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Al momento non ci sono deroghe per far accedere ai corsi abilitanti tutti precari con almeno 360 giorni. Se arriverà l'ok, si rischia un numero raddoppiato di corsisti. Ma non quello dei posti per le assunzioni. Con i candidati più giovani che verrebbero danneggiati. A sorridere invece sarebbero gli atenei.

Sta creando un turbine di reazioni l’annuncio del ministro Profumo al grande pubblico, attraverso un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, sulla volontà del Miur di aprire i Tfa a tutti quei docenti che abbiano maturato almeno tre anni di servizio sulla classe di concorso per la quale intendono ora abilitarsi. In effetti, si tratta di una notizia che sconvolgerebbe il già precario assetto dei percorsi abilitanti, incentrato su corsi e tirocini attivi che avrebbero dovuto traghettare il sistema di reclutamento sino alla sua definitiva riorganizzazione.

Vediamo quali sono i punti oscuri. Il primo riguarda il via libera ai precari con un certo numero di anni di servizio (a dire il vero Profumo ha parlato di tre anni ma dovrebbero bastare, invece, solo 360 giorni): leggendo e rileggendo le modalità organizzative e operative per le prove di accesso ai Tfa, contenute nel Decreto del Direttore generalen. 74 del 23 aprile, si scopre che l’unica deroga alla procedura di accesso diretto dei docenti precari riguarda i candidati che hanno superato le prove riguardanti le vecchie Ssis (ma che poi non hanno portato a compimento il corso formativo). Serve dunque, anzi è indispensabile, una norma ad hoc.

La mancanza è stata individuata anche dal presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, il quale, dopo essersi compiaciuto della decisioni del Miur di aprire ai precari “storici”, evitando così “un contenzioso, qualora viale Trastevere non avesse creato un via preferenziale per questi lavoratori precari che hanno acquisito sul campo competenze e professionalità”, ha chiesto pubblicamente che le intenzioni di Profumo si traducano al più presto in un atto concreto: “è indispensabile una decisione rapida da tradurre con un emendamento, all’interno del prossimo provvedimento legislativo varato dal Governo”. Del resto, gli interessati scalpitano. E non si possono di certo avvisare una settimana prima della scadenza dei bandi (fissata al 3 giugno).

Ora, ammesso che arrivi la deroga, la presenza dei docenti oltre i 21mila previsti creerebbe comunque non pochi problemi. Il contingente è stato infatti decretato dopo un lungo “tira e molla”, con al centro pressioni politiche, ministeriali, sindacali e accademiche. Oltre che dei diretti interessati. Le cifre individuate (4.275 posti associabili alla scuola secondaria di primo grado e 15.792 a quella secondaria di secondo grado, mentre ancora una volta aspiranti di infanzia e primaria rimarranno a bocca asciutta), sono frutto di conteggi che tengono conto dei posti oggi vacanti a livello regionale, delle stime sui prossimi pensionamenti e delle probabili riconversioni. Oltre che di una serie di altri fattori, tutt’altro che secondari. Come la capacità di organizzare i corsi da parte degli atenei. Ora, aggiungere un numero consistente di posti (alcune prime stime indicano almeno altri 20mila partecipanti che non passerebbero per la preselezione) potrebbe far saltare il “banco”. Nel senso che ritrovarsi con un numero raddoppiato di abilitati creerebbe una corsa al posto vacante (utile per acquisire supplenze ed eventuali assunzioni in ruolo). Con i neolaureati (in graduatoria rimasti in fondo) a fare la parte delle vittime sacrificali. Vanificando le intenzioni di apertura del ministro proprio ai più giovani candidati all’insegnamento.

Emblematica, in questo senso, la domanda “postata” da una nostra lettrice sulla lista di discussione Facebook. “Io non ho ben capito una cosa: se ad esempio a Catania per la classe di concorso A037 ci sono 15 posti, e ci sono 15 candidati con almeno 360 giorni di servizio (ma ovviamente saranno molti di più), automaticamente non ci sono più posti per quelli che restano (cioè quelli senza servizio) o si fa un conteggio a parte? Evidentemente - conclude polemicamente la lettrice - non sono l'unica ad aver fatto questa considerazione...è tutto il sistema che è sbagliato, privo di logica"

C’è poi da approfondire il versante economico della faccenda Tfa. Se ai corsisti con almeno 360 giorni di servizio verrà risparmiata la fase preselettiva e lo svolgimento dei tirocini (“Nella realtà il tirocinio l'hanno già fatto. Finito il corso, come tutti gli altri tirocinanti, dovranno superare la prova finale”, ha detto il ministro Profumo) lo stesso non si può dire della tassa di frequenza dei corsi. Forse sarà una tassa leggermente ridotta. In ogni caso per i rettori e i gestori delle casse degli atenei sarebbe un’altra importante boccata d’ossigeno. Peccato che a fornirla saranno i precari della scuola. Cui si chiederà di tirare fuori migliaia di euro per avere solo una certezza: accedere alla lotteria del futuro maxi-concorso.

Fonte: Tecnica della Scuola

Qualche giorno fa il Miur ha comunicato le cifre dei compensi che verranno destinati ai componenti le commissioni per il reclutamento dei dirigenti scolastici in corso di svolgimento in tutta Italia.

Compensi irrisori, a detta di molti: un compenso base” pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, “a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato”. In ogni caso “i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro”, con l’eccezione dei presidenti per i quali l’importo va incrementato del 20%.

Irrisori, è vero, ma non a giudizio di tutti. Interviene infatti l’Anief con un comunicato diretto e senza mezzi termini, sottolineando come “qualcuno dovrà pagare questo enorme danno erariale, poiché per evitarlo sarebbe bastato sospendere il concorso come indicato nella sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato. Presenteremo un esposto alla Corte di Conti.”

Il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, ha comunicato, dunque, l’intenzione di presentare un esposto al Procuratore Generale della Corte di Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo Pacifico non è stata presa “nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l’erroneità di un numero tutt’altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso”.

 “Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il Presidente dell’Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiati: l’amministrazione ha deciso di proseguire nell’espletamento delle prove scritte e nella correzione delle stesse, si è assunta anche la responsabilità di ‘bruciare’ in tal modo centinaia di migliaia di euro. Una quota enorme di soldi, dei contribuenti, che andranno ora inutilmente destinati ai compensi dei commissari e presidenti. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell’udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, il Tar non potrà che dimostrare l’avvenuto danno erariale”.

Un danno che va ascritto a qualcuno che opera all’interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato. “Quel qualcuno è impegnato nelle stanze del Ministero di viale Trastevere e presto ne dovrà rispondere. Inoltre, paradossalmente, tutto questo spreco di soldi pubblici si concretizza proprio mentre stanno per essere approvati una serie di ulteriori tagli al bilancio dell’istruzione pubblica, attraverso - conclude Marcello Pacifico - l’applicazione dello spending review e una manovra Finanziaria che sembra chiederà ulteriori tagli al settore”.

Ma l’Anief non si ferma qui e coglie l’occasione per ricordare che sta puntualmente impegnandosi, attraverso una serie di motivi aggiunti inviati al Tar del Lazio, anche contro gli esiti delle prove scritte del concorso per dirigente scolastico pubblicati in questi giorni dagli Uffici Scolastici Regionali.
Insomma commissari e presidenti correggono per pochi euro, il concorso rischia l’annullamento, ma procede imperterrito con l’espletamento delle prove orali. Osa troppo il Miur? Lo scopriremo nei mesi a venire se i compensi (vien da dire oboli) di commissari e presidenti saranno stati davvero inutili.

Fonte: Tecnica della Scuola

L'Anief, associazione professionale sindacale, ha deciso di presentare un esposto al procuratore generale della Corte dei Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo il presidente Marcello Pacifico non è stata presa "nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l'erroneità di un numero tutt'altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso".

Ora il Miur fa sapere che, rende noto l'Anief, "a ciascun componente delle commissioni esaminatrici dei concorsi indetti per il reclutamento dei dirigenti scolastici viene corrisposto un compenso base" pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, "a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato". In ogni casi "i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro", con l'eccezione dei presidenti per i quali l'importo va incrementato del 20%.

"Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il presidente dell'Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiatii. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell'udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, "il Tar non potrà che dimostrare l'avvenuto danno erariale". Un danno che va ascritto a qualcuno "che opera all'interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato".

Fonte: TMNews

Dalla documentazione sulla revisione della spesa si scopre che il governo ha intenzione di dimezzare le spese per fitti passivi e gestione degli immobili (l’esempio arriverebbe con l’accorpamento delle sedi Miur), ridurre gli organici dirigenziali, riconvertire i profili professionali, riorganizzare la struttura territoriale e riequilibrare la rete scolastica regionale. Nel mirino anche il rapporto alunni/docenti.

Sembra delinearsi attorno ad una serie di provvedimenti sinora inesplorati, una parte dello Spending review che il governo intende attuare, come annunciato nei giorni scorsi, nei confronti dell’istruzione pubblica: scorrendo la documentazione sulla revisione della spesa sul sito di Palazzo Chigi, risulta che per evitare agli italiani l’innalzamento dell’Iva di altri due punti, i tecnici del governo tecnico starebbero seriamente pensando ad una riduzione, a partire dal 2014, del 50% delle spese per fitti passivi e gestione degli immobili (ma già dal 2013 la riduzione sarebbe del 10%). Tra le operazioni più importanti su questo versante, sembra che via sia convergenza politica, oltre che del ministro Profumo, nell’abbandonare la sede del Miur collocata all’Eur, a due passi dal palazzo dei Congressi, e ospitare il personale addetto a Università e Ricerca all’interno della sede di viale Trastevere.

Sempre dalla stessa fonte emerge che il governo sta valutando le modalità per effettuare una riduzione degli organici dirigenziali e ad una riconversione dei profili professionali. Due provvedimenti, a dire il vero, che non sorprendono più di tanto: il primo, quello riguardante il ridimensionamento numerico dei capi d’istituto, è direttamente proporzionale al dimensionamento scolastico che toccherà il suo apice nella prossima estate; mentre nel secondo figurano sia l’opera di abilitazione dei docenti rimasti senza cattedra, che di recente ha preso il via, dopo qualche tentativo andato a vuoto, sia la fusioni delle classi di concorso (anche se in questo caso la “partita” è ancora aperta ed i tempi di realizzazione risultano più lunghi).

Confermata anche la riorganizzazione della struttura territoriale "con riduzione delle articolazioni provinciali e trasferimento di funzioni", che dovrebbe produrre principalmente un accorpamento degli ex provveditorati, ora Uffici scolastici provinciali, con l’Usr. Nel mirino vi è poi una "razionalizzazione dei distacchi": subito il dito è stato puntato su quelli fruiti annualmente dai sindacati, anche se va detto che dopo la cura “dimagrante” voluta dell’ex ministro della Funzione Pubblica si sono ridotto di circa la metà, arrivando complessivamente a meno di un migliaio.

Più preoccupante è il riferimento del governo non tanto al "riequilibrio della rete scolastica regionale"(già in atto), quanto quello sulla necessità di andare a rivedere la"proporzione tra docenti e classi di alunni". considerando l’innalzamento progressivo registrato negli ultimi anni, con classi iniziali alle superiori che hanno addirittura superato quota 30 iscritti (con tutti i rischi che comporta sul versante del diritto allo studio e della sicurezza), c’è da augurarsi che si tratta più di un provvedimento ipotetico (da prendere in considerazione come ultima eventualità) che realistico. Anche perché una manovra di questo genere non arricchirebbe di certo lo Stato, ma tra addetti ai lavori, studenti e famiglie (almeno 10 milioni di cittadini!) creerebbe di sicuro tanti malumori.

Come li sta creando già tra i sindacati. Dopo le proteste vibranti della Flc-Cgil e più pacate della Cisl Scuola, il 2 maggio sono arrivate anche quelle dell’Anief: il sindacato di Marcello Pacifico teme che lo Spending review si traduca in ulteriori danni al personale. “Ancora una volta – ha detto il leader dell’associazione sindacale autonoma – dopo il blocco degli stipendi, l’allungamento dell’età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero”, si continua ad “ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania”. Per l’Anief non si possono nemmeno accettare concertazioni: “noi non ci stiamo – ha continuato il Presidente - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il sindacato della scuola Anief chiede al Governo di rivedere il capitolo di tagli alla scuola previsto attraverso l'attuazione dello Spending review.

"Non si può pensare che quello della formazione delle nuove generazioni possa essere sistematicamente il comparto da cui sottrarre risorse pubbliche per risanare il bilancio dello Stato. Siamo appena usciti da un triennio terribile - dice l'Anief - durante il quale sono stati sottratti all'istruzione pubblica oltre 8 miliardi di euro. Ora, malgrado il Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ci continui a dire che la scuola non verrà più toccata dai tagli e che è tempo di tornare ad investire sulla cultura, veniamo a conoscenza del fatto che il Governo punta a realizzare una riduzione degli organici dirigenziali, una riconversione dei profili, un 'riequilibrio della rete scolastica regionale e della proporzione tra docenti e classi di alunni'".

Secondo l'Anief "per attuare lo Spending review e scongiurare l'innalzamento dell'Iva del 2%, la scuola viene erroneamente messa sullo stesso piano di altri quattro Ministeri. I quali, però, negli ultimi anni non sono stati falcidiati di tagli. Inoltre i 'tecnici' che stanno predisponendo la Manovra finanziaria estiva avrebbero già programmato un taglio ulteriore del 15% delle spese per beni e servizi sostenute dal Miur".

"Ancora una volta - commenta amaramente Marcello Pacifico, presidente del sindacato - dopo il blocco degli stipendi, l'allungamento dell'età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero, si vuole continuare ad infierire sul settore della conoscenza attraverso nuovi tagli di spese. Continuando ad ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania".

Per l'Anief qualsiasi politica di ridimensionamento del settore scolastico va respinta: non si possono accettare concertazioni o trattative di alcun genere. "Noi non ci stiamo - conclude Pacifico - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola".

Fonte: TMNews

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

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I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti