Alta l’adesione alle iniziative odierne contro la politica e la riforma che stanno affossando la categoria: dallo sciopero nazionale proclamato dall’Udir, alla partecipazione alle manifestazioni e assemblee organizzate dagli altri sindacati. La categoria si sente calpestata su più fronti, a iniziare da quello stipendiale. Bisogna poi ridurre la burocrazia crescente, recuperare di un terzo degli organici tagliati col dimensionamento degli ultimi dieci anni, fermare l’esplosione delle reggenze; modificare il Testo unico sulla sicurezza, con un capitolo specifico che finalmente riguardi anche le scuole. Oggi fare il dirigente scolastico comporta rischi elevatissimi, tanto è vero che ci sono presidi condannati ad anni di carcere e altri sotto processo con diversi capi d’imputazione. Il tutto, pur avendo le mani legate perché la gestione e l’organizzazione-manutenzione dei locali, la metà dei quali costruiti prima del 1971, spetta all’ente proprietario.
Marcello Pacifico (Confedir-Udir): i presidi non ce la fanno più a sostenere un ruolo professionale fatto di responsabilità crescenti e soddisfazioni ridotte sotto lo zero. Ascoltandoli, girando per l’Italia, abbiamo compreso che sono gli stessi dirigenti a non volere più tacere su questioni che comportano implicazioni anche di carattere penale, quali la sicurezza degli istituti, oltre alle reggenze impossibili e la mancanza di supporto da parte dell’amministrazione, che lascia i nostri presidi in prima linea ad affrontare problematiche ed emergenze quotidiane. C’è poi il problema della perequazione degli stipendi, che addirittura sta procedendo al contrario, visto che nell’ultimo periodo si è arrivati a chiedere indietro a diversi nostri presidi diverse migliaia di euro. La verità è che la misura è colma e l’adesione massiccia alla giornata di contestazione ne è la riprova.