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Il sindacato di Pacifico ritiene che le scelte discutibili prese dal Miur sarebbero governate da un consigliere - chiamato dal ministro Gelmini e confermato da Profumo - che si ostina a voler programmare la formazione universitaria senza avere competenza in materia. Critiche pure ai sindacati che salgono a viale Trastevere: forniscono solo le notizie.

Non si placano le critiche sulle modalità scelte dell’amministrazione scolastica per portare a termine le procedure di avvicinamento ai Tfa abilitanti. Alle perplessità dei sindacati più rappresentativi, presenti con le loro delegazioni agli incontri con i direttori generali del Miur, nelle ultime ore si sono aggiunte quelle dei diretti interessati. Lo scontento abbraccia sia i giovani - la maggior parte dei quali non sa districarsi tra operazioni di verifica dei titoli, scelta delle classi di concorso e contenuti da selezionare per preparare al meglio il test preselettivo di luglio – sia i precari della scuola. Tra questi sono in migliaia a sentirsi beffati per l’esclusione dall’accesso diretto ai Tfa, senza passare per la lotteria dei test, dovuta al diktat imposta da viale Trastevere: aver collezionato 3 annualità tra supplenze annuali o continuative per almeno 180 giorni.

Secondo l’Anief, l’associazione sindacale nata poco più di tre anni fa proprio per assistere gli “educatori in formazione”, ritiene che i limiti organizzativi dl Tfa vanno ricondotti ad “un consigliere - chiamato dal ministro Gelmini a Viale Trastevere e confermato da Profumo - che si ostina a voler programmare la formazione universitaria senza avere una minima competenza in materia né il pudore o la coscienza di ammettere di essere, perlomeno, la persona meno indicata a trattare l’argomento. Ma si sa l’Italia non è la Germania dove per aver copiato una tesi ci si dimette immediatamente”.

Il sindacato esperto di normativa scolastica e del lavoro non cita mai il fantomatico consigliere scelto dall’ex ministro Gelmini, ma per gli addetti ai lavori o per coloro che seguono con costanza le vicende della scuola italiana appare molto chiaro a chi è indirizzata la “frecciata”.

L’Anief, comunque, non se la prende solo con lui. “Speriamo che al prossimo incontro, almeno, i sindacati scelti dai lavoratori per trattare la materia – continua l’associazione che rappresenta circa 9mila lavoratori della scuola - sappiano ricordare ai tecnici del Miur come negli ultimi dieci anni con 360 giorni di servizio siano stati abilitati 200.000 insegnanti (e non con tre anni), come sia necessario programmare il fabbisogno sulle nuove classi concorsuali (ultimo regolamento da approvare), come non si possa obbligare un precario ad abilitarsi in una specifica regione, a vedere compresso il diritto al lavoro durante la frequenza dei corsi né a pagare l’iscrizione a un test di accesso quando ha diritto a quel corso; così come anche i corsi di formazione per i sovrannumerari devono rispettare il numero di crediti formativi (60) richiesti dalla legge per il rilascio della certificazione universitaria”.

L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico chiude con un appello a Profumo: “chiediamo al ministro di fare chiarezza, cambiando consigliere”. E pure ai sindacati, cui chiede “di rappresentare gli interessi dei lavoratori e degli utenti della scuola, perché a limitarsi a fornire le notizie è sufficiente la stampa".

Fonte: Tecnica della Scuola

Invalsi, ultimo atto. Ma sulla tornata finale dei test che valutano la preparazione dei nostri studenti in matematica e italiano, si addensano le nubi della protesta. Dopo le prove della scorsa settimana che hanno visto impegnati gli alunni delle classi seconde e quinte elementari e prime medie (più di 1 milione e 700 mila ragazzi), tocca ora ai liceali del secondo anno: circa 533 mila. A chiudere il calendario 2012 sarà poi la prova nazionale inserita negli esami di terza media, l'unica che peserà per legge sul voto finale.

La prova rappresenta «uno strumento per fornire al sistema nel suo complesso, e alle scuole individualmente, una valutazione dei livelli di apprendimento raggiunti in alcuni ambiti fondamentali per l'accesso alla cittadinanza», spiega Roberto Ricci, responsabile del Servizio nazionale di valutazione. Quello che un tempo era il «leggere e fare di conto» e che ora si declina in «buone capacità di lettura e possesso di capacità matematiche adeguate». Nè scontate nè assodate, peraltro, come ha sottolineato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Che dopo aver consultato l'ultimo Rapporto Invalsi sugli esami di maturità 2009-2010 ha concluso che «i nostri giovani sanno troppo poco: non conoscono le lingue, italiano compreso e neanche i rudimenti della matematica». Ma le prove nazionali restano un passaggio inviso a larga parte del mondo scolastico, che minaccia boicottaggi e barricate.

LE PROTESTE - L'Associazione professionale sindacale Aniefparla di «verifiche tutte da rivedere, che non servono, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi». I Cobasannunciano scioperi di docenti e personale Ata. E programmano un sit in di protesta a Roma, mercoledì mattina, davanti al ministero di Viale Trastevere, «contro la miserabile scuola-quiz», dice il portavoce nazionale Piero Bernocchi. L'Unione degli Studenti proclama il boicottaggio dei test in centinaia di scuole «per opporsi categoricamente al modello di scuola e di valutazione che ci vogliono imporre che non tiene conto delle conoscenze critiche degli studenti e non valorizza i percorsi di studio nelle classi». Lo afferma Carmen Guarino, responsabile valutazione dell'UdS. Che spiega le modalità della protesta: cortei fuori dagli istituti, assemblee autoconvocate, volantinaggi e, nelle classi, studenti che consegneranno le prove in bianco. Le aree più «calde» dovrebbero essere Trieste, la Puglia, Napoli, Roma.

