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Eppure i rendimenti risultano positivi pure nel periodo di crisi finanziaria. In media un docente versa 20 euro mensili. La convenienza sta nel fatto che la stessa quota arriva dallo Stato. Il limite: il capitale versato non è garantito. Ma considerando il sicuro abbattimento dell’assegno di pensione, forse i giovani farebbero bene a rischiare.

Il personale dalle scuola continua a non credere alla previdenza complementare: nemmeno il passaggio obbligatorio al sistema pensionistico contributivo ha convinto docenti e Ata ad aderire in massa al fondo Espero. A sei anni dal suo avvio, le ultime rilevazioni indicano iscritto solamente il 30% del personale di ruolo. E ciò malgrado il sorprendente trend positivo dei rendimenti, riscontrati anche di recente, in una situazione di profonda crisi generalizzata finanziaria e degli investimenti.

La scarsa adesione al fondo diventa ancora più evidente se si pensa che da un anno e mezzo anche il personale non di ruolo ha diritto all’iscrizione al fondo complementare.

Difficile comprendere i motivi di tanto scetticismo. Prima di tutto perché solo chi è alle soglie della pensione può sentirsi al riparo dell’abbattimento dell’importo dello stipendio che percepirà una volta lasciato il lavoro. Inoltre, se è vero che l’investimento con Espero, per statuto, non garantisce il capitale investito (come avviene ad esempio nel caso delle assicurazioni di tipo privato), vale la pena ricordare che la metà dell’importo base dei contributi viene versato dallo Stato. Un docente della scuola primaria a metà carriera, ad esempio, che decidesse di aderire andrebbe a versare tra i 20 ed i 25 euro mensili. Ma poiché la stessa quota viene versata anche dall’amministrazione, il “tesoretto” pensionistico che si viene a determinare appare sufficientemente al sicuro (anche se la certezza non c’è) da eventuali tracolli ulteriori dei mercati.

Significativo anche il dato che nel giugno del 2010 i rendimenti da inizio mandato erano del 18,48% per il comparto ‘crescita’ e del 14,14% per quello ‘garanzia’. E anche nel 2011, anno nero per gli investimenti finanziari, la performance annuale ha comunque mantenuto un importate segno positivo: la ‘crescita’ (calcolata sugli incrementi di valore quota, e quindi al netto di commissioni e imposte) si è attestata sullo 0,33%, la ‘garanzia’ sullo 0,25%.

Nemmeno i sindacati, che svolgono il ruolo di intermediari nella gestione dei fondi, sono riusciti a vincere lo scetticismo dei dipendenti. In questi giorni anche l’Anief ha lanciato la sua campagna di adesione al fondo Espero. Con un breve comunicato, il sindacato di Marcello Pacifico ha spiegato che alla luce delle “ultime riforme in tema di allungamento dell’età pensionabile e il passaggio secco al sistema contributivo, Anief ha deciso di lanciare la campagna di adesione al fondo Espero tra i suoi iscritti”. Per vincere le resistenze del personale verso la previdenza complementare istituzionale, il sindacato sta vagliando anche “l’opportunità di siglare convenzioni con istituti bancari per agevolare i propri iscritti nella costituzione di un’ulteriore pensione integrativa”. L’Anief, infine, ricorda che il problema esiste e chi non si cautela oggi potrebbe pentirsene: “attualmente, infatti, si stima che il dipendente andrà in pensione fra 20 anni con il 40% dell’ultimo stipendio”, conclude l’associazione sindacale degli educatori in formazione.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il punto più debole del decreto è quello che permette ad un docente diplomato di poter affiancare un liceale disabile solo dopo aver svolto un modulo formativo e pur non avendo conoscenza delle materie che andrà ad affrontare. Con gli alunni, penalizzati anche migliaia di specializzati: rimarranno senza posto. Dopo sindacati di base e precari, i no di Gilda, Anief e Flc-Cgil.

