Per il sindacato, l’aggiornamento professionale costituisce un punto fermo per gli insegnanti che hanno il delicato compito di trasmettere conoscenze, capacità e competenze. Tuttavia, ciò che non è ancora chiaro è prima di tutto la collocazione oraria di tale formazione obbligatoria. Premesso, infatti, che l'orario di lavoro dei docenti è, sino a prova contraria, definito dal contratto collettivo nazionale e si compone di lezioni frontali, più 40 ore annuali per le attività collegiali e altre 40 per lo svolgimento di attività connesse all’insegnamento, viene da sé che la formazione sarà aggiuntiva al “pacchetto” di impegni annuali.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Anief): qualsiasi impegno aggiuntivo in un ambiente di lavoro, seppur relativo alla formazione, non può essere adottato se non trova spazio all’interno di un contratto nazionale. Non si tratta, infatti, di un’azienda privata ma del più grande comparto pubblico d’Italia: entrando poi nel merito, è un dato di fatto che con la riforma della Buona Scuola che ha ampliato l’autonomia scolastica, gli impegni di tutti i lavoratori che operano nell’istruzione pubblica – docenti, Ata e dirigenti scolastici – sono notevolmente aumentati. La linea adottata dal Miur da un anno a questa parte, però, non è stata quella di far crescere di pari passo anche adeguati compensi per questi oneri aggiuntivi ma, al contrario, di rimanere fermi al contratto del 2009: si aggiungono, di fatto, nuovi doveri e obblighi, continuando a eludere i diritti. Nel frattempo, infatti, il personale continua a percepire buste paga ridicole, ampiamente superate dal costo della vita perché pure l’indennità di vacanza contrattuale è stata incredibilmente congelata.