° Cultura scientifica: finanziamento alle scuole e a soggetti pubblici e privati
L’Ufficio Stampa comunica che il MIUR ha stanziato contributi (quasi 4 milioni) per il progetto: “Iniziative per la diffusione della cultura scientifica”.
“I soggetti ammessi al finanziamento dovranno promuovere l'informazione e la divulgazione scientifica e storico-scientifica anche attraverso mostre, convegni, realizzazioni editoriali e multimediali, favorire l'attivazione di nuove Istituzioni e città-centri delle scienze e delle tecniche, incentivare le attività di formazione ed aggiornamento professionale richieste per la gestione dei musei, città-centri delle scienze e delle tecniche. Le scuole dovranno promuovere momenti di contatto fra mondo della Ricerca, Università e studenti per rendere questi ultimi concretamente consapevoli del ruolo chiave delle scienze e della tecnologia nella vita quotidiana e avvicinarli agli studi scientifici. Sono previsti anche il rafforzamento delle attività di laboratorio e lo sviluppo di ricerche e sperimentazioni delle metodologie migliori per rendere più efficace la didattica della scienza, con particolare attenzione all’utilizzo di nuove tecnologie. Le domande potranno essere presentate a partire dal 14 luglio e fino alle ore 16.00 del 10 settembre attraverso il portale Sirio (http://roma.cilea.it/Sirio)”. Bando, guide e il fac-simile delle domande, su: http://attiministeriali.miur.it/anno-2014/luglio/dd-01072014.aspx
° I «quota 96» possono sperare
In base a una dichiarazione del presidente della Commissione bilancio, on. Boccia
Sembra che la Ragioneria Generale dello Stato abbia individuato la possibile copertura per il riconoscimento dei diritti di circa 4000 professori penalizzati dalla Legge Fornero sulle pensioni. I 416 milioni di euro (necessari, in cinque anni) ci sarebbero e ciò consentirebbe al Governo di accogliere un emendamento alla riforma della Pubblica amministrazione per risolvere il caso. La Riforma Fornero escluse inopinatamente, dall’accedere alla quiescenza, alcuni insegnanti con 36 anni di contributi + 60 di età: non teneva conto del fatto che l’anno lavorativo per i dipendenti della scuola termina il 31 agosto ! Nello stile del (finto ?) distratto Governo Monti.
° Le domande di utilizzazione dei docenti dovranno essere tutte inoltrare on line
A breve la Circolare Miur esplicativa
Gli insegnanti della Scuola dell’infanzia e Primaria potranno farlo tra l'11 ed il 21 luglio; gli insegnanti della Scuola secondaria, tra il 24 e il 31 luglio. (Fonte: latecnicadellascuola – 2 luglio 2014)
°Ripetenze nella Scuola italiana
Un dossier di Tuttoscuola reca dati, analisi e proposte su come affrontare il problema
- Bocciature: “Gli ultimi dati pubblicati dal Miur si riferiscono a tre anni fa, quando i bocciati tra scrutini di giugno e quelli di agosto/settembre nelle superiori (5° anno escluso) furono oltre 318 mila su 2.108.146, pari al 15,1%... Il punto di maggiore criticità si è avuto nel 1° anno di corso con il 21,7% di respinti (oltre 130mila studenti); nel 2° anno di corso è stato del 13,2% (70mila respinti), nel 3° anno del 12,6% (64mila respinti) e nel 4° anno del 10,6% (50mila).
-Rimedi: “Una serie di proposte a partire da una decisa azione di contrasto contro le bocciature nei primi due anni di scuola secondaria superiore, attraverso da un lato piani di studio più flessibili e personalizzati e dall’altro corsi di recupero obbligatori pomeridiani ed estivi”.
- Da che cosa dipendono le bocciature? Il punto di vista di Tutto Scuola: “Da un modello pedagogico-valutativo tradizionalmente centrato sull’idea che gli studenti debbano necessariamente raggiungere determinati standard di apprendimento in una serie di discipline per essere ammessi all’anno successivo. Ed è dunque questa l’idea che va messa a nostro avviso in discussione, anche alla luce del più recente dibattito nei campi della psicologia dell’educazione, delle scienze cognitive e delle neuroscienze, teso a riconoscere e valorizzare la multiformità delle intelligenze.… Vanno pensate modalità che portino gli studenti a colmare in tempo le proprie lacune e che valorizzino i talenti dei giovani, dove ci sono, anche in presenza di altre lacune non del tutto colmate”. (Fonte: tuttoscuola – 30 giugno 2014)
° Notizia ufficiosa: le graduatorie ATA d’istituto di III fascia rimandate a settembre
Riportiamo da Alessandro Giuliani (Latecnicadellascuola.it, 02/07/2014)
“… trattare a luglio e agosto le pratiche dei tanti aspiranti assistenti amministrativi, tecnici ed ausiliari avrebbe determinati seri problemi alle segreterie scolastiche. E anche dopo l’estate la Flc-Cgil vorrebbe che se ne occupassero gli UST, Uffici scolastici territoriali… “.
Dal Cantiere Scuola del PD, in corso a Terrasini, il rappresentante del Governo ritratta quanto espresso il 2 luglio: so cosa vuol dire stare in trincea con alunni che spostano a scuola i problemi che non trovano riscontro a casa, stiamo costruendo la proposta a livello di Governo e ciò che chiediamo a docenti e sindacati è di ‘venirci incontro’. Anief raccoglie la proposta di Reggi, ma ad un patto: prima adegui gli stipendi sui livelli dell’area Ocde, recuperando per quel 30% in meno che oggi guadagnano i nostri docenti. Questo significa ridare loro dignità.
Con l’intervista a Repubblica del 2 luglio, il sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, intendeva solo spiegare che occorre “ridare dignità ad una professione che deve essere recuperata”, mentre non c’è nessun intendimento del Governo ad imporre 36 ore di servizio a tutti gli insegnanti. A dichiaralo è lo stesso Reggi, nel corso di un intervento alla Città del Mare di Terrasini, dove oggi si è concluso il Cantiere Scuola del PD.
“L'impegno del Governo – ha detto Reggi - è finalizzato al recupero di questa figura. Mai mi son sognato di dire di aumentare il tempo dell'insegnamento. So cosa vuol dire stare in trincea con alunni che spostano a scuola i problemi che non trovano riscontro a casa. Nella mia intenzione c'era di dire valorizziamo il tempo che si sta a scuola. Tanti ci stanno già 36 ore e vengono valorizzati come quelli che non ci stanno e questo non va bene. Sminuisce l'intervento di questi insegnanti e non consente di avere un modello di riferimento da imitare. Col segno di poi la potrei ridire così: saranno riconosciute le attività a scuola fino ad un massimo di 36 ore”.
Reggi ha aggiunto che la formazione “dovrà diventare permanente e non facoltativa: a fianco alle 18 ore devi avere del tempo e delle opportunità di formazione permanente garantite. Altri momenti dovranno essere quelli dedicati all'organizzazione della scuola, quelli in cui si incontrano gli insegnati, quelli dedicati agli studenti in difficoltà. Questa è una proposta che stiamo costruendo a livello di Governo e ciò che chiediamo a docenti e sindacati – ha concluso - è di ‘venirci incontro’”.
Anief risponde a Reggi che c’è disponibilità a venire incontro alla richiesta del Governo. “Ma prima – sottolinea il presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, Marcello Pacifico – occorre allineare gli stipendi di tutto il personale della scuola, ormai fermi da cinque anni. Qualsiasi rinnovo contrattuale non può prescindere da questo: oggi un docente della scuola superiore va in pensione con 8mila euro in meno rispetto ad un collega dell’area Ocde. Che corrisponde ad un 30% in meno”.
“E questo avviene, lo dicono i rapporti internazionali, a parità di attività e prestazioni. Solo in questo modo sarà possibile ridare dignità a dei professionisti che negli ultimi due anni si sono visti corrodere lo stipendio dall’inflazione di oltre 4 punti percentuali. Successivamente a questo - conclude Pacifico - saremo di certo disponibili e parlare di merito e di indennità aggiuntive”.
Anief è contraria, perché sempre meno diplomati che escono dalle superiori continuano il percorso formativo all’Università: quasi 200mila giovani rischierebbero ogni anni di diventare nuovi Neet. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la vera riforma dei cicli passa per l’estensione dell’obbligo formativo sino alla maggiore età. Siamo d’accordo, invece, sul potenziamento dell’apprendistato, ma a patto che ai tirocinanti venga assegnata una retribuzione minima.
Dal Cantiere scuola, in corso a Terrasini, il Partito Democratico sta discutendo anche della riforma dei cicli scolastici: l’obiettivo è soprattutto quello ridurre l’alta percentuale di giovani che lasciano i banchi prima di arrivare al diploma di maturità. Il dibattito si sta concentrando sull’ipotesi di accesso anticipato di un anno all’Università, come avviene già in alcuni Paesi moderni. In tal caso, però, la scuola superiore si ridurrebbe a quattro anni anziché cinque. Allargando a tutti gli istituti italiani la sperimentazione, autorizzata dal Miur, oggi in atto in alcun scuole superiori statali e parificate.
Anief ritiene che riducendo il percorso della scuola superiore non si risolleverà il livello dell’offerta formativa, né tantomeno si risolverà il problema dell’abbandono scolastico: in questo modo non si farebbe altro che anticipare di un anno l’uscita dal percorso formativo di quasi mezzo milione di studenti. Ma poiché sempre meno diplomati, poco più della metà, continuano il percorso formativo all’Università, buona parte dei 200mila giovani rimanenti rischierebbero di diventare nuovi Neet: considerando le difficoltà oggettive nel trovare un impiego, questi ragazzi avrebbero alte possibilità di aggiungersi ai 2 milioni e 200mila giovani che, come ricordato in questi giorni da un’ampia ricerca di Tuttoscuola, costano allo Stato italiano “32,6 miliardi di euro l’anno”.
“La mossa vincente per ridurre il numero di giovani che non studiano e non lavorano – dichiara da Terrasini Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – rimane l’estensione dell’obbligo formativo sino alla maggiore età: i ragazzi e le famiglie devono essere accolti nelle nostre scuole per tutta la durata degli studi superiori. Bisogna fare attenzione ad introdurre riforme dagli effetti incerti”.
Decisamente più utile sarebbe l’idea, prospettata sempre nel corso dei convegni in svolgimento alla Città del Mare di Terrasini, di introdurre un apprendistato più “spinto”, sulla scia di quelli attuati in altri Paesi ma anche nella nostra provincia autonoma di Bolzano. “È una soluzione che il nostro sindacato sta caldeggiando da tempo – dice ancora Pacifico – perché per alzare le percentuali di assunzioni tra i giovani occorre prima di tutto produrre diplomati già specializzati e con un minimo di esperienza professionale acquisita. Sia ben chiaro, però, che tutti i tirocini presso le aziende dovranno prevedere un minimo di retribuzione per i giovani che li condurranno”.
Durante gli interventi tenuti a Terrasini, si è parlato anche di riforma delle classi di concorso degli insegnamenti. A tal proposito, Anief ricorda che qualsiasi intervento in questa direzione deve tenere conto delle competenze dei docenti. “Occorre inoltre ripensare le discipline di insegnamento sulla base del tessuto economico del Paese, prendendo come riferimento le professionalità richieste dal territorio. Il sindacato, ribadisce, infine la necessità di prevedere organici di personale maggiorato, sia di docente che di Ata, nelle zone d’Italia dove – conclude il sindacalista Anief-Confedir - è maggiore il rischio dispersone scolastica e dove latitano i servizi di supporto ai cittadini”.
Per approfondimenti:
Gli studenti che abbandonano la scuola diventano ‘fantasmi’: 3 su 4 sono Neet infelici
La proposta è stata presentata a Terrasini (Palermo) dall’on. Simona Malpezzi (PD), componente della VII Commissione Cultura alla Camera: nel biennio finale sarebbe compreso anche il tirocinio abilitante, affidato a docenti ‘senior’. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): proposta condivisibile, anche se servono maggiori certezze per tutti coloro che conseguono le lauree specializzanti e abilitanti all’insegnamento. D’accordo anche sui docenti esperti che diventano formatori dei giovani prof.
I giovani che intendono diventare insegnanti dovrebbero acquisire l’abilitazione direttamente durante un nuovo percorso universitario magistrale, che sarebbe costituto da 3 anni iniziali disciplinari, come avviene oggi, e successivamente da 2 anni di specializzazione. Nel corso del biennio finale sarebbe compreso anche il tirocinio abilitante. La proposta giunge dal Cantiere scuola del Partito Democratico, in corso a Terrasini, vicino Palermo.
A prospettarla ai 300 docenti e dirigenti presenti è stata Simona Malpezzi (PD), componente della VII Commissione Cultura alla Camera: il tirocinio, ha spiegato la parlamentare, si svolgerebbe nelle scuole e verrebbe affidato ad insegnanti “senior”, vicini alla pensione e che in questo modo potrebbero mettere a disposizione delle giovani leve la loro lunga esperienza dietro alla cattedra. I docenti abilitanti avrebbero quindi accesso ai nuovi concorsi a cattedra, che avrebbero cadenza biennale e sarebbero a numero rigorosamente chiuso: verrebbero programmati dopo aver verificato i posti effettivamente liberi nelle varie province e discipline, in modo da non produrre più vincitori 'idonei' da assumere nel corso degli anni.
“Riteniamo la proposta dell’on. Malpezzi condivisibile – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, presente a Terrasini – anche se servono maggiori certezze per tutti coloro che conseguono le lauree specializzanti e abilitanti all’insegnamento. Chi non vincerà il concorso a numero chiuso, comunque abilitato dallo Stato, dove verrebbe collocato? La logica dice su graduatorie aggiuntive alle attuali GaE. Con collocazioni, per le supplenze annuali e per il ruolo, praticamente uguali a quelle di chi sta oggi nelle graduatorie ad esaurimento”
“Apprezziamo anche l’idea del docente ‘senior’, cui affidare la formazione finale degli abilitandi: è una proposta che l’Anief ha presentato da tempo, perché servirebbe a trasmettere ai giovani docenti la professionalità e la preziosa esperienza di chi ha svolto il mestiere di insegnante per decenni. E nel contempo permetterebbe a chi è vicino alla pensione di ridurre il carico di lavoro e le possibilità di incorrere nel burnout, presente a livelli altissimi – conclude Pacifico - tra chi svolge questa professione ed ha attorno ai 60 anni di età”.
Per approfondimenti:
Reclutamento docenti il PD vuole 3+2. Tirocinio affidato ai docenti senior e concorso biennale
A Terrasini prende quota la proposta Malpezzi 3 + 2
Importante aver presentato la domanda per l’inserimento nella II fascia delle G.I. entro il 23 giugno. L’azione si rende necessaria dopo che un ricorso promosso da altri sindacati al Tar Lazio sulla tabella di valutazione dei titoli, se accolto, potrebbe per due anni vietare l’ingresso dei docenti abilitati con i PAS alle supplenze. Adesioni on line sul portale Anief fino al 31 luglio.
Sono coinvolti tutti i docenti che hanno seguito il consiglio del sindacato Anief di presentare domanda di iscrizione con riserva in II fascia G.I., nonostante fossero consapevoli che non avrebbero conseguito il titolo entro il 31 luglio. Il D.M. 375 del 6 giugno 2014, infatti, dispone che saranno cancellati dalle graduatorie di seconda fascia se non conseguiranno il titolo, ma per il sindacato Anief non è così.
Infatti, se dovesse passare la linea secondo cui il D.M. 131/2007 sia da considerare il Regolamento cui attingere per la disposizione delle suddette graduatorie, poiché lo stesso parla di aggiornamento biennale, l’unica spiegazione delle finestre sarebbe legata allo scioglimento della riserva ogni qual volta, di semestre in semestre, si ottiene il titolo. Per questa ragione, visti anche i termini di scadenza, risulta necessario fin da subito attivare tutte le procedure legali perché chi sta frequentando o frequenterà PAS, Scienze della Formazione Primaria o i corsi di sostegno e conseguirà il titolo dopo il 31 luglio, possa permanere come iscritto con riserva nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto e sciogliere la stessa alla fine del semestre.
Clicca qui per andare alla pagina delle adesioni
Tuttoscuola: dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni in buona misura si sono perse le tracce. L’andamento è confermato sul breve periodo: dei 180mila studenti che hanno lasciato i banchi nel 2012, di almeno 110mila non si hanno notizie sul fronte formativo o professionale. E il costo sociale è altissimo: 32,6 miliardi di euro l’anno. Secondo l'Istituto Toniolo nel 75% dei casi non sono felici: vivono una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani. Le priorità sono un orientamento scolastico migliore, l’estensione dell’obbligo fino a 18 anni e una vera riforma dell’apprendistato che migliori il collegamento tra scuola e privato.
Il fenomeno crescente dei Neet, gli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (uno su quattro di quella fascia di età), ha le sue radici principali nell’abbandono scolastico: il dato emerge dal dossier ‘Dispersione nella scuola superiore statale’ realizzato dalla rivista Tuttoscuola e reso pubblico in questi giorni. “Dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni – si legge nel rapporto – in buona misura sono diventati Neet: solo circa 700 mila di quei 2,9 milioni di ragazzi (cioè 1 su 4) ha continuato gli studi fuori dalla scuola statale o ha trovato lavoro”.
L’andamento è confermato anche sul breve periodo: “si può calcolare – spiega Tuttoscuola – che di quei circa 180 mila studenti dispersi che nel 2012 hanno lasciato in anticipo i percorsi statali di istruzione, accontentandosi della semplice licenza media, 5-8 mila hanno lasciato dopo il conseguimento della qualifica negli istituti professionali/istituti d’arte, 50-60 mila sono passati a istituti non statali o a corsi di formazione professionale, ma i restanti 110-120 mila non hanno continuato alcun percorso formativo e risultano effettivamente dispersi”.
Gli ultimi dati Istat, riferiti sempre all’anno 2012, dicono che la situazione è sopra il livello di guardia: “in Italia la quota di Neet è di molto superiore a quella della media europea (23,9 e 15,4 per cento rispettivamente), e va dall’11,6% della provincia di Bolzano al 37,7% della Sicilia (dati): l’incidenza dei Neet in Italia è significativamente più alta rispetto ai principali paesi europei quali la Germania (9,7 per cento), la Francia (14,5 per cento) ed il Regno Unito (15,5 per cento) e più simile a quella della Spagna (21,1 per cento)”.
Per lo Stato italiano “il costo sociale è enorme: secondo Confindustria è stimabile in 32,6 miliardi di euro l’anno, e se questi giovani inattivi entrassero nel sistema produttivo nazionale si guadagnerebbero più di 2 punti di Pil. Il divario – continua Tuttoscuola – nasce proprio dall’elevato numero di ragazzi che non completa il percorso secondario superiore, oltre che dalla debole capacità del mercato di lavoro di assorbire giovani, tanto più se non qualificati”.
Del resto, quello del mancato conseguimento della maturità è un problema endemico: nel 2011 solo il 56 per cento della popolazione italiana nella fascia di età 25-64 aveva concluso un ciclo di scuola secondaria superiore, contro il 75 per cento della media Ocse: il divario rimane, ancorché più contenuto, anche tra le coorti più giovani (71 contro 82 per cento nella fascia di età 25-34 anni), come ha ricordato di recente il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
Inevitabile la conclusione dei ricercatori: se è difficile trovare lavoro per chi ha raggiunto solo il diploma secondario superiore (il 28% rimane disoccupato), figurarsi quali sono le prospettive di coloro che neanche ci arrivano, non a caso ben il 45% di coloro che sono in possesso della sola licenza media sono disoccupati.
Questi ragazzi che non studiano e non lavorano, inoltre, sono anche molto più infelici dei loro coetanei: a sostenerlo, sempre in questi giorni, è stato il Rapporto Giovani, indagine curata dall'Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e condotta tra fine 2013 e inizio 2014 su un campione di 2.350 giovani di età 19-29 anni: mentre i "non Neet" si dichiarano abbastanza o molto felici in misura di tre su quattro, tra i Neet il valore precipita. Oltre uno su tre tra le donne e quasi uno su due tra gli uomini si dichiara per nulla o poco felice.
Secondo Alessandro Rosina, tra i curatori di questa seconda indagine, “nel perdurare della crisi economica, in combinazione con la cronica carenza di politiche attive, questo segmento della popolazione rischia non solo di allargarsi sempre di più ma anche di scivolare sempre più in profondità in una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. La politica, soprattutto su questa fascia di giovani, deve agire in tempi brevi e in modo incisivo".
Per frenare questo andamento, ormai cronico, Anief è sempre più convinta che il Governo italiano debba intervenire con forza per convertire a tempo indeterminato tutti i contratti a termine superiori ai tre anni, nel rispetto della direttiva comunitaria. Nel nostro Paese si sono penalizzati anche coloro che hanno investito negli studi: è esemplare quanto sta accadendo nella scuola, dove ci sono circa 150mila docenti precari nelle graduatorie ad esaurimento, di cui la gran parte con oltre 36 mesi di servizio alle spalle. Non ci dobbiamo scandalizzare, poi, se nell’ultimo decennio il numero di immatricolati alle università è sceso da 338mila a 269mila studenti, ovvero del 20,6 per cento in meno rispetto al 2003. Il blocco del turn over e dei salari ha fatto il resto.
“Purtroppo, in Italia stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir –, le cui decisioni devono essere bene indirizzate attraverso un orientamento scolastico all’altezza. Soprattutto nelle aree a più rischio abbandoni. Serve poi l’estensione dell’obbligo formativo sino a 18 anni, con l’avvio anticipato a 5 anni. Ma anche l’approvazione di una vera riforma dell’apprendistato, che coinvolga i giovani a partire dai 15 anni e crei delle forme di alternanza scuola-lavoro nel triennio finale delle superiori”.
“Un maggiore collegamento con le aziende permetterebbe ai nostri ragazzi, come avviene in Germania, di specializzarsi prima di avventurarsi nella ricerca del lavoro. Anche perché la crisi ha messo alle strette anche il comparto privato: stretto tra riduzione del volume di affari, tassazione record e mancati pagamenti da parte dell’amministrazione pubblica, le aziende non riescono più a garantire – conclude il rappresentante Anief-Confedir – quel ricambio generazionale lavorativo necessario per togliere i nostri giovani dalla condizione di Neet”.
Per approfondimenti:
La nostra struttura copre tutte le regioni italiane.
Siamo presenti in tutte le province.