Un docente precario che insegna nelle nostre scuole dovrà attendere almeno 3-4 anni, fino al 2020, per partecipare al nuovo concorso a cattedra previsto dall’Atto n. 377. E poi dovranno passare altrettanti anni prima di vederlo in cattedra, sempre che venga reputato idoneo. Ammesso che vinca la selezione pubblica, il candidato all’insegnamento nella scuola pubblica sarà infatti chiamato a frequentare un corso abilitante, abbandonare la supplenza come docente a tempo determinato per riavere la stessa supplenza con stipendio dimezzato. Dopo di che, ritornare a fare il docente dopo sei anni con stipendio iniziale senza scatti di anzianità, mentre i vincitori saranno formalmente stabilizzati solo nel 2024. E nel frattempo? Decine di migliaia di cattedre andranno a supplenza annuale, malgrado vi siano altrettanti docenti abili e arruolati, perché ci sono diverse classi di concorso esaurite, senza cioè, infatti, più candidati da GaE e graduatorie di merito.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non si può andare avanti così. Con decine di migliaia di posti liberi o che in prospettiva si libereranno, destinati ad andare a supplenza annuale, e altrettante decine di migliaia di docenti abilitati, dopo apposita selezione e formazione universitaria analoga alle Ssis, che vengono lasciati nelle graduatorie d’istituto. È ora di finirla: la stessa legge delega parla di fase transitoria? Allora si agisca, mandando in cattedra chi si è formato e ha dimostrato di saper fare questo mestiere. Anche perché certi ostruzionismi non sono più tollerati dai giudici nazionali e non, che a fronte dell’ennesimo blocco dei precari storici saranno chiamati a esprimersi. E visti i precedenti degli ultimi anni, al Miur costerebbe davvero caro.