° Cultura scientifica: finanziamento alle scuole e a soggetti pubblici e privati
L’Ufficio Stampa comunica che il MIUR ha stanziato contributi (quasi 4 milioni) per il progetto: “Iniziative per la diffusione della cultura scientifica”.
“I soggetti ammessi al finanziamento dovranno promuovere l'informazione e la divulgazione scientifica e storico-scientifica anche attraverso mostre, convegni, realizzazioni editoriali e multimediali, favorire l'attivazione di nuove Istituzioni e città-centri delle scienze e delle tecniche, incentivare le attività di formazione ed aggiornamento professionale richieste per la gestione dei musei, città-centri delle scienze e delle tecniche. Le scuole dovranno promuovere momenti di contatto fra mondo della Ricerca, Università e studenti per rendere questi ultimi concretamente consapevoli del ruolo chiave delle scienze e della tecnologia nella vita quotidiana e avvicinarli agli studi scientifici. Sono previsti anche il rafforzamento delle attività di laboratorio e lo sviluppo di ricerche e sperimentazioni delle metodologie migliori per rendere più efficace la didattica della scienza, con particolare attenzione all’utilizzo di nuove tecnologie. Le domande potranno essere presentate a partire dal 14 luglio e fino alle ore 16.00 del 10 settembre attraverso il portale Sirio (http://roma.cilea.it/Sirio)”. Bando, guide e il fac-simile delle domande, su: http://attiministeriali.miur.it/anno-2014/luglio/dd-01072014.aspx
° I «quota 96» possono sperare
In base a una dichiarazione del presidente della Commissione bilancio, on. Boccia
Sembra che la Ragioneria Generale dello Stato abbia individuato la possibile copertura per il riconoscimento dei diritti di circa 4000 professori penalizzati dalla Legge Fornero sulle pensioni. I 416 milioni di euro (necessari, in cinque anni) ci sarebbero e ciò consentirebbe al Governo di accogliere un emendamento alla riforma della Pubblica amministrazione per risolvere il caso. La Riforma Fornero escluse inopinatamente, dall’accedere alla quiescenza, alcuni insegnanti con 36 anni di contributi + 60 di età: non teneva conto del fatto che l’anno lavorativo per i dipendenti della scuola termina il 31 agosto ! Nello stile del (finto ?) distratto Governo Monti.
° Le domande di utilizzazione dei docenti dovranno essere tutte inoltrare on line
A breve la Circolare Miur esplicativa
Gli insegnanti della Scuola dell’infanzia e Primaria potranno farlo tra l'11 ed il 21 luglio; gli insegnanti della Scuola secondaria, tra il 24 e il 31 luglio. (Fonte: latecnicadellascuola – 2 luglio 2014)
°Ripetenze nella Scuola italiana
Un dossier di Tuttoscuola reca dati, analisi e proposte su come affrontare il problema
- Bocciature: “Gli ultimi dati pubblicati dal Miur si riferiscono a tre anni fa, quando i bocciati tra scrutini di giugno e quelli di agosto/settembre nelle superiori (5° anno escluso) furono oltre 318 mila su 2.108.146, pari al 15,1%... Il punto di maggiore criticità si è avuto nel 1° anno di corso con il 21,7% di respinti (oltre 130mila studenti); nel 2° anno di corso è stato del 13,2% (70mila respinti), nel 3° anno del 12,6% (64mila respinti) e nel 4° anno del 10,6% (50mila).
-Rimedi: “Una serie di proposte a partire da una decisa azione di contrasto contro le bocciature nei primi due anni di scuola secondaria superiore, attraverso da un lato piani di studio più flessibili e personalizzati e dall’altro corsi di recupero obbligatori pomeridiani ed estivi”.
- Da che cosa dipendono le bocciature? Il punto di vista di Tutto Scuola: “Da un modello pedagogico-valutativo tradizionalmente centrato sull’idea che gli studenti debbano necessariamente raggiungere determinati standard di apprendimento in una serie di discipline per essere ammessi all’anno successivo. Ed è dunque questa l’idea che va messa a nostro avviso in discussione, anche alla luce del più recente dibattito nei campi della psicologia dell’educazione, delle scienze cognitive e delle neuroscienze, teso a riconoscere e valorizzare la multiformità delle intelligenze.… Vanno pensate modalità che portino gli studenti a colmare in tempo le proprie lacune e che valorizzino i talenti dei giovani, dove ci sono, anche in presenza di altre lacune non del tutto colmate”. (Fonte: tuttoscuola – 30 giugno 2014)
° Notizia ufficiosa: le graduatorie ATA d’istituto di III fascia rimandate a settembre
Riportiamo da Alessandro Giuliani (Latecnicadellascuola.it, 02/07/2014)
“… trattare a luglio e agosto le pratiche dei tanti aspiranti assistenti amministrativi, tecnici ed ausiliari avrebbe determinati seri problemi alle segreterie scolastiche. E anche dopo l’estate la Flc-Cgil vorrebbe che se ne occupassero gli UST, Uffici scolastici territoriali… “.
Dal Cantiere Scuola del PD, in corso a Terrasini, il rappresentante del Governo ritratta quanto espresso il 2 luglio: so cosa vuol dire stare in trincea con alunni che spostano a scuola i problemi che non trovano riscontro a casa, stiamo costruendo la proposta a livello di Governo e ciò che chiediamo a docenti e sindacati è di ‘venirci incontro’. Anief raccoglie la proposta di Reggi, ma ad un patto: prima adegui gli stipendi sui livelli dell’area Ocde, recuperando per quel 30% in meno che oggi guadagnano i nostri docenti. Questo significa ridare loro dignità.