«SCUOLE DI SERIE A E B» - Il messaggio politico dell'associazione studentesca è «la categorica opposizione al modello di scuola e di valutazione che ci vogliono imporre, che non tiene conto delle conoscenze critiche degli studenti e non valorizza i percorsi di studio nelle classi», spiega Guarino. Che aggiunge: «Ci chiediamo come si coniughi la distribuzione censuaria di test standard con la pretesa di scientificità statistica che gli Invalsi vantano. Le rilevazioni non misurano i livelli d'apprendimento degli studenti e neppure il valore delle scuole. Vogliono ratificare e non modificare l'esistenza di scuole di serie A, B e Z». Anche il collettivo Senza Tregua organizzerà a Roma iniziative contro gli Invalsi. E il Collettivo autonomo studentesco di Bologna invita a invalidare il test cancellando il codice indicativo con un pennarello che verrà distribuito all'ingresso delle scuole.

FAVOREVOLI - Intanto l'Istituto, con una nota, fa sapere che durante i test che si sono svolti nella scuola primaria e media, solo lo 0,70% delle classi non ha fatto le prove e di queste lo 0,69% causa sciopero. Dati contestati dai Cobas, che accusano il ministero di aver fornito cifre truffaldine, relative alle sole scuole-campione dove erano presenti gli ispettori Invalsi. «In qualche caso è stato necessario accorpare le classi per giungere a cifre accettabili di presenti», dice Bernocchi. Di tutt'altro parere il Moige, il Movimento italiano Genitori, che ritiene l'esperienza Invalsi «un passo significativo verso il miglioramento dell'intero sistema scolastico, che consentirebbe di allinearci agli altri paesi europei, nei quali questa pratica è consolidata». 

Favorevole anche StudiCentro, l'organizzazione studentesca dell'Udc: «Alle sigle studentesche e sindacali che si oppongono all'Invalsi facciamo presente che questo è un questionario che va nella direzione degli studenti per individuare le lacune di un sistema di apprendimento di certo non perfetto. Siamo convinti - dice Virgilio Falco, portavoce dell'organizzazione studentesca - che la grande partecipazione potrà dare dati utili a evidenziare dove il sistema scolastico può e deve impegnarsi per migliorare».

OBBLIGATORIO - Una norma inserita nel decreto Semplificazioni trasforma, da quest'anno, il test in un'attività didattica ordinaria, sancendone di fatto l'obbligatorietà. Ma l'Istituto, per rispondere alle polemiche, precisa che «non ha, nè intende raccogliere, alcuna informazione sull'identità degli insegnanti delle diverse classi interessate alle prove e, pertanto, non ha in programma alcuna segnalazione».

Fonte: Corriere della Sera

Non servono all'amministrazione, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi: è questo il giudizio dell'Anief nei confronti dei test Invalsi, a cui domani verranno sottoposte tutte le seconde classi della scuola secondaria di secondo grado.

Secondo l'associazione sindacale "insistere su verifiche standardizzate contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi 20 anni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo".

E - si spiega - non serviranno nemmeno le più sofisticate tecnologie applicate ai quesiti, per prevenire le copiature e gli aiuti da parte degli insegnanti, a risollevare questa modalità di rilevazione: "Siamo di fronte sempre e comunque a procedure che - sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante energie profuse proficuamente da diverso tempo. Come il Portfolio delle competenze e delle abilità, oltre che la creazione della carta d'identità dello studente e dell'istituto scolastico".

Secondo l'Anief "non si può valutare il percorso di apprendimento di un alunno senza prendere in considerazione delle variabili fortemente soggettive e tutt'altro che standardizzabili". "Prima di verificare le competenze di un alunno - sostiene il sindacalista - è indispensabile registrare sempre il punto di partenza delle conoscenze, gli strumenti operativi a sua disposizione, il gruppo classe, la famiglia di provenienza, il territorio circostante. Solo per rimanere alle più importanti".

"Qualsiasi analisi scientifica - ritiene Pacifico - non può essere considerata seria e attendibile per lo sviluppo e il miglioramento della scuola". Quindi, "continuare su questa strada non aiuta quindi a mettere in campo tutte quelle strategie e risorse per migliorare la nostra scuola e l'apprendimento dei nostri alunni". E "se non si esce da questo equivoco - conclude il Presidente dell'Anief - significa voler insistere su un inutile spreco di energie, soldi e tempo".

Fonte: TMNews

Con le prove di domani, rivolte agli iscritti della scuola secondaria di secondo grado, si avviano a compimento i test Invalsi dell'anno scolastico in corso. Tutti i sindacati maggiori, a differenza dei Cobas, che hanno proclamato lo sciopero nei giorni di somministrazione delle prove (peraltro con scarso successo: domani confidano nell’aiuto degli studenti dell'UdS) ritengono queste prove utili per migliorare la qualità dell’offerta formativa.

Invece per l’Associazione professionale sindacale Anief si "tratta di verifiche tutte da rivedere, perché per come sono predisposte e somministrate non servono, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi".

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, “valutare il rendimento dei nostri alunni attraverso la somministrazione di test standardizzati a livello nazionale contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi 20 anni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo”.

A suo giudizio “prima di valutare le competenze è indispensabile registrare sempre il punto di partenza delle conoscenze