In assoluto, le donne coprono l’81 per cento delle cattedre; alle superiori sono il 65 per cento; alla primaria diventano il 96%; nella scuola dell’infanzia il 99,3 per cento. All’estero il divario c’è ma non di queste proporzioni. I motivi sono da ricercare nella bassa considerazione sociale della professione, negli stipendi da fame e nel lungo precariato. Che con la Buona Scuola è rimasto tale, perché quest’anno sono state cenferite ancora 100mila supplenze annuali. Con l’aggravante che si aggiunto il nomadismo, con 10mila precari assunti a centinaia di chilometri da casa, costretti ad abbandonare genitori, coniugi e figli, senza conoscerne i motivi.
Marcello Pacifico (presidente Anief): se si volesse realizzare un profilo del docente italiano, questo non potrebbe che essere di una donna stanca dai capelli ingrigiti dal tempo. E andrà sempre peggio: perché nel 2018 la pensione di vecchiaia arriverà alle soglie dei 68 anni, con l’assegno di quiescenza destinato a trasformarsi in una pensione poco più che sociale. Ma a chi ci governa non importa che insegnare è un mestiere logorante e che in altri Paesi, come la Germania, si può andare in pensione con 24 anni di servizio.