° Buona la seconda? Domani, le annunciate ‘Linee guida’
Il Consiglio dei Ministri di mercoledì 3 settembre, si occuperà di Scuola. Delle innovazioni destinate a stupire. E comunque, il premier ha dichiarato che la non certo marginale questione della copertura economica del provvedimento sarà affrontata l’anno prossimo. Il C.dei M. esaminerà un riforma? Oppure una “visione” della Scuola, insomma la concezione strategica di Renzi, confezionata entro le annunciate “Linee guida”? Il ministro Giannini funge da comprimario. Domenica scorsa, a Bologna, è stata accolta senza particolare calore alla Festa nazionale dell’Unità: “Gli applausi si sono contati sulle dita di una mano”, ha scritto il Corriere della sera. Il Corriere della sera (30 agosto 2013) ha riportato una frase di Renzi: “Nessun contrasto con la Giannini ma a volte non la penso come lei…”. La questione che la Giannini non sia del Pd non è da sottovalutare. Fin dall’insediamento di Renzi a Palazzo Chigi abbiamo evidenziato, in questa rubrica, una deriva tendenziale della linea di Renzi da quella della Giannini. Lo scorso 22 febbraio, riportammo un articolo di Lucio Ficara ( “Quale potrebbe essere il disegno sulla scuola dietro la nomina della Giannini? - La tecnica della scuola); il 29 aprile titolammo: “La passione viscerale dei ministri dell’Istruzione per le scuole paritarie”; e lo scorso 9 luglio: “Le dichiarazioni del Ministro Giannini a Radio Vaticana sono un problema per Renzi. L’accanimento del Ministro a voler dare denaro alle scuole paritarie non collima con la cultura del PD”. Adesso auspichiamo che Renzi chiarisca.
° L’articolo di Chiara Saraceno, su Repubblica, per noi è megghiu ri na fedda ri carni
Giovedì scorso, il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo della professoressa Chiara Saraceno, dal titolo “Perché nella Scuola il privato non è pubblico”. Molto, moltissimo ci conforta leggere da fonte tanto autorevole parole chiare e incisive che ci confermano nei convincimenti che abbiamo a riguardo del concetto di scuola pubblica, e che abbiamo ripetutamente espresso in questa rubrica di Aggiornamento. Di seguito, riportiamo alcune delle pregnanti affermazioni contenute nell’articolo della Saraceno, e concludiamo ribadendo il punto di vista dell’ANIEF. “Perchè nella scuola il privato non è pubblico”. Di Chiara Saraceno. “Sembra che Renzi abbia frenato lo slancio con cui la ministra Giannini, sbilanciandosi molto nel parlare alla non disinteressata platea di Cl, aveva promesso più soldi alle scuole paritarie… Ma la Giannini ha fatto di più che promettere maggiori fondi. Ha infatti affermato che occorre superare «le posizioni ideologiche» per quanto riguarda la distinzione scuola pubblica/scuola paritaria, e di conseguenza i relativi finanziamenti, per «guardare solo alla qualità». Le ha dato successivamente manforte il sottosegretario Toccafondi, che ha spiegato: «Per troppo tempo in questo Paese si è detto che la scuola era pubblica o privata. La scuola è tutta pubblica e si divide in statale e non statale». Non ci si può neppure stupire. È un processo iniziato con il maquillage linguistico, operato dal governo Prodi e dal ministro Berlinguer, che ha trasformato le scuole private, appunto, in pubbliche, per aggirare il dettato costituzionale, che ammette, e ci mancherebbe, la piena libertà di istituire scuole a organismi diversi, ma “senza oneri per lo stato”. Definita la scuola paritaria parte del sistema pubblico, il gioco sembra fatto. La scuola paritaria non solo è legittimata ad accedere ai fondi pubblici, ma a competere per essi con quella pubblica/statale. Finora ciò era avvenuto con fondi “a parte” – ancorché sempre sottratti al sistema autenticamente pubblico, anche in questi ultimi anni di tagli dolorosi. Sembra di capire che Giannini auspichi un finanziamento sistematico, regolare che non distingua più tra i due sistemi, salvo che sulla base della “qualità”. Sembra così ignorare che il dettato costituzionale non è solo una norma di tipo finanziario, ma una precisa regola di attribuzione di responsabilità. Lo Stato ha la responsabilità prioritaria di garantire un’istruzione di qualità a tutti, senza privilegiare né il ceto sociale, né particolari opzioni di valore o visioni del mondo (salvo quelle della libertà, della democrazia, della uguale dignità di ciascuno)…. Dio sa quanto ce ne sia bisogno in Italia, dove le