga un compenso accessorio soggetto oggi a valutazione discrezionale del dirigente scolastico. Per attuare un’operazione del genere, quindi, occorrerebbe agire con una modifica normativa che, come ha anche fatto osservare il presidente Aran Sergio Gasparrini, non compete di certo al tavolo contrattuale ma alla politica. Ancora meno fattibile appare la trasposizione delle somme destinate alla formazione dei docenti: se è vero che portarle in busta paga farebbe diventare il bonus strutturale e non soggetto a rifinanziamento annuale, è altrettanto vero che vorrebbe dire sottoporlo a tassazione, dimezzando la somma. La domanda allora è: vale la pena per un aumento esiguo mensile ritrovarsi con un carico di lavoro maggiore? Sicuramente no.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Per il bonus della formazione, venendo meno la possibilità di rendicontarne la spesa, si aprirebbe il personale al rischio di indurre la parte pubblica a chiedere uno scambio in termini di ore obbligatorie di formazione per aggiornamento. Mentre oggi non esiste una quantificazione. In pratica, i sindacati rappresentativi stanno provando a far passare per aumento stipendiale ciò che strutturalmente non lo è, con il rischio concreto di trasformare la proposta in un boomerang, perché potrebbe aprire la strada a un aumento di fatto dell'orario di servizio, qualora il bonus 500 euro in busta paga dovesse tradursi in ore di aggiornamento obbligatorie e quantificate. Per quanto riguarda invece il bonus merito, tanto vale chiedere l'abolizione della stessa procedura prevista dalla Buona Scuola e procedere con la redistribuzione delle somme stanziate per gli aumenti in busta paga a pioggia.
Anief proroga i termini al 10 gennaio 2018 per impugnare il bando che esclude precari, neoimmessi in ruolo, vicari non laureati con 36 mesi di servizio, che abbiano presentato domanda. Per aderire clicca qui.
Anief proroga al 10 gennaio i termini per l'adesione ai ricorsi contro il bando di concorso per diventare Dirigenti Scolastici che estromette dalla selezione il personale precario, i docenti neo-immessi in ruolo il 1° settembre 2017 o che ancora non hanno superato l'anno di prova. Prorogati i termini anche per far valere il Dottorato di Ricerca già conseguito come effettivo servizio e per la partecipazione al concorso dei docenti che hanno svolto funzioni di Vicario per 36 mesi senza il titolo di laurea. Possibile aderire entro il 10 gennaio se si è provveduto a spedire la domanda cartacea di partecipazione al concorso predisposta dall'ufficio legale Anief entro i termini stabiliti dal Miur (29 dicembre) o attraverso istanze online.