Con l’intervista a Repubblica del 2 luglio, il sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, intendeva solo spiegare che occorre “ridare dignità ad una professione che deve essere recuperata”, mentre non c’è nessun intendimento del Governo ad imporre 36 ore di servizio a tutti gli insegnanti. A dichiaralo è lo stesso Reggi, nel corso di un intervento alla Città del Mare di Terrasini, dove oggi si è concluso il Cantiere Scuola del PD.
“L'impegno del Governo – ha detto Reggi - è finalizzato al recupero di questa figura. Mai mi son sognato di dire di aumentare il tempo dell'insegnamento. So cosa vuol dire stare in trincea con alunni che spostano a scuola i problemi che non trovano riscontro a casa. Nella mia intenzione c'era di dire valorizziamo il tempo che si sta a scuola. Tanti ci stanno già 36 ore e vengono valorizzati come quelli che non ci stanno e questo non va bene. Sminuisce l'intervento di questi insegnanti e non consente di avere un modello di riferimento da imitare. Col segno di poi la potrei ridire così: saranno riconosciute le attività a scuola fino ad un massimo di 36 ore”.
Reggi ha aggiunto che la formazione “dovrà diventare permanente e non facoltativa: a fianco alle 18 ore devi avere del tempo e delle opportunità di formazione permanente garantite. Altri momenti dovranno essere quelli dedicati all'organizzazione della scuola, quelli in cui si incontrano gli insegnati, quelli dedicati agli studenti in difficoltà. Questa è una proposta che stiamo costruendo a livello di Governo e ciò che chiediamo a docenti e sindacati – ha concluso - è di ‘venirci incontro’”.
Anief risponde a Reggi che c’è disponibilità a venire incontro alla richiesta del Governo. “Ma prima – sottolinea il presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, Marcello Pacifico – occorre allineare gli stipendi di tutto il personale della scuola, ormai fermi da cinque anni. Qualsiasi rinnovo contrattuale non può prescindere da questo: oggi un docente della scuola superiore va in pensione con 8mila euro in meno rispetto ad un collega dell’area Ocde. Che corrisponde ad un 30% in meno”.
“E questo avviene, lo dicono i rapporti internazionali, a parità di attività e prestazioni. Solo in questo modo sarà possibile ridare dignità a dei professionisti che negli ultimi due anni si sono visti corrodere lo stipendio dall’inflazione di oltre 4 punti percentuali. Successivamente a questo - conclude Pacifico - saremo di certo disponibili e parlare di merito e di indennità aggiuntive”.
Anief è contraria, perché sempre meno diplomati che escono dalle superiori continuano il percorso formativo all’Università: quasi 200mila giovani rischierebbero ogni anni di diventare nuovi Neet. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la vera riforma dei cicli passa per l’estensione dell’obbligo formativo sino alla maggiore età. Siamo d’accordo, invece, sul potenziamento dell’apprendistato, ma a patto che ai tirocinanti venga assegnata una retribuzione minima.
Dal Cantiere scuola, in corso a Terrasini, il Partito Democratico sta discutendo anche della riforma dei cicli scolastici: l’obiettivo è soprattutto quello ridurre l’alta percentuale di giovani che lasciano i banchi prima di arrivare al diploma di maturità. Il dibattito si sta concentrando sull’ipotesi di accesso anticipato di un anno all’Università, come avviene già in alcuni Paesi moderni. In tal caso, però, la scuola superiore si ridurrebbe a quattro anni anziché cinque. Allargando a tutti gli istituti italiani la sperimentazione, autorizzata dal Miur, oggi in atto in alcun scuole superiori statali e parificate.
Anief ritiene che riducendo il percorso della scuola superiore non si risolleverà il livello dell’offerta formativa, né tantomeno si risolverà il problema dell’abbandono scolastico: in questo modo non si farebbe altro che anticipare di un anno l’uscita dal percorso formativo di quasi mezzo milione di studenti. Ma poiché sempre meno diplomati, poco più della metà, continuano il percorso formativo all’Università, buona parte dei 200mila giovani rimanenti rischierebbero di diventare nuovi Neet: considerando le difficoltà oggettive nel trovare un impiego, questi ragazzi avrebbero alte possibilità di aggiungersi ai 2 milioni e 200mila giovani che, come ricordato in questi giorni da un’ampia ricerca di Tuttoscuola, costano allo Stato italiano “32,6 miliardi di euro l’anno”.
“La mossa vincente per ridurre il numero di giovani che non studiano e non lavorano – dichiara da Terrasini Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – rimane l’estensione dell’obbligo formativo sino alla maggiore età: i ragazzi e le famiglie devono essere accolti nelle nostre scuole per tutta la durata degli studi superiori. Bisogna fare attenzione ad introdurre riforme dagli effetti incerti”.
Decisamente più utile sarebbe l’idea, prospettata sempre nel corso dei convegni in svolgimento alla Città del Mare di Terrasini, di introdurre un apprendistato più “spinto”, sulla scia di quelli attuati in altri Paesi ma anche nella nostra provincia autonoma di Bolzano. “È una soluzione che il nostro sindacato sta caldeggiando da tempo – dice ancora Pacifico – perché per alzare le percentuali di assunzioni tra i giovani occorre prima di tutto produrre diplomati già specializzati e con un minimo di esperienza professionale acquisita. Sia ben chiaro, però, che tutti i tirocini presso le aziende dovranno prevedere un minimo di retribuzione per i giovani che li condurranno”.
Durante gli interventi tenuti a Terrasini, si è parlato anche di riforma delle classi di concorso degli insegnamenti. A tal proposito, Anief ricorda che qualsiasi intervento in questa direzione deve tenere conto delle competenze dei docenti. “Occorre inoltre ripensare le discipline di insegnamento sulla base del tessuto economico del Paese, prendendo come riferimento le professionalità richieste dal territorio. Il sindacato, ribadisce, infine la necessità di prevedere organici di personale maggiorato, sia di docente che di Ata, nelle zone d’Italia dove – conclude il sindacalista Anief-Confedir - è maggiore il rischio dispersone scolastica e dove latitano i servizi di supporto ai cittadini”.
Per approfondimenti:
Gli studenti che abbandonano la scuola diventano ‘fantasmi’: 3 su 4 sono Neet infelici
La proposta è stata presentata a Terrasini (Palermo) dall’on. Simona Malpezzi (PD), componente della VII Commissione Cultura alla Camera: nel biennio finale sarebbe compreso anche il tirocinio abilitante, affidato a docenti ‘senior’. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): proposta condivisibile, anche se servono maggiori certezze per tutti coloro che conseguono le lauree specializzanti e abilitanti all’insegnamento. D’accordo anche sui docenti esperti che diventano formatori dei giovani prof.
I giovani che intendono diventare insegnanti dovrebbero acquisire l’abilitazione direttamente durante un nuovo percorso universitario magistrale, che sarebbe costituto da 3 anni iniziali disciplinari, come avviene oggi, e successivamente da 2 anni di specializzazione. Nel corso del biennio finale sarebbe compreso anche il tirocinio abilitante. La proposta giunge dal Cantiere scuola del Partito Democratico, in corso a Terrasini, vicino Palermo.
A prospettarla ai 300 docenti e dirigenti presenti è stata Simona Malpezzi (PD), componente della VII Commissione Cultura alla Camera: il tirocinio, ha spiegato la parlamentare, si svolgerebbe nelle scuole e verrebbe affidato ad insegnanti “senior”, vicini alla pensione e che in questo modo potrebbero mettere a disposizione delle giovani leve la loro lunga esperienza dietro alla cattedra. I docenti abilitanti avrebbero quindi accesso ai nuovi concorsi a cattedra, che avrebbero cadenza biennale e sarebbero a numero rigorosamente chiuso: verrebbero programmati dopo aver verificato i posti effettivamente liberi nelle varie province e discipline, in modo da non produrre più vincitori 'idonei' da assumere nel corso degli anni.
“Riteniamo la proposta dell’on. Malpezzi condivisibile – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, presente a Terrasini – anche se servono maggiori certezze per tutti coloro che conseguono le lauree specializzanti e abilitanti all’insegnamento. Chi non vincerà il concorso a numero chiuso, comunque abilitato dallo Stato, dove verrebbe collocato? La logica dice su graduatorie aggiuntive alle attuali GaE. Con collocazioni, per le supplenze annuali e per il ruolo, praticamente uguali a quelle di chi sta oggi nelle graduatorie ad esaurimento”
“Apprezziamo anche l’idea del docente ‘senior’, cui affidare la formazione finale degli abilitandi: è una proposta che l’Anief ha presentato da tempo, perché servirebbe a trasmettere ai giovani docenti la professionalità e la preziosa esperienza di chi ha svolto il mestiere di insegnante per decenni. E nel contempo permetterebbe a chi è vicino alla pensione di ridurre il carico di lavoro e le possibilità di incorrere nel burnout, presente a livelli altissimi – conclude Pacifico - tra chi svolge questa professione ed ha attorno ai 60 anni di età”.
Per approfondimenti:
Reclutamento docenti il PD vuole 3+2. Tirocinio affidato ai docenti senior e concorso biennale
A Terrasini prende quota la proposta Malpezzi 3 + 2
Importante aver presentato la domanda per l’inserimento nella II fascia delle G.I. entro il 23 giugno. L’azione si rende necessaria dopo che un ricorso promosso da altri sindacati al Tar Lazio sulla tabella di valutazione dei titoli, se accolto, potrebbe per due anni vietare l’ingresso dei docenti abilitati con i PAS alle supplenze. Adesioni on line sul portale Anief fino al 31 luglio.
Sono coinvolti tutti i docenti che hanno seguito il consiglio del sindacato Anief di presentare domanda di iscrizione con riserva in II fascia G.I., nonostante fossero consapevoli che non avrebbero conseguito il titolo entro il 31 luglio. Il D.M. 375 del 6 giugno 2014, infatti, dispone che saranno cancellati dalle graduatorie di seconda fascia se non conseguiranno il titolo, ma per il sindacato Anief non è così.
Infatti, se dovesse passare la linea secondo cui il D.M. 131/2007 sia da considerare il Regolamento cui attingere per la disposizione delle suddette graduatorie, poiché lo stesso parla di aggiornamento biennale, l’unica spiegazione delle finestre sarebbe legata allo scioglimento della riserva ogni qual volta, di semestre in semestre, si ottiene il titolo. Per questa ragione, visti anche i termini di scadenza, risulta necessario fin da subito attivare tutte le procedure legali perché chi sta frequentando o frequenterà PAS, Scienze della Formazione Primaria o i corsi di sostegno e conseguirà il titolo dopo il 31 luglio, possa permanere come iscritto con riserva nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto e sciogliere la stessa alla fine del semestre.
Clicca qui per andare alla pagina delle adesioni
Tuttoscuola: dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni in buona misura si sono perse le tracce. L’andamento è confermato sul breve periodo: dei 180mila studenti che hanno lasciato i banchi nel 2012, di almeno 110mila non si hanno notizie sul fronte formativo o professionale. E il costo sociale è altissimo: 32,6 miliardi di euro l’anno. Secondo l'Istituto Toniolo nel 75% dei casi non sono felici: vivono una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani. Le priorità sono un orientamento scolastico migliore, l’estensione dell’obbligo fino a 18 anni e una vera riforma dell’apprendistato che migliori il collegamento tra scuola e privato.
Il fenomeno crescente dei Neet, gli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (uno su quattro di quella fascia di età), ha le sue radici principali nell’abbandono scolastico: il dato emerge dal dossier ‘Dispersione nella scuola superiore statale’ realizzato dalla rivista Tuttoscuola e reso pubblico in questi giorni. “Dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni – si legge nel rapporto – in buona misura sono diventati Neet: solo circa 700 mila di quei 2,9 milioni di ragazzi (cioè 1 su 4) ha continuato gli studi fuori dalla scuola statale o ha trovato lavoro”.
L’andamento è confermato anche sul breve periodo: “si può calcolare – spiega Tuttoscuola – che di quei circa 180 mila studenti dispersi che nel 2012 hanno lasciato in anticipo i percorsi statali di istruzione, accontentandosi della semplice licenza media, 5-8 mila hanno lasciato dopo il conseguimento della qualifica negli istituti professionali/istituti d’arte, 50-60 mila sono passati a istituti non statali o a corsi di formazione professionale, ma i restanti 110-120 mila non hanno continuato alcun percorso formativo e risultano effettivamente dispersi”.
Gli ultimi dati Istat, riferiti sempre all’anno 2012, dicono che la situazione è sopra il livello di guardia: “in Italia la quota di Neet è di molto superiore a quella della media europea (23,9 e 15,4 per cento rispettivamente), e va dall’11,6% della provincia di Bolzano al 37,7% della Sicilia (dati): l’incidenza dei Neet in Italia è significativamente più alta rispetto ai principali paesi europei quali la Germania (9,7 per cento), la Francia (14,5 per cento) ed il Regno Unito (15,5 per cento) e più simile a quella della Spagna (21,1 per cento)”.
Per lo Stato italiano “il costo sociale è enorme: secondo Confindustria è stimabile in 32,6 miliardi di euro l’anno, e se questi giovani inattivi entrassero nel sistema produttivo nazionale si guadagnerebbero più di 2 punti di Pil. Il divario – continua Tuttoscuola – nasce proprio dall’elevato numero di ragazzi che non completa il percorso secondario superiore, oltre che dalla debole capacità del mercato di lavoro di assorbire giovani, tanto più se non qualificati”.
Del resto, quello del mancato conseguimento della maturità è un problema endemico: nel 2011 solo il 56 per cento della popolazione italiana nella fascia di età 25-64 aveva concluso un ciclo di scuola secondaria superiore, contro il 75 per cento della media Ocse: il divario rimane, ancorché più contenuto, anche tra le coorti più giovani (71 contro 82 per cento nella fascia di età 25-34 anni), come ha ricordato di recente il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
Inevitabile la conclusione dei ricercatori: se è difficile trovare lavoro per chi ha raggiunto solo il diploma secondario superiore (il 28% rimane disoccupato), figurarsi quali sono le prospettive di coloro che neanche ci arrivano, non a caso ben il 45% di coloro che sono in possesso della sola licenza media sono disoccupati.
Questi ragazzi che non studiano e non lavorano, inoltre, sono anche molto più infelici dei loro coetanei: a sostenerlo, sempre in questi giorni, è stato il Rapporto Giovani, indagine curata dall'Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e condotta tra fine 2013 e inizio 2014 su un campione di 2.350 giovani di età 19-29 anni: mentre i "non Neet" si dichiarano abbastanza o molto felici in misura di tre su quattro, tra i Neet il valore precipita. Oltre uno su tre tra le donne e quasi uno su due tra gli uomini si dichiara per nulla o poco felice.
Secondo Alessandro Rosina, tra i curatori di questa seconda indagine, “nel perdurare della crisi economica, in combinazione con la cronica carenza di politiche attive, questo segmento della popolazione rischia non solo di allargarsi sempre di più ma anche di scivolare sempre più in profondità in una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. La politica, soprattutto su questa fascia di giovani, deve agire in tempi brevi e in modo incisivo".
Per frenare questo andamento, ormai cronico, Anief è sempre più convinta che il Governo italiano debba intervenire con forza per convertire a tempo indeterminato tutti i contratti a termine superiori ai tre anni, nel rispetto della direttiva comunitaria. Nel nostro Paese si sono penalizzati anche coloro che hanno investito negli studi: è esemplare quanto sta accadendo nella scuola, dove ci sono circa 150mila docenti precari nelle graduatorie ad esaurimento, di cui la gran parte con oltre 36 mesi di servizio alle spalle. Non ci dobbiamo scandalizzare, poi, se nell’ultimo decennio il numero di immatricolati alle università è sceso da 338mila a 269mila studenti, ovvero del 20,6 per cento in meno rispetto al 2003. Il blocco del turn over e dei salari ha fatto il resto.
“Purtroppo, in Italia stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir –, le cui decisioni devono essere bene indirizzate attraverso un orientamento scolastico all’altezza. Soprattutto nelle aree a più rischio abbandoni. Serve poi l’estensione dell’obbligo formativo sino a 18 anni, con l’avvio anticipato a 5 anni. Ma anche l’approvazione di una vera riforma dell’apprendistato, che coinvolga i giovani a partire dai 15 anni e crei delle forme di alternanza scuola-lavoro nel triennio finale delle superiori”.
“Un maggiore collegamento con le aziende permetterebbe ai nostri ragazzi, come avviene in Germania, di specializzarsi prima di avventurarsi nella ricerca del lavoro. Anche perché la crisi ha messo alle strette anche il comparto privato: stretto tra riduzione del volume di affari, tassazione record e mancati pagamenti da parte dell’amministrazione pubblica, le aziende non riescono più a garantire – conclude il rappresentante Anief-Confedir – quel ricambio generazionale lavorativo necessario per togliere i nostri giovani dalla condizione di Neet”.
Per approfondimenti:
www.ilsussidiario.net/News- 28 giugno 2014
"SCUOLA/ Reggi: non può più essere un ammortizzatore sociale”
░ L’intervista di Federico Ferraù(ilsussidiario.net) al sottosegretario Reggi, già vicepresidente nazionale dell'Anci e nel 2012 coordinatore della campagna elettorale diRenzi. La Giannini gli ha conferito deleghe importanti: edilizia scolastica, autonomia, reclutamento del personale, valutazione. Nel ragionamento che propone, in sede di intervista, si nota qualche contorcimento sospetto (strumentale ?), qual è il seguente: “Quello che chiedono gli insegnanti è una tregua, dicono chiaramente di non poterne più di riforme che si susseguono a cambiare continuamente le cose … Serve consolidare, possibilmente migliorandole, tante situazioni come, ad es., l'autonomia prevista dalla legge Berlinguer, che va attuata fino in fondo,dandole le gambe e le risorse per poter correre. Se lo facessimo avremmo realizzato la più grande riforma che il Paese attende nella scuola”. Strano modo di consolidare il personale statale che non ne può più, e guarda qual è il primo esempio sulla lingua (un chiodo fisso ?). E l’intervistatore non è da meno:“Per essere espliciti: come vede l'assegnazione annuale di un budget complessivo, a tutte le scuole statali e non statali, su parametri fissi omnicomprensivi senza vincoli di destinazione, con il quale ogni scuola provveda alla realizzazione dell'offerta formativa, con un severo controllo annuale sull'utilizzo delle risorse assegnate?”. Un severo controllo… Tipo EXPO e MOSE ?!?!
D. Sottosegretario Reggi, la carriera dei docenti dev'essere legata al merito, questo la Giannini lo ha detto… A che punto siamo?
R. Soltanto attraverso una buona classe di insegnanti si può migliorare la scuola, per questo investire sulla qualità dei docenti è il punto di partenza. Ancor prima viene quindi la qualità del personale che assumiamo. Occorre verificare la reale capacità di fare gli insegnanti, perché conoscere la teoria non basta. E poi investire sulla formazione in servizio, che a mio avviso dovràprogressivamente divenire obbligatoria.
D. Le prove Invalsi valuteranno direttamente l'operato degli insegnanti?
R. No… Sono uno strumento di misurazione di un trend di apprendimento, non di valutazione dell'operato dei docenti… Le prove – nel quadro del nuovo S.N.V. che partirà a settembre,intendono dare loro e alle scuole strumenti utili a mettere in atto un eventuale piano dimiglioramento…. Dall'intervento sui laboratori,là dove un apprendimento tecnico-scientifico è particolarmente scarso, alla decisione di attivare percorsi per attuare una didattica più efficace; da una maggiore attenzioneall'inclusione, ad un maggiore utilizzo della progettazione in team.
D. Della rivalutazione della carriera dei docenti in base al merito ?
R. Il cantiere del ministero elaborerà una proposta, che verrà messa in consultazione… La carriera di dirigenti e docenti non sarà piùsolo legata all'anzianità… ma valuterà lecompetenze acquisite e la formazione, nonché l'impegno nelle attività complementari alla didattica. Penso che oggi sia un diritto anche degli insegnanti farsi valutare, pretendere una formazione continua obbligatoria, altrimenti siamo condannati al sistema attuale, dove chi si impegna, studia e si aggiorna è retribuito esattamente come chi queste cose non le fa….Siamo chiamati a dare stabilità alla scuola. In questi anni la scuola ha subìto continui tagli e soprattutto è stata gravata di incertezze che hanno impedito la programmazione del lavoro e l'attuazione dell'autonomia scolastica. La prima cosa da fare ora è dare stabilità di risorse umane ed economiche, superando la logica dell'emergenza che ha segnato l'amministrazione.
D. Reclutamento dei docenti e Tfa: la situazione è caotica, sfilacciata.
R. Lo so bene, c'è un'incredibile sovrapposizione di norme. È una disgrazia cheassorbe la metà del nostro tempo. Anche a queste persone dobbiamo dare maggiori certezze di una ragionevole stabilità delle modalità con cui formiamo e selezioniamo chi dovrà fare uno dei mestieri più importanti: costruire il futuro dei nostri figli e quindi del Paese.
D. La tentazione di azzerare tutto e fare una legge quadro, non l'avete?
R. Quello che chiedono gli insegnanti è una tregua, dicono chiaramente di non poterne più di riforme che si susseguono a cambiare continuamente le cose. Quando dicevo cheoccorre stabilità intendevo…, consolidare, possibilmente migliorandole, tante situazioni. Ad esempio, l'autonomia prevista dalla legge Berlinguer, che va attuata fino in fondo,dandole le gambe e le risorse per poter correre. Se lo facessimo avremmo realizzato la più grande riforma che questo paese attende nella scuola.
D. Parla di autonomia finanziaria?
R. Intendo l'autonomia di gestione, ad esempio attraverso l'organico funzionale. Le faccio l'esempio dei bambini di etnie diverse e alunni con disabilità. Sono richiesti interventi particolarmente impegnativi, ma i vincoli di risorse umane ed economiche e contrattuali impediscono un utilizzo flessibile delpersonale e un contrasto serio del disagio.
D. Ma c'è una disponibilità vostra a investire sull'autonomia finanziaria? Per essere espliciti: come vede l'assegnazione annuale di un budget complessivo, a tutte le scuole statali e non statali, su parametri fissi omnicomprensivi senza vincoli di destinazione, con il quale ogni scuola provveda alla realizzazione dell'offerta formativa, con un severo controllo annuale sull'utilizzo dellerisorse assegnate?
R. …Il modello che mi ha presentato lei sarebbe efficacissimo in alcune zone del paese, ma creerebbe enormi diseguaglianze in altre, dunque non va bene. Quello che conta è garantire l'autonomia, certamente, ma attraverso una coordinamento che deve essere in capo allo Stato. Altro è la parità scolastica, che vogliamo assolutamente tutelare nel nome del principio di sussidiarietà a noi moltocaro….Autonomia massima sì ma secondo criteri di valutazione e standard di qualità che devono essere comuni. Un genitore ovunque mandi il figlio deve avere la garanzia di un livello di qualità da tutto il pubblico e da tutto ilprivato…..
D. Uno dei problemi più gravi dell'amministrazione scolastica è dato dai ricorsi. Alcuni sindacati per esempio impugneranno il Tfa perché privo dei pareri dilegge di Cnpi e Cnam… Come pensate di fermare la valanga?
R. Invito quella parte del sindacato che vuole la battaglia giuridica a spostare il confronto sul piano dei contenuti. Un ministero che si occupa solo di ricorsi non fa bene alla scuola, ma non fa bene nemmeno al sindacato che ha a cuore il bene della scuola. Del Cnpi, organo che non si è riunito da un anno e mezzo, mi pare che nessuno senta la mancanza.
D. C'è chi vuole dare la Scuola in mano ai giudici. Che vantaggio hanno ? Evidentemente quello di sanare per legge, attraverso le sentenze, una miriade di situazioni di fatto.
R. Lo so, è chiaro che lo scopo è questo, ma credo che viviamo un tempo in cui questa situazione non è più possibile. Ora dobbiamo mettercela alle spalle. E possiamo farlo solamente insieme….
www.corrieredellasera.it - 28 giugno 2014
"Gli abusivi della cattedra”
░ E’ diventata una sindrome e la spiegazione non sappiamo darla. Va cercata nella sfera subliminale ? In quella degli affari ? Nella incompetenza ?. Fatto è che magistrati,psicopedagogisti, genitori, non c’è chi non si creda competente in materia scolastica. Come insegnare e quali criteri docimologici i docenti debbano adottare lo stabiliranno, di volta in volta i genitori degli studenti vittime della scarsa professionalità degli insegnanti, o gli esperti INVALSI o i magistrati amministrativi, e il ministro provvederà a inviare gli esperti INDIRE a riqualificare gli insegnanti che non diano buona prova di sé. Occorre, però, che questi competenti di Scuola abbiano un requisito: non devono appartenere alla categoria degli insegnanti; guai se si scoprisse che uno di questi, genitore, giudice, psicopedagogista che sia, ha conseguito (in un passato di follia) l’abilitazione o ha vinto il concorso a cattedra; se, poi, ha prestato servizio di insegnamento, ha perso ogni competenza.
Sono ancora i professori ad avere la responsabilità pedagogica dell’insegnamento nelle nostre scuole? È in fondo questa la domanda che nasce dalla lettura di una recente sentenza del Tar del Lazio, che ha annullato la bocciatura di uno studente di un liceo classico romano il quale aveva riportato alcune pesanti insufficienze: 3 in matematica, 4 in fisica, 3 in storia dell’arte. Al di là delle motivazioni più tecnico-giuridiche della sentenza, spicca il rimprovero del Tar agli insegnanti per non avere adeguatamente valutato la preparazione complessiva dello studente, all’interno della quale — secondo i giudici amministrativi — un 3 in matematica e un 4 in fisica sarebbero meno gravi trattandosi di un liceo classico. Anche a prescindere dall’opinione che si può avere su un’argomentazione del genere (personalmente, la reputo una sciocchezza), a lasciare di stucco è il fatto che in questo modo il Tar salga, letteralmente, in cattedra. Finisce infatti per sostituirsi agli insegnanti in quell’attività chiave della loro funzione pedagogica che consiste nella valutazione di uno studente: una valutazione che può fare a ragion veduta (o almeno così credevamo) solo chi lo abbia avuto in classe per un anno scolastico. Una sentenza del genere va inserita in quella tendenza generale — comune a tutti gli Stati democratici contemporanei, ma in Italia più accentuata che altrove — che vede la magistratura amministrativa (e non solo) intervenire in un numero sempre maggiore di ambiti della vita sociale, dagli scrutini scolastici alle cure mediche. È il fenomeno che il politologo Alessandro Pizzorno ha definito come «resa dell’autorità sociale alla legge» (Il potere dei giudici , Laterza): in sostanza, le figure che un tempo fissavano regole e le facevano rispettare (dall’insegnante al medico, dal capofamiglia al dirigente d’azienda) si rivelano non più in grado di svolgere questa funzione. Da parte sua, chi un tempo accettava le decisioni di un’autorità sociale oggi — se non è d’accordo — ricorre sempre più frequentemente alla magistratura. Dunque, dietro la sentenza del Tar che ha annullato una bocciatura, come dietro altre pronunce consimili, c’è il fenomeno, da tempo sotto gli occhi di tutti, della perdita di autorità e di credito sociale degli insegnanti. Oggi, di fronte alla bocciatura di un figlio, a molti rischia di apparire normale andare direttamente dall’avvocato (per non parlare dei casi limite di chi, come la coppia di genitori di Cosenza di cui ha parlato giorni fa il Corriere , ha letteralmente aggredito la vicepreside)… È la nostra cultura che, in preda a una derivapseudobuonista (pseudo, perché la possibilità della scuola di contrastare le differenze legate alla diversa provenienza socioculturale si lega anche alla sua capacità di valutare il merito di ciascuno), dietro ai voti e alle insufficienze non sa vedere altro che un atto illegittimo. Contro cui chiedere dunque l’intervento di qualche tribunale amministrativo disposto a sostituirsi agli insegnanti.
www.latecnicadellascuola.it - 30 giugno 2014
“Edilizia scolastica, si passa alla fase due: dal 1° luglio al via 2.500 interventi”
░ L’annuncio è del sottosegretario Roberto Reggi. Di Alessandro Giuliani.
Finalmente delle buone notizie sugli interventi di manutenzione da attuare sugli edifici scolastici italiani: il 30 giugno verrà pubblicato il decreto che dà il via libera ai primi 400 interventi programmati sulla base delle priorità fornite al Governo Renzi da parte dei sindaci. L’annuncio è di Roberto Reggi, sottosegretario all'Istruzione, che nella stessa giornata ha incontrato i sindaci della provincia di Piacenza. Reggi ha detto che il piano per l'edilizia scolastica del governo "ora passa alla fase due, dalle richieste ai fatti concreti, dalla progettazione all'operatività. Oggi viene pubblicato il decreto – ha detto ancora il sottosegretario - che sblocca oltre 400 interventi immediatamentecantierabili dato che hanno risorse proprie e beneficiando dello sblocco del patto di stabilità potranno partire immediatamente". La fase due arriva dopo la lettera inviata lo scorso 3 marzo dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dopo che 4.400 sindaci hanno risposto con una e-mail al Governo, segnalando gli interventi da effettuare sugli edificiscolastici….
www.orizzontescuola.it – 1 luglio 2014
“Musei gratis. Pubblicato Decreto-Franceschini, per i prof vale il Decreto del 19 febbraio”
░ E’ stato pubblicato il Decreto 27 giugno 2014, n. 94; entrerà in vigore giorno 15 luglio 2014. Permetterà l'ingresso gratuito nei musei e luoghi d'arte.
La prima domenica di ogni mese sarà libero l'accesso a tutti gli istituti ed ai luoghi della cultura. A decretarlo la lettera a dell'articolo unico del Decreto, in GU Serie Generale n.149 del 30-6-2014. Esclusi saranno coloro che hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età. Vediamo i casi che riguardano docenti e studenti. E' consentito l'ingressogratuito agli istituti ed ai luoghi della cultura: - ai docenti ed agli studenti iscritti alle facoltà di architettura, di conservazione dei beni culturali, di scienze della formazione e ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico o storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia, o a facoltà e corsi corrispondenti istituiti negli Stati membri dell'Unione europea. Il biglietto gratuito è rilasciato agli studenti mediante esibizione del certificato di iscrizione per l'anno accademico in corso; - ai docenti ed agli studenti iscritti alle accademie di belle arti o a corrispondenti istituti dell'Unione europea. Il biglietto gratuito è rilasciato agli studenti mediante esibizione del certificato di iscrizione per l'anno accademico in corso. Per ragioni di studio o di ricerca, attestate da istituzioni scolastiche o universitarie, da accademie, da istituti di ricerca e di cultura italiani o stranieri nonché da organi del Ministero, ovvero per particolari e motivate esigenze, i capi degli istituti possono consentire ai soggetti che ne facciano richiesta l'ingresso gratuito per periodi determinati. Per i cittadini dell'Unione europea di età compresa tra i diciotto ed i venticinque anni nonché per i docenti delle scuole statali con incarico a tempo indeterminato, l'importo del biglietto di ingresso è ridotto della metà. Ricordiamo che per tutti gli altri casi legati ai docenti della scuola a tempo determinato e indeterminato è valido il decreto 19 febbraio 2014 "Modalità per l'accesso gratuito del personale docente nei musei statali e nei siti di interesse archeologico, storico e culturale gestiti dallo Stato"...
scuolaoggi.org – 2 luglio 2014
"L'organico funzionale fai-da-te”
░ di Pippo Frisone
L’art.50 della legge n.35/2012, introduceva seppure in modo virtuale, il tanto auspicato organico funzionale dell’autonomia nonchél’organico territoriale di rete. Entro 60 giorni il Ministro dell’Istruzione doveva emanare un decreto contenente le linee guida per l’attuazione. Tra le novità, il superamento del dualismo tra organico di diritto e di fatto, stabilità triennale, budget e risorse certe alle scuole sulla base di accertati fabbisogni. Sono passati due anni e la riforma sull’organico funzionale è ancora di là davenire…. In assenza di interventi strutturali sugli organici e con una costante crescita del fabbisogno per supplenze brevi e saltuarie , le scuole per far fronte alle assenze brevi si sono nel frattempo arrangiate, riducendo fortemente il ricorso alle supplenze esterne. Prima con lo smembramento delle classi, poi con la riduzione dell’ora di lezione….Chi subisce un vero e proprio danno è lo studente. Con la scusa di evitare lo smembramento delle classi o di nominare il supplente esterno per mancanza di fondi, in caso di assenze brevi dei docenti titolari, con la riduzione dell'ora viene messa a rischio la stessa validità dell'annoscolastico…..
TuttoscuolA – 2 luglio 2014
"La valutazione: abbassare i toni, avviare una riflessione”
░ di Benedetto Vertecchi. Segnaliamo che nella chiusa dell’articolo (“Perché non valutare quale sia l’impatto dell’uso di risorse digitali sulla memoria di bambini e ragazzi? E sullo sviluppo della loro competenza verbale?”), lo studioso esprime la medesima esigenza che abbiamo espresso in questa rubrica, lo scorso 12 giugno (in, “Quale servizio educativo, dallo Stato, per i bambini nativi digitali ?”).
Molti degli argomenti che sono stati utilizzati a favore o contro le rilevazioni nazionali sui livelli di apprendimento degli allievi sono tutt’altro che nuovi. Si tratta, infatti, per lo più della ripresa di aspetti del dibattito sulla valutazione che già, in tempi non molto lontani, avevano suscitato una viva attenzione. Nell’ultimo decennio del Novecento si erano, infatti, manifestati due diversi orientamenti, il primo favorevole a compiere rilevazioni su tutta la popolazione scolastica, l’altro a operare su campioni. Alla base del primo orientamento c’era la convinzione che la valutazione fosse di per sé in grado di promuovere percorsi virtuosi di miglioramento della qualità dell’educazione scolastica. Le famiglie avrebbero potuto disporre di criteri obiettivi per preferire le scuole accreditate di risultati migliori. Gli insegnanti più capaci avrebbero tratto un vantaggio professionale dal successo dei loro allievi. Gli stessi allievi avrebbero potuto giovarsi del credito riconosciuto alle scuole frequentate (sempre, ovviamente, che si fosse trattato di scuole valutate positivamente). Si sarebbe promossa la concorrenzialità fra le scuole assegnando risorse aggiuntive e quelle che avevano ottenuto valutazioni più positive. Nel Regno Unito l’attuazione di un programma valutativo ispirato a tali criteri aveva comportato lo sviluppo di istituzioni specializzate per la verifica dei livelli di apprendimento, come la Qualifications and Curriculum Authority (QCA). Per l’accertamento della conformità al modello desiderato del funzionamento delle scuole. Era questa la funzione dell’Office for Standards in Education(Ofsted), che vi provvedeva attraverso ispezioni periodiche. Un complicato sistema di esami, svolti in massima parte tramite prove strutturate, doveva assicurare, fin dai primi anni del percorso scolastico, che determinati traguardi fossero effettivamente conseguiti. Un’importante istituzione di ricerca (la National Foundation for Educational Research) assicurava il sostegno conoscitivo necessario per svolgere nel modo corretto le diverse operazioni. Di segno opposto erano le scelte operate in Francia. Si riteneva, innanzi tutto, che gli atteggiamenti inquisitori, difficili da evitare in operazioni che, per essere svolte sull’intera popolazione, avrebbero dovuto mobilitare legioni d’ispettori e richiedere che nelle scuole si svolgessero un numero enorme di prove, non avrebbero favorito il crearsi del clima di fiducia e di collaborazione necessario per ottenere risultati attendibili. Non era un mistero per nessuno che alla rilevazione di dati sull’universo degli allievi corrispondeva il manifestarsi di atteggiamenti di diffidenza, che potevano condurre ad alterare i dati. Segnali in tal senso non erano mancati neanche in un contesto tradizionalmente rispettoso delle regole, come quello inglese. Ma ciò che spingeva la Francia a seguire una via divergente era la convinzione che non fossero le scuole migliori a dover trarre vantaggio dall’attività valutativa, ma quelle che per i risultati ottenuti mostravano di incontrare maggiori difficoltà. Le rilevazioni campionarie presentavano il duplice vantaggio di non indurre diffidenze e di individuare, con una spesa relativamente modesta (nel Regno Unito i costi della valutazione erano enormi) le aree che avrebbero potuto trarre giovamento da una più intensa attività educativa (Zone d’éducation prioritaire). I due casi sui quali ci siamo soffermati, anche se riferiti a situazioni molto diverse e a scenari non più attuali, mostrano che la valutazione è considerata uno strumento necessario per qualificare le decisioni relative allo sviluppo dei sistemi educativi. Dipende dagli orientamenti politici dei governi che si succedono alla guida dei diversi paesi se, volta a volta, s’intraprende la via delle rilevazioni sull’universo o quella delle analisi campionarie. A orientamenti conservatori corrisponde, in linea di massima, un’attività valutativa condotta sull’universo, e il contrario se le scelte perseguono intenti di progresso. In Italia, quando la contrapposizione tra le due vie caratterizzava il dibattito nel Regno Unito e in Francia, la necessità di valutare l’intera popolazione era sostenuta dallo schieramento di forze che si apprestava, nel 2001, ad assumere il governo del paese. … Se per alcuni decenni la valutazione è apparsa strettamente collegata all’innovazione didattica e al crescere di una consapevolezza critica nei confronti delle iniziative che s’intraprendevano per superare determinate difficoltà, l’esasperazione da parte dell’Ocse delle comparazioni tra i sistemi scolastici ha finito con l’imporre come criterio unico di giudizio la posizione ottenuta nelle graduatorie internazionali. E, dal momento che tale posizione dipende dai risultati che gli allievi conseguono in prove strutturate, il criterio valutativo ha finito con l’assumere un valore didattico (teaching tothe test). Non ci si preoccupa più che gli allievi, attraverso un processo che si protrae attraverso l’infanzia e l’adolescenza e che, con sempre maggiore evidenza, si sta estendendo all’età adulta, acquisiscano un profilo culturale aperto a varie dimensioni della conoscenza, ma di porli in condizione di fornire prestazioni adeguate alle prove delle rilevazioni Ocse. Quel che è peggio, l’addestramento degli allievi a rispondere alle prove strutturate non si è limitato al tentativo di ottenere migliori posizioni nelle comparazioni internazionali, ma è stato esteso alle rilevazioni a carattere nazionale, che si avvalgono di metodologie e di strumentari definiti per calco. Né potrebbe essere altrimenti, considerando lo stato agonico della ricerca educativa in Italia. Le conseguenze di uno sviluppo anomalo dell’attività valutativa si manifestano su vari piani, da quello linguistico (parlare di quiz o di indovinelli è un modo di manifestare discredito abbassando il registro verbale) a quello metodologico (certe procedure per l’elaborazione dei dati non sono considerate necessarie per accrescere la consapevolezza sui fenomeni, ma per affermare interpretazioni subalterne e dommatiche). Quel che è certo è che dal dibattito in corso non possono derivare apporti utili per lo sviluppo dell’educazione se non ci si impegna nella ricerca di nuovi modelli interpretativi e di nuove soluzioni. Mi limito a proporre un esempio di ciò che sarebbe utile fare e non si fa: perché non valutare quale sia l’impatto dell’uso di risorse digitali sulla memoria di bambini e ragazzi? E sullo sviluppo della loro competenza verbale? …
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