I cambiamenti nel mondo della scuola generano forti critiche. Se poi a farne le spese sono i precari, le polemiche hanno buone possibilità di trasformarsi in forti contestazioni. Non sorprende, quindi, che a distanza di alcuni giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale n. 7, che dà il via libera alla riconversione sul sostegno ai docenti di ruolo appartenente a classi di concorso con personale in soprannumero, vi sia stata un’ampia alzati di scudi contro l’iniziativa. Tra i punti più contestati c’è quello che permetterebbe ad un docente (anche un diplomato e le possibilità sono molte perché gli Itp in esubero quest’anno solo oltre 3.000) di poter affiancare alunni disabili già dopo aver svolto il primo dei tre moduli di formazione. E soprattutto di essere collocato in un’area unica del sostegno. Che in termini pratici significherebbe (probabilmente già dal prossimo mese di settembre) ritrovarsi a sostenere anche alunni “certificati” iscritti ad una classe terminale del liceo. Affrontando quindi argomenti che il docente non ha mai svolto durante la sua formazione superiore (tecnica o professionale), né tantomeno all’università (quasi mai frequentata dagli Itp).

I primi a porre il loro veto sono stati sindacati di base. Poi è stata la volta dei docenti precari, molti dei quali hanno manifestato la volontà di adire alle vie legali, sostenendo di essere scalzati per fare spazio a del personale scarsamente preparato nelle discipline e specializzato sull’insegnamento ad alunni con problemi di apprendimento.

Anche il “Forum Mai più precari nella scuola” ha chiesto “il ritiro del provvedimento da parte del governo”, poiché così come è stato organizzato soppianterebbe “docenti che hanno alle spalle decine di anni di insegnamento delle discipline, nella totale indifferenza rispetto alle esigenze didattiche degli allievi disabili. Altrettanti docenti specializzati ma precari, che hanno seguito un percorso universitario avanzato e che hanno lavorato per anni su posto di sostegno, maturando conoscenze e competenze specifiche, saranno nella pratica spazzati via, epurati. Saranno sostituiti dai loro colleghi costretti a riconvertirsi, demotivati, obbligati ad improvvisarsi in un ruolo mai ambito, formati con un corso breve, sintetico, in buona parte on-line”.

Nelle ultime ore lista di contrari si è decisamente allargata. Dai territori, i sindacati hanno dovuto fare i conti con l’ira dei diretti interessati: significativo, in tal senso, il comunicato della Gilda di Cuneo, secondo cui la soluzione prospettata dal Miur “precluderebbe la possibilità per migliaia di docenti precari specializzati di vedersi riconfermati nell'incarico annuale e ridurrebbe ulteriormente le probabilità di eventuali immissioni in ruolo”.

La preoccupazione è stata colta anche dall’Anief, che ha chiesto “ai parlamentari di presentare un’interrogazione urgente al ministro, visti i diversi aspetti oscuri. I corsi, infatti, potrebbero partire in deroga ai corsi ordinari per il conseguimento della specializzazione su sostegno, con un monte ore inferiore, un percorso differente e garantirebbero l’assegnazione su posto di sostegno prima ancora del conseguimento del titolo”. Per il sindacato di Pacifico, la convenzione per l’avvio dei corsi, inoltre, “è stata firmata con le Facoltà di Scienze della formazione primaria di sole cinque università, costringendo i corsisti, su base volontaria, a spostarsi anche in regioni lontane dai luoghi di servizio”. Il sindacato degli educatori in formazione ritiene, in conclusione, che in un solo colpo il Miur metterebbe a repentaglio “il diritto allo studio degli studenti disabili e la parità di trattamento con coloro che hanno conseguito la specializzazione attraverso i canali ordinari”.

Duro anche il giudizio della Flc-Cgil: che definisce la soluzione del Miur “inaccettabile, poiché su tale tema c'è una prerogativa contrattuale. È necessario –per il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo - fare una attenta valutazione sull'impatto nei singoli territori in relazione al numero dei docenti e alle classi di concorso/posti in esubero di appartenenza: in alcuni casi crediamo che una iniziativa di questo tipo sarebbe controproducente o avrebbe effetti nulli in tema di riassorbimento dell'esubero”.

La Cgil è inoltre preoccupata del fatto che questa modalità di collocazione comporterà “una ulteriore perdita di posti per i docenti a tempo determinato, innescando l'ennesima contrapposizione tra il personale”. Ancor di più perché, per scongiurare lo spettro della mobilità e della cassa integrazione, la riconversione su sostegno non si tradurrà in una scelta “volontaria, ma nei fatti in una scelta obbligata, essendo allo stato l'unica possibile”. Il sindacato ha quindi “chiesto che si blocchi la procedura” e si apra un tavolo di trattativa “per l'individuazione dei corsisti e si cerchino altre soluzioni”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Pacifico (Anief): Garantire trasparenza, pubblicità e valutazione.     

Basta al proliferare dell`individuazione dei dirigenti pubblici attraverso modalità che aggirano i concorsi: l`appello giunge dal convegno 'Il dirigente pubblico per l`Italia: presente e futuro', organizzato dal sindacato ConfedirMit-PA a Roma al circolo ufficiali dell`Aeronautica militare.

Partendo dall`incremento del ricorso allo `spoiling system` - la cui incidenza negli ultimi anni è schizzata dall`8% al 20% - i relatori si sono soffermati su un metodo di assunzione praticabile per legge solo per selezionare personale con professionalità eccelse. Quello di frenare la chiamata diretta dei dirigenti pubblici è un tema già avviato a Palazzo Vidoni. E l`amministrazione si è detta sensibile ad affrontare l`argomento: "Serve un provvedimento d`urgenza - ha chiesto Stefano Biasioli, segretario generale ConfedirMit-PA e membro del Cnel - perché è sotto gli occhi di tutti che dal 2001, con l`introduzione della legge 150, c`è stato un proliferare di pseudo-concorsi con candidati non prescelti sulla base delle abilità, ma di rapporti privilegiati. Torniamo quindi ad affidare al sindacato un ruolo attivo di controllo delle selezioni".

Anche per Stefano Simonetti, direttore amministrativo della Usl n. 3 di Pistoia, la soluzione non può che essere quella del rigore: "occorre dire basta all`abuso della deroga al concorso pubblico - ha spiegato Simonetti - perché da qualche anno stiamo assistendo all`individuazione di candidati, non necessariamente dirigenti ma anche assistenti amministrativi, sulla base di norme nate solo per ambiti particolari, come quello della ricerca".

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell`Anief e membro della segreteria ConfedirMit-PA, c`è necessità di "garantire trasparenza, pubblicità degli atti e una seria valutazione sinora invece sconfessata dai concorsi, come anche accaduto in occasione di quelli gestiti dal Miur per la scelta dei dirigenti scolastici. Per mettere freno allo spoiling system occorre invece una seria formazione e riqualificazione del personale dirigente, che non sia più soggetto a dover essere assunto o rimosso per la sua connotazione politica".

Fonte: TMNews

È il risultato che sta emergendo dal sondaggio predisposto dal Miur: solo il 10% sarebbe favorevole. Vanificando le intenzioni di Miur e governo di dimostrare che la volontà popolare è per la cancellazione. Gli studenti del Link, intanto, continuano la loro opera di contestazione: davanti al Miur miriadi di rotoli di carta igienica con la scritta 'Titoli di studio o carta straccia?'

Alla fine i dubbi sul valore legale del titolo di studio sembrerebbero rivelarsi del tutto inutili: a poche ore dalla consultazione pubblica messa in atto dal Miur dopo la cancellazione della norma dal decreto semplificazioni, circa 15mila partecipanti su 20mila (con maggiore propensione al Sud) hanno detto che vorrebbero mantenere l’attuale valenza della laurea “perché garantisce la qualità della prestazione resa dal professionista, che il cliente potrebbe non essere in grado di verificare da solo”. È troppo forte, evidentemente, il timore di vedersi privare di uno dei punti fermi del nostro sistema formativo e di accesso al mondo professionale.

L’anticipazione, fornita dal quotidiano più distribuito in Italia, il Corriere della Sera, non lascerebbe spazio a dubbi. Quella che nelle intenzioni del premier Monti e del ministro Profumo doveva essere un importante indicatore di tendenza della volontà popolare, per verificarne la disponibilità a rivedere, in chiave moderna, il valore e la spendibilità dei diplomi, ha in realtà prodotto un chiara richiesta di mantenimento del quadro normativo esistente: solo il 10% dei votanti ha espresso un giudizio negativo sull’attuale assetto. Quasi il 74% si è invece detto d’accordo nel mantenerlo. E il resto, circa il 15%, non ha preso posizione, preferendo cliccare sull’opzione “dipende dal tipo di professione”.

Del risultato che si sta concretizzando sul portale del Miur si compiaceranno in molti. Dai partiti politici d’opposizione, capitanati da sinistra e Idv, ai sindacati, con parole forti usate da Flc-Cgil e Anief, sino addirittura ad alcuni rettori.

Tra coloro che cantano vittoria figurano poi la maggior parte degli studenti. Qualche giorno fa hanno allestito un contro-questionario. E nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 aprile hanno lasciato diversi rotoli di carta igienica, con sopra la scritta ‘Titoli di studio o carta straccia?’, proprio davanti al ministero dell’ Istruzione. L’ azione dimostrativa ha voluto porre l’ attenzione su una intenzione del governo che secondo Diana Armento, coordinatrice di Link Roma sarebbe “una vera e propria truffa” poiché nella stessa formulazione delle domande poste on line si coglie “la volontà governativa di orientare le risposte verso l’ assenso a tale abolizione. Ciò è ancor più grave – continua la studentessa - se si tiene conto del fatto che si tratta di una tematica di fondamentale importanza; infatti l’ abolizione del valore legale del titolo di studio creerebbe una dualità all’ interno del sistema formativo con poli universitari eccellenti ma costosissimi e università scadenti ma economiche. Insomma il merito dello studente perderebbe valore in favore della reputazione dell’ Ateneo da cui proviene, rendendo le nostre lauree carta straccia”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Sconfitte a raffica per il ministero dell`Istruzione dopo il biennio di "buio" 2009-2011 in cui non è stato garantito il principio del merito nel reclutamento degli insegnanti, come conferma la declaratoria di incostituzionalità dell`articolo 1, comma 4 ter, del dl 134/09, aggiunto dalla legge di conversione 167/09 (sentenza 41/2011).

Due insegnanti ottengono che l`assunzione a tempo indeterminato sia retrodatata di due anni, appunto dal 2011 al 2009: il provvedimento dell`autorità le penalizzava sul piano retributivo e le obbligava ad aspettare più tempo per eventuali trasferimenti di sede. È quanto emerge dalla sentenza 2276/12, pubblicata dalla sezione lavoro del tribunale di Milano, che va nella direzione di tutelare la parità di trattamento fra tutti i docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento (circa 200 mila lavoratori), riportata dal sito Cassazione.net.

Ad aprire la vertenza è stato nel 2009, l`Anief, il sindacato degli educatori in formazione. Dopo che la controversia è passata dal Tar Lazio, ora è confermata la giurisdizione del giudice ordinario: si controverte infatti sugli atti di gestione della graduatoria utile per l`eventuale assunzione, che rientrano tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato e rispetto ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi. E soprattutto deve essere riconosciuto l`inserimento a "pettine" dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti in un`altra provincia rispetto a quella di residenza e deve essere respinto il sistema delle "code".

Fonte: TMNews

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

IL PUNTO

I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti