Da parte del titolare dell’Istruzione pubblica non c’è stata alcuna risposta sulla necessità di incrementare gli stipendi: che rimarranno fermi fino al 2018. La linea del Governo è scritta nella Legge di Stabilità 2015, che conferma quella di un anno fa e fissa l’indennità di vacanza contrattuale “per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010”. Solo che tutto ha origine con il decreto 150/09, cui seguì l’assenso dei sindacati con l’accordo interconfederale del 4/2/2011 (non firmato da Flc-Cgil e Confedir) e con l’atto di indirizzo all’Aran di due settimane dopo. Il recupero degli scatti di anzianità e il finanziamento delle immissioni in ruolo sono stati così attuati in cambio di un danno ai neo-assunti, alla categoria e agli alunni.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): non si comprende perché oggi ci sia così tanto sdegno e meraviglia. Ma ora non si commetta lo stesso errore, andando pure a riformare lo stato giuridico del personale a pochi mesi dal rinnovo delle Rsu. Chi rappresenta docenti e Ata deve avere solo un obiettivo: colmare il gap, di 9mila euro, che oggi esiste a fine carriera tra un docente italiano ed un collega europeo.
“L’incontro tra i sindacati rappresentativi e il Ministro Giannini si è rivelato un flop. Rimane confermato il blocco dei contratti fino al 2018, programmato da tempo. Ma i sindacati, che oggi rilasciano dichiarazioni di meraviglia, già sapevano tutto”. A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, a seguito delle parole di meraviglia rilasciate de alcuni sindacati a seguito dell’incontro tenuto oggi al Ministero dell’Istruzione e l’approvazione delle Legge di Stabilità, nella parte in cui prevedendo il congelamento dell'indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici fino al 2018 prelude al blocco temporale parallelo di tutti i loro stipendi.
Ma questa proroga ha di fatto solo confermato quanto contenuto nella Legge 147/2013, che fissando l’indennità di vacanza contrattuale “per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010”, per la scuola addirittura al 2009, aveva di fatto indirettamente approvato la linea del blocco stipendiale: poiché l’indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, era già evidente che fino al 2017 non vi sarebbe stato alcun aumento in busta paga.
Con il comma 1 dell'Art. 21 del Titolo III della Legge di Stabilità 2014, il Governo Letta aveva quindi già prorogato al 2015 quanto previsto dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. L’Anief aveva prontamente denunciato tutto ciò già nel Documento di Economia e Finanzia di fine 2013, dove si parlava in modo chiaro dello stop di assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, “congelata” sino a tutto il 2017, per i pubblici dipendenti.
Ma la vera “madre” del lungo stop al rinnovo contrattuale ha origini più lontane: sulla scia decreto legislativo 150/09, tanto voluto dall’ex ministro Renato Brunetta, che ha legato gli incrementi in busta paga con il livello delle performance professionali, fruendo dei risparmi derivanti dal comparto, per la scuola arrivò l’accordo interconfederale del 4 febbraio 2011 (non firmato da Flc-Cgil e Confedir), premessa dell’atto di indirizzo sottoscritto all’Aran il 18 febbraio 2011, sempre in ossequio al decreto legislativo n. 150/09. Ed è attraverso quell’accordo che sono stati praticamente sacrificati i fondi da dedicare al miglioramento dell’offerta formativa per garantire gli scatti di anzianità.
Quello che deve essere chiaro è che la riforma Brunetta non sarebbe mai stata approvata senza il consenso di quegli stessi sindacati che oggi si ribellano al piano Renzi: perché sono stati loro a permettere il pagamento degli scatti del triennio successivo, riducendo il MOF, quindi il fondo d’istituto, di due terzi e consentendo la cancellazione di 50mila posti di lavoro. E questi sindacati oggi, incredibilmente, si indignano.
Con lo stessa filosofia, la necessità di realizzare gli obiettivi di invarianza finanziaria a danno della categoria, sempre loro hanno assecondato la proposta del Governo di turno, l’ultimo Berlusconi, di finanziare l’assunzione dei nuovi docenti mandando in soffitta “le posizioni stipendiali contrattualmente previste”: attraverso il Contratto collettivo di lavoro, sottoscritto il 4 agosto 2011, si è infatti sacrificata l’anzianità di servizio maturata dei neo-assunti, che per percepire il primo scatto devono oggi vantare qualcosa come 13 anni di pre-ruolo. Il passo successivo dopo la cancellazione del primo gradone stipendiale, era inevitabile, sarebbe stato l’addio agli scatti stipendiali: quello che il governo si appresta a proporre ai sindacati, nei prossimi giorni.
“Ma su quel tavolo contrattuale – spiega Pacifico – c’è anche un altro pericolo: quello di andare a rivedere lo stato giuridico del personale. Si tratterebbe di un’ulteriore scorrettezza, perché attuata a ridosso del rinnovo delle Rsu, che dovrebbe svolgersi, con ogni probabilità, nel prossimo mese di marzo. L’Anief diffida quindi i sindacati impegnati nella contrattazione a procedere a cambiamenti in itinere delle norme contrattuali, prima del rinnovo delle Rsu, riguardanti i diritti-doveri del personale docente e Ata della scuola. Sarebbe bene che tutte le energie della categoria sindacale siano piuttosto convogliate verso un adeguamento stipendiale al costo della vita, che invece da qualche anno viaggia ad una velocità decisamente più alta”.
A tal proposito, l’Anief dà pieno sostegno alla risoluzione presentata in questi giorni dall’on. Tiziana Ciprini, della XI commissione Lavoro, attraverso cui si è “ricordato come i docenti abbiano perso dal 2010 al 2014 ben 8.817 euro a testa in potere d'acquisto. A fronte – si legge nella risoluzione - di una retribuzione al di sotto della media Europea. Infatti, a inizio carriera la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria di primo grado in Italia è di 24.141 euro (circa 1.300 euro nette al mese). La media europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280 euro nella media dell'Unione europea contro 36.157 in Italia, il 25 per cento in meno che arriva al 30 per cento nella secondaria di secondo grado”.
“È mortificante – conclude il presidente Anief – che il Governo da una parte indichi nella categoria dei docenti il volano per far ripartire il Paese, ma poi in realtà, sia attraverso la ‘Buona Scuola’ che con la Legge di Stabilità, non preveda alcuna risorsa per evitare che gli stipendi dei nostri insegnanti e del personale non docente, come indicato nella risoluzione del Movimento 5 Stelle, si avvicinino pericolosamente sempre più alla soglia di povertà”.
Per approfondimenti:
Il DEF conferma il blocco degli stipendi fino al 2018
Il Sole 24 Ore: Pubblico impiego, ancora un anno di contratti bloccati