Rispetto alla bozza del 24 ottobre, arriva uno stanziamento di ulteriori 520 milioni di euro per la copertura finanziaria del 2017 e 780 milioni in più a partire dal 2018: si passerebbe, quindi, dai 1.400 milioni inizialmente previsti per il 2017 agli attuali 1.920 e dai 1.850 milioni previsti nella prima stesura, per gli anni dal 2018 in poi, agli attuali 2.630. L’aumento netto per i dipendenti statali “sarebbe compreso tra i 40 e i 50 euro, pochi rispetto alla perdita salariale dal 2008 quantificata in 180 euro mensili” a cui vanno aggiunti gli aumenti previsti per legge. È anche possibile, tra l’altro, che lo stanziamento non riguardi solo gli aumenti stipendiali e che, pertanto, le cifre siano ancora più basse. Ora si parla, anche, di astensione facoltativa ridotta del 70%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): gli aumenti stipendiali devono andare a coprire anni e anni di blocco che prevedono un primo 10 per cento di incremento relativo all’indennità di vacanza contrattuale, creata proprio per non far scendere le buste paga sotto il costo della vita. Un altro 10 per cento è, invece, quello dell’effettivo aumento: considerando uno stipendio medio lordo di 1.500 euro, gli aumenti corrispondono quindi a 300 euro. Non è un’esagerazione, ma si tratta di dati oggettivi che potrebbero diventare ancora più cupi visto che, con la riforma della PA, la 150/09, per il comparto pubblico si prospetta l’addio agli scatti di anzianità automatici. Sinora ci siamo ribellati a questo stato di cose ricorrendo al giudice del lavoro e delle leggi, ma la strada non può essere questa. Ci rivolgiamo ai parlamentari: lo faremo lunedì 14 novembre con una giornata di sciopero e manifestando davanti al palazzo dove si approvano le leggi.
Raggruppiamo alcuni articoli che fanno cadere "il mito" dell'assenteismo al Sud.
Lo dice l’Invalsi che, in questi giorni, ha pubblicato il Rapporto nazionale “I processi e il funzionamento delle scuole”: nel 18 per cento dei casi a rimanere privi del docente sono gli alunni delle primarie e quelli delle scuole medie sono, invece, il 24 per cento; nel 30 per cento dei casi saltano la lezione gli studenti di Istituti tecnici e professionali e, nel 35 per cento dei casi, le classi dei licei sprovvisti del loro professore. Tuttavia, agli alunni non può essere sottratta periodicamente una parte dell’offerta formativa: non esiste, infatti, alcuna fonte legislativa e ministeriale che preveda in modo esplicito tale eventualità. Anche il Miur si è espresso più volte sulla necessità di conferire supplenze brevi, pure in caso di esaurimento dei fondi perché, in caso di supplenze “brevi”, tali fondi possono essere comunque integrati con motivate richieste da formulare al Ministero. Non può essere, allo stesso modo, accettabile la prassi di dividere le classi in piccoli gruppi per poi unirle ad altre in presenza dei docenti: le norme sulla sicurezza anti-incendio prevedono, infatti, che “il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in 26 persone/aula”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): ci troviamo dinanzi a una lesione di diritto allo studio e di tutela della sicurezza che, invece, vengono prima di tutto. Sapere che alle superiori una supplenza su tre non viene coperta è un dato che fa riflettere ma sconcerta, ancora di più, che la stessa cosa accada in un caso su cinque alla primaria: stiamo parlando di bambini dai 5 ai 10 anni che non possono essere lasciati soli oppure uniti a classi già di 25 e più alunni. Per non parlare dei disabili che, in queste occasioni, rischiano di subire anche stress psicologici. Il Miur si muova presto: serve un’ulteriore nota di chiarimento. È anche per questi motivi che Anief ha deciso, il 14 novembre, di scioperare e indire un presidio davanti al Parlamento.
L’Istituto nazionale di valutazione ha pubblicato il Rapporto nazionale “I processi e il funzionamento delle scuole”: non solo nel Meridione e nelle Isole ci si assenta poco, ma si ricorre anche “meno all’utilizzo di altri docenti per coprire le ore scoperte”. Anche sulla distribuzione del fondo per incentivare le funzioni aggiuntive, da Roma in giù “è utilizzato in modo più mirato, assegnando più soldi a un numero inferiore di persone”. Il tanto bistrattato Sud, quindi, almeno da questo punto di vista è più avanti delle altre parti d’Italia. Pure sul fronte delle strumentazioni scolastiche, l’Invalsi cancella delle convinzioni errate sulla geografia dell’offerta formativa dell’istruzione italiana: perché è nelle scuole “del Sud e Isole del II ciclo che si registra un numero superiore di scuole (35%) in cui sono presenti più di 2 laboratori ogni 100 studenti”. Chi pensava che in queste regioni la scuola fosse all’anno zero è servito.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è un dato di fatto che gli studenti delle scuole del Nord hanno una scelta più ampia di aziende, dove svolgere percorsi di alternanza scuola-lavoro, ma se il territorio è carente di lavoro e quelle esistenti non credono nella formazione scolastica, c’è solo una cosa da fare: farla finita con la determinazione precostituita degli organici del personale, docente ma anche Ata, sulla base del numero ‘secco’ di iscrizioni di alunni. In determinate situazioni, sono altri i fattori che pesano: difficoltà del territorio, bassa presenza di agenti culturali, ridotto livello di studio delle famiglie di provenienza. Bisogna, quindi, incrementare il numero di insegnanti a Ata in quelle regioni, dove non a caso è più alto il livello di dispersione scolastica, con punte del 40 per cento. Ora a dirlo non è solo l’Anief ma anche l’Invalsi. È anche per questi motivi che l’Anief ha deciso, il 14 novembre, di scioperare e indire un presidio davanti a Montecitorio.
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