L'Anief contesta "con forza" la posizione espressa oggi dal ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, attraverso un'intervista rilasciata all'Avvenire, riguardo alla "volontà del governo di licenziare al più presto il personale del pubblico impiego e della scuola in stato di esubero e non ricollocabile". "Da tempo - sottolinea il sindacato autonomo - l'amministrazione pubblica ha inviato segnali in questa direzione e non possiamo certo meravigliarci se oggi è tornata ad esprimerli con maggiore forza".
"Il nostro sindacato - ha dichiarato il Presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - ha denunciato dal mese di novembre, subito dopo l'approvazione della Legge 183/11, l'ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all'amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale".
Il rappresentante dell'Anief spiega quindi perché il governo non è nuovo ad annunciare questo genere di intenzioni: "In effetti - ricorda Pacifico - purtroppo al di là delle mere e sterili lamentele degli altri sindacati, il ministro della Funzione Pubblica ha ricordato che la possibilità di licenziare nella pubblica amministrazione è stata prevista già con l'approvazione del decreto legislativo 165 del 2001: si tratta della norma, in vigore dunque da oltre 10 anni, che ha introdotto l'allontanamento del lavoratore per motivi esclusivamente finanziari, derivanti dalla soppressione degli enti esistenti fino a quel momento".
Ne consegue, continua il presidente dell'Anief, che "il problema non è garantire un posto di lavoro che non c'è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l'economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione".
Secondo l'Anief anche dal confronto con gli altri Paesi il nostro esce clamorosamente perdente: "Non è un caso - ha concluso Marcello Pacifico - che la Germania, indiscusso volano dell'economia europea, anche negli ultimi anni contrassegnati dalla crisi economia internazionale abbia aumentato gli investimenti del Pil proprio nel comparto della pubblica amministrazione".
L’equiparazione dei dipendenti pubblici ai privati arriverà in estate con la riforma del lavoro: la mobilità obbligatoria per due anni già esiste, ma d’ora in poi per chi non sarà ricollocato scatterà il licenziamento. Cgil e Uil pronti allo sciopero. Cisl: serve un confronto. Anief: pensi a rilanciare i servizi. Ugl: sono altri i veri sprechi.
Il personale in esubero e non ricollocabile entro due anni va licenziato: anche quello con un contratto nel pubblico impiego. A sostenerlo, attraverso un'intervista all'Avvenire pubblicata il 19 aprile, è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi. La novità, rispetto a quanto sinora paventato dai più alti rappresentanti del Governo, come il ministro del Lavoro Elsa Fornero, è che il provvedimento non è solo un’idea da mettere sul tavolo: secondo Patroni Griffi il progetto è già molto avanti, tanto che nelle intenzioni del responsabile della Pa verrà incluso nella riforma del lavoro. E quindi la norma sarà approvata entro l'estate. Per farlo si attuerà una apposita delega per l'estensione delle norme anche al pubblico impiego.
"Spero che capiscano tutti anche i sindacati", ha detto il ministro della Pubblica amministrazione. "Devono accettare il meccanismo di mobilità obbligatoria per due anni che già esiste ma che ancora non è stato attuato. Noi andiamo avanti e in tempi brevi definiremo per ogni singola amministrazione, il quadro delle eccedenze del personale in servizio. E chiariremo – ha aggiunto Patroni Griffi - che questo non significa che dopo 24 mesi quei lavoratori dovranno essere licenziati. Prima proveremo a vedere se quel personale, riqualificato, potrà essere utilizzato meglio in altri settori. Poi, solo se alla fine non si troveranno alternative l'unica strada rimarrà quella del licenziamento".
Dopo la premessa, la ‘stoccata’ finale: il governo intende concludere il progetto al più presto, già "entro l'estate, anche perché – ha concluso il Ministro - già nella seconda metà di maggio. Dopo gli incontri che ho in corso con i sindacati vorrei che si varasse il disegno di legge sulle nuove regole del pubblico impiego".
Le parole di Patroni Griffi ha destato immediate e vibranti reazioni tra tutti i sindacati che difendono i lavoratori della pubblica amministrazione. “Se il ministro Patroni Griffi intende imporre licenziamenti facili nelle pubbliche amministrazioni – ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil - sappia che siamo pronti allo sciopero generale, dopo la manifestazione del pubblico impiego di lunedì 23 a palazzo Vidoni”. Il leader dei lavoratori della conoscenza sostiene che non si possono cambiare le regole in corsa, perché devono essere sempre “condivise e rispettose dei contenuti dei contratti”. Per la Flc-Cgil, quindi, non si può parlare di licenziamenti se prima non si garantiscono “vere opportunità alternative in termini di mobilità”. E nel comparto dell’istruzione pubblica queste sicuramente non mancano: “dopo i tagli di organico nella scuola pubblica – conclude Pantaleo - riteniamo che esistono possibilità concrete di utilizzare il personale in esubero per migliorare la qualità dell'offerta formativa”.
Anche per la Cisl non è agitando lo spettro del licenziamento che si può far crescere il livello di produttività della pubblica amministrazione. Giovanni Faverin (Cisl Fp) e Francesco Scrima (Cisl Scuola) scrivono che “la licenziabilità dei dipendenti pubblici è un falso problema: le norme esistono e la disciplina anzi è più rigida che nel privato. Sulla mobilità, in particolare, non abbiamo bisogno di ‘capire’: nella scuola ogni anno gestiamo attraverso contratti la mobilità di migliaia di lavoratori, che ultimamente è stata soprattutto mobilità forzosa per far fronte a esuberi e soprannumero. Invece di alimentare inutili tensioni sui media, il ministro valorizzi il confronto con le parti sociali".
Secondo i sindacalisti della Cisl “il punto vero è pensare ad una riorganizzazione seria e complessiva della Pa e della scuola, all’interno della quale rilanciare le priorità: qualità dei servizi, sostenibilità, produttività, certificazione delle competenze”.
Un piano alternativo a quello di Patroni Griffi è stato reso pubblico dal segretario confederale Cisl, Gianni Baratta. "Si riapra, contestualmente, lo spazio contrattuale compresso dalle vigenti leggi; si accetti il confronto per la spendig reviu stabilendo per ogni amministrazione la destinazione dei risparmi degli investimenti e la remunerazione del lavoro; si decidano iniziative forti sull'occupazione riguardanti anche il precariato e sulla formazione; si sblocchi la previdenza integrativa dopo la 'paccata' subita sulla riforma delle pensioni".
Paolo Pirani, segretario confederale Uil, chiede a questo punto “se ci sia o meno l`intenzione di sottoscrivere con il sindacato un accordo sul lavoro pubblico. Contro la 'svalorizzazione' del lavoro pubblico e in mancanza di un progetto di rilancio della qualità della Pubblica amministrazione a favore dei cittadini - ha aggiunto - la Uil ha già realizzato uno sciopero generale. Continueremo a contrastare, con determinazione, ogni politica che facesse gravare sui lavoratori pubblici i costi delle inefficienze e degli sprechi generati da scelte politiche dissennate".
Anche per l’Anief il ministro Patroni Griffi sbaglia ad annunciare i licenziamenti dei lavoratori pubblici. “Il problema – dice il presidente Marcello Pacifico - non è garantire un posto di lavoro che non c’è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l’economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione. Noi abbiamo denunciato dal mese di novembre, subito dopo l’approvazione della Legge 183/11, l’ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all’amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale”.
A non accettare “mai che si ricorra ai licenziamenti come strumento per ridurre le spese dalla pubblica amministrazione", sono anche i segretari dell`Ugl Intesa Funzione Pubblica, Paola Saraceni e Francesco Prudenzano: "bisogna sì pensare ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione - spiegano - ma abbattendo i veri sprechi, intervenendo duramente su esternalizzazioni e consulenze e valorizzando i dipendenti pubblici. Una riorganizzazione - concludono - è necessaria, ma non sulla pelle dei lavoratori".
Con i tagli del precedente governo sono tanti rimasti senza cattedra che fanno i "tappabuchi". E secondo l'Anief ora potrebbero rimanere senza posto. Il sottosegretario Rossi Doria: "Sono stati e verranno utilizzati".
Dopo i tagli del governo Berlusconi, 10 mila insegnanti rischiano il licenziamento. A denunciarlo è l'Anief, l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione. Ma secondo il ministero il pericolo che ciò possa avvenire è remoto. A sollevare il problema una interpellanza parlamentare della deputata dell'Italia dei Valori, Anita Di Giuseppe. "Quello dei docenti sovrannumerari della scuola italiana è un problema crescente, di cui il governo deve farsi necessariamente carico", si legge in una nota dell'Anief.
Attualmente, sono quasi 11 mila i docenti di ruolo rimasti senza cattedra, che vengono utilizzati dal ministero per fare i tappabuchi. La fetta più grossa di docenti in esubero è al superiore, dove il taglio delle ore di lezione operato dalla riforma Gelmini è stato più consistente e proseguirà ancora per tre anni. "Per questi insegnanti - spiega il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - a seguito dell'ulteriore riduzione di offerta formativa settimanale nelle scuole superiori, il pericolo è reale e prossimo al compimento".
La legge di stabilità approvata prima delle dimissioni del governo Berlusconi conteneva una norma che per i docenti in esubero prevede la mobilità "forzosa" presso altre amministrazioni pubbliche. "E se ciò non sarà possibile - continua Pacifico - si procederà alla cassa integrazione per due anni seguita dal licenziamento, nel caso in cui tale personale non possa essere ricollocato. Bisogna evitare che ciò avvenga". Ma secondo il sottosegretario Marco Rossi Doria, che ha risposto all'interpellanza di pochi giorni fa, il governo a cuore la sorte dei docenti in esubero.
"Nell'anno scolastico corrente - spiega Rossi Doria - l'esubero si è determinato in 10.706 unità docenti, in buona parte concentrato nella scuola secondaria di secondo grado, ove, accanto al riordino dei cicli, si è verificata la maggiore diminuzione della popolazione scolastica. L'esubero, tuttavia - continua il sottosegretario all'Istruzione - viene determinato e conteggiato in organico di diritto, e viene poi riassorbito quasi completamente in organico di fatto". In altre parole, i docenti in esubero vengono utilizzati "su posti derivanti dall'unificazione degli spezzoni di orario disponibili utilizzabili solo in organico di fatto e su posti di sostegno".
Ma di eventuali corsi di riconversione professionale - che potrebbero abilitare all'insegnamento in altre discipline docenti che hanno ormai maturato anni di servizio, facendoli uscire dal tunnel della precarietà - non si discute. Qualche settimana fa, si è parlato di riconvertire parte dei docenti in esubero su posti di sostegno. Ma viale Trastevere smentisce. "Con riferimento ai corsi di riconversione - risponde Rossi Doria alla Di Giuseppe - che nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato". Ma Idv e Anief chiedono al governo tecnico di "non lavarsene le mani".
Il concetto espresso dal tribunale è la salvaguardia della parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie. Il sindacato di Pacifico chiede ora un’azione conciliativa dell’amministrazione per risolvere subito il contenzioso. Coinvolti migliaia di docenti inseriti nelle GaE.
Ancora una sentenza che rischia di mettere a repentaglio il contenuto delle già non floride casse del ministero dell’Istruzione. Stavolta ad emetterla è stato il tribunale del lavoro di Milano, che chiude nel merito la vertenza iniziata dai ricorrenti dell’Anief nel 2009 al Tar Lazio, confermando l’inserimento a “pettine” dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti su altra provincia e respingendo, di conseguenza, il sistema delle “code” introdotto nel 2007 dall’ex ministro Giuseppe Fioroni.
