Ancora condanne a carico del Ministero dell'Istruzione per discriminazione e reiterato abuso di contratti a termine in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. I legali Anief vincono presso il GdL di Grosseto e la Corte d'Appello di l'Aquila con la conferma del diritto dei precari a percepire la medesima retribuzione dei lavoratori di ruolo.
Continuano anche in Corte d'Appello le vittorie Anief a tutela dei lavoratori precari per l'illecita discriminazione posta in essere dal Ministero dell'Istruzione che non riconosce il diritto del personale a termine a percepire le medesime progressioni di carriera previste per il personale di ruolo, nonostante i tanti anni di servizio svolti. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Simona Fabbrini e Manuela Pirolozzi ottengono nuovamente ragione in tribunale, con la condanna del Miur per discriminazione e violazione di norme comunitarie. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito la portata generale della direttiva 99/70/CE, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione che vi sono affermati. Abbiamo dimostrato ancora una volta che la mera circostanza che un lavoratore sia qualificato come ‘di ruolo’ e un altro come “precario” è priva di rilevanza sotto l'aspetto retributivo e delle progressioni di carriera, pena rimettere seriamente in discussione l’efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell’accordo quadro nonché la loro applicazione uniforme negli Stati membri dell'Unione Europea”. Ancora possibile aderire ai ricorsi Anief.
Il sindacato cita il Miur in giudizio davanti al Tribunale amministrativo anche per la mancata trasmissione del decreto direttoriale richiesto di individuazione delle risorse per il FUN 2017 ai fini del raggiungimento della perequazione esterna con le altre aree della dirigenza e si costituisce presso la Corte suprema per ottenere la perequazione l’assegno individuale d’anzianità non assegnati ai dirigenti scolastici assunti dopo il 2001. Così la rabbia dei presidi approda presso le Corti di giustizia italiane. Pronto il ricorso per lo sblocco dell’IVC.
In caso di accoglimento, gli stipendi dei dirigenti della scuola potrebbero essere raddoppiati, per non ricercare quelle 3mila euro in più per una reggenza o per una valutazione che nessuno vuole così come è stata pensata.
Di tutti questi argomenti se ne parlerà anche a margine dei lavori del I Workshop della dirigenza della scuola, che si svolgerà a Palermo il 16-17 settembre prossimo. Scarica la locandina e invia la domanda di partecipazione gratuita aQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro il 5 settembre. Sarai nostro ospite e avrai rimborsate le spese di viaggio.
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Come creare un nuovo capro espiatorio per coprire l’assoluta incapacità del Miur di gestire il precariato. La storia è lunga: neo-assunti contro supplenti, sissini contro vincitori - idonei dei concorsi e abilitati dei corsi riservati, e poi gli ex lege 143/04, tieffini contro passini, abilitati in SFP ante e post 2011, immessi in ruolo prima e dopo il 2011, assunti in organico potenziato e abilitati delle graduatorie d’istituto, trasferiti in fase A o in fase C. E, ora, una nuova categoria da condannare a mezzo stampa, quella dei diplomati magistrale ante 2001, così immonda eppure salvata con un D.P.R. del Quirinale e protetta dal CdS.
Qualche settimana fa, la Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, aveva caldeggiato "una rivisitazione complessiva dei cicli scolastici" premiando "la qualità dei percorsi didattici interni" e facendo presupporre l’intenzione di volere portare da 5 a 4 anni il percorso della scuola secondaria superiore. Alcune dichiarazioni, delle ultime ore, rilasciate dalla sottosegretaria Angela d’Onghia, cambiano tutta la prospettiva perché riportano di voler modificare “il ciclo di studi delle scuole medie da tre a due anni”.
Per il sindacato Anief un Esecutivo che mette continuamente in dubbio gli assi portanti della nostra scuola, proponendo, a turno, soluzioni diverse non può essere preso in considerazione. Anche l’accostamento con l’Europa appare forzato: perché l’UE viene ignorata quando dice che non bisogna discriminare i precari rispetto al personale di ruolo? Perché non si guarda agli stipendi dei docenti europei? Perché non si vede l’istruzione europea anche per le ore di lavoro settimanali di lezione dei loro docenti, decisamente più basse di quelle dei nostri insegnanti?
Sulla riforma dei cicli scolastici, Anief ha da anni presentato una proposta ragionata e supportata da studi scientifici: portare, sì, l’obbligo scolastico fino a 18 anni, riprendendo il progetto avviato quasi vent’anni fa dall’allora Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, ma non andando ad intaccare la durata del percorso formativo. La condizione che pone il sindacato, infatti, è quella di anticipare la scuola primaria a cinque anni, prevedendo in quella delicata annualità ludico-formativa la compresenza dei maestri d’infanzia. In caso contrario, si tratterebbe solo di un’operazione risparmio, finalizzata a far sparire a regime 35mila cattedre.
Marcello Pacifico (presidente Anief): È chiara la differenza tra chi cambia prospettiva in continuazione, anche dentro lo stesso Governo, e chi, come noi, crede nell’obbligo formativo sino alla maggiore età da raggiungere attraverso un progetto ragionato. Bisogna guardare alle necessità pedagogiche e a quelle del personale. La riforma dei cicli è un terreno troppo importante, sul quale non si possono commettere errori, perché a pagare dazio sarebbero gli studenti, già penalizzati dai troppi tagli del tempo scuola e di organici dell’ultimo decennio: basta con le proposte improvvisate, utili più alla visibilità personale che a migliorare il sistema.
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