disuguaglianze nello sviluppo delle competenze cognitive tra classi sociali e ambiti territoriali costituiscono una denuncia drammatica del fallimento dello Stato nel far fronte a quella responsabilità proprio nei confronti dei suoi cittadini più svantaggiati. … Su questi punti, e non solo sull’entità dei finanziamenti, è opportuno che Renzi e il governo facciano chiarezza, approfittando della pausa di riflessioni che si sono presi sull’argomento”. L’ANIEF considera la questione a partire dall’art.3 secondo comma della Costituzione: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”. Tra i condizionamenti che ostacolano la piena realizzazione delle potenzialità dei cittadini, e che la Repubblica ha il dovere di rimuove anche a mezzo della Scuola, v’è quello per cui, in Italia, l’abbandono e l’insuccesso scolastico incidono (dati OCSE-PISA), negli alunni i cui genitori hanno un livello modesto di istruzione e svolgono attività lavorative non specializzate, dieci volte di più (al 30% circa) che negli alunni i cui genitori hanno un elevato titolo di studio e svolgono attività professionali. L’iniziativa privata nell’Istruzione e nella Formazione è da intendersi come servizio pubblico, a norma della legge n.62/2000, ed è costituzionalmente prevista come lo è la libera scelta dei cittadini che vogliano avvalersene; previsione stabilita nei limiti dell’art. 33 comma 3 Cost. ("Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato"). Pertanto, a guardare la questione sine ira et studio, non si può non convenire su ciò: se non si procede a revisione dell’art. 3 e dell’art.33 della Costituzione, nessun provvedimento governativo è legittimo che accolli alla collettività la scelta di chi preferisce i servizi delle scuole paritarie. Aggiungiamo: Lo Stato forma il personale e lo seleziona secondo regole tassative (che comportano, per gli aspiranti all’insegnamento, un lunghissimo periodo di precariato: anche 10 e più anni). I gestori delle scuole private che vogliano assumere il personale in modo discrezionale (non rispettando la collocazione che gli abilitati hanno nelle graduatorie statali, e sovvertendo così la meritocrazia), questa scelta devono semplice-mente pagarsela con i proventi delle rette degli utenti. Non c’è imprenditore che sia esentato da questo onere, nel retribuire i dipendenti che sceglie. Occorre anche tenere presente che le centinaia di migliaia di alunni che, per legittima scelta, frequentano le scuole paritarie, di fatto assottigliano il numero delle cattedre statali contribuendo indirettamente a dilazionare negli anni l’assunzione degli insegnanti che ne hanno titolo e che vengono scavalcati nell’accesso al lavoro dal personale che è stato “preferito” dai gestori privati. Consideriamo, infine la questione dei contratti di lavoro. Sarebbe ovvio che le scuole riconosciute dallo Stato come “paritarie” dovessero assumere gli insegnanti con contratti di lavoro subordinato, poiché sono i soli contratti idonei a regolarne funzioni, quali: - l’obbligo di attività di insegnamento per un numero di ore stabilite e calendarizzate; - l’obbligo di attività funzionali all’insegnamento previste dagli ordinamenti scolastici, alcune delle quali da esercitare in forma collegiale; - la necessità che l’attività didattica del singolo insegnante abbia a riferimento gli indirizzi organizzativi ed educativi delineati nel POF; - la necessità del coordinamento della funzione docente con poteri inderogabili del d.s., quali sono quelli di direttiva amministrativa, di impulso alla didattica e indirizzo delle attività, di coordinamento organizzativo. Si è chiesto, il ministro Giannini, perché mai gli insegnanti delle scuole paritarie saltino nelle scuole statali non appena possibile, cioè non appena abbiano racimolato il punteggio che consenta di ottenere un contratto dallo Stato? Non dovrebbe, forse, il Ministro scoperchiare il pentolone delle retribuzioni e dei contratti (a volte, contratti “a progetto”)? E valutare se è eticamente giusto, giuridicamente legale e corretto amministrativamente che insegnanti precari debbano, per necessità di racimolare punti, svendere la libertà – costituzionalmente sancita – di insegnamento e rinunciare a tutele contrattuali? Valutazioni e proposte, queste nostre, che fanno fatica a farsi strada nella mente dei decisori politici, ma contiamo sul fatto che possa fare breccia l’articolo della Saraceno.