Il concetto che i giudici del lavoro hanno ribadito è stato quello di tutelare la parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie ad esaurimento: una posizione, del resto, già espressa dai giudici costituzionali, attraverso la sentenza n. 41/2011.
La sentenza di Milano, però, appare di maggior importanza: potrebbe infatti ora orientare le tante altre che migliaia di precari della scuola attendono con ansia. Sia per puntare all’assunzione, sia per percepire indennizzi tutt’altro che figurativi.
Canta vittoria, naturalmente, Marcello Pacifico, il presidente nazionale dell’Anief. “Finalmente – dice il leader del sindacato degli educatori in formazione - si chiude una pagina giuridica già vinta diversi anni orsono: dopo la recente conferma dei provvedimenti cautelari e commissariali avvenuta in quasi tutte le corti territoriali, negli scorsi mesi, in tema di inserimento a pettine dei ricorrenti per via della riassunzione dei processi avviati tempo addietro, vi è la prima sentenza di merito, emanata in tempi record e tanto attesa dal Miur da fargli accantonare 1.500 circa posti riservati alle immissioni in ruolo nella scorsa estate, su richiesta di sindacalisti e politici”.
L’Anief aveva ribadito questa posizione, anche di recente, al sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, durante un recente incontro informale: “di fronte a una volontà chiara del legislatore, ad articoli tanto espliciti della Costituzione, a una giurisprudenza così evidente – ha sottolineato il presidente Anief - era e rimane auspicabile un’azione conciliativa dell’amministrazione tesa a risolvere subito il contenzioso”. Cosa accadrà ora? Pacifico si rivolge al capo dipartimento per l’istruzione, Lucrezia Stellacci, chiedendogli “di prendere atto della decisione dei giudici e di evitare nuove condanne per risarcire spese legali o presunti danni che pesano sempre, purtroppo, nelle sole tasche dei cittadini”. Ora la “palla” passa al capo dipartimento. Che assieme al ministro Profumo dovrà decidere se fermare tutto o andare avanti con le sentenze.
L'Anief lancia il grido d'allarme per un possibile collocamento forzoso presso altre Amministrazioni.
In risposta ad una interrogazione parlamentare dell’IdV che chiedeva al Miur un impegno per i docenti statali in soprannumero (oltre 10 mila rimasti senza cattedra), il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria, ha usato parole tranquillizzanti, assicurando che in organico di fatto saranno quasi tutti sistemati e che non sarà necessaria una loro riconversione per altri ruoli.
Sembra essere di parere nettamente contrario l’Anief che in suo comunicato, dopo aver ricordato che quello dei docenti in esubero è un problema di cui il Governo deve farsi necessariamente carico, ha preso posizione in merito dichiarando che per questi insegnanti di ruolo senza posto il pericolo è reale perché “In base a quanto introdotto con l’ultimo provvedimento del Governo Berlusconi, attraverso la Legge 183 del 12 novembre 2011, già dal prossimo mese di settembre per il personale che andrà in esubero scatterà la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione. E se ciò non sarà possibile, si procederà alla cassa-integrazione per due anni. Seguita dal licenziamento, nel caso in cui non possa essere ricollocato”.
Se questa previsione normativa dovesse valere anche per gli insegnanti, come sostiene l’Anief, il pericolo non sarebbe da poco, visto che, a causa della contrazione dei pensionamenti, il riassorbimento dei docenti in soprannumero potrebbe essere molto lungo.
Per questo il Presidente dell’Anief si è rivolto al Governo: “bisogna assolutamente evitare che migliaia di docenti della scuola pubblica si trovino, anche dopo decenni di onorato servizio e senza alcuna responsabilità, ad abbandonare in modo coatto il loro mestiere di professionisti della formazione delle nuove generazioni. O, peggio ancora, che vengano deprivati di qualsiasi occupazione. Non c’è più tempo da perdere: servono provvedimenti di massima urgenza!".