Ma Anief protesta per il mancato adeguamento degli stipendi all'inflazione previsionale nel triennio come dell'indicizzazione dell'indennità di vacanza contrattuale dopo il blocco decennale. Gli stipendi del personale della scuola, infatti, rimangono sganciati dagli aumenti avuti nel settore privato di ben tre volte, ed è pronto un nuovo contenzioso presso il tribunale del lavoro mentre in Senato il sindacato chiede il salario minimo della cittadinanza attiva.
La legge di bilancio, approvata alla Camera e in attesa del passaggio al Senato, ha stanziato i fondi per il rinnovo del CCNL relativo al triennio 2019-2021, per la copertura dell’elemento perequativo dal 1° gennaio 2019 e per la cosiddetta indennità di vacanza contrattuale in attesa del predetto rinnovo. Ma cosa significa tutto questo in termini pratici? Quanti soldi si devono aspettare i dipendenti pubblici con l’affacciarsi del nuovo anno? Tolte le somme utili a coprire l’elemento perequativo, per non far perdere terreno agli stipendi, gli 8 euro medi di indennità di vacanza contrattuale da aprile 2019, più altri 5-6 euro da luglio, per gli aumenti veri rimarrà ben poco, mentre a regime altri 12 euro potrebbero essere dati se si firma il rinnovo del contratto. Nel 2021 si potrà arrivare al massimo a 40 euro lordi. Cifre che non ce la faranno a pareggiare i 12-14 punti d’inflazione registrata in dieci anni. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Se si considera che negli ultimi tre anni i lavoratori statali hanno percepito solo il 5% complessivo di incrementi, accordati dai sindacati rappresentativi con l’Aran, l’attuale 1,9% complessivo di aumento finanziato dal governo lascia di fatto gli stipendi dei dipendenti pubblici una spanna sotto quelli del comparto privato. L’unica soluzione rimane il salario minimo di cittadinanza richiesto da Anief con un emendamento specifico al testo dell'esame del Senato.
Nel frattempo, il sindacato invita a presentare ricorso per il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, in modo da far recuperare a docenti e Ata almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre 2015. Delle cifre importanti, non gli “spiccioli” in arrivo nel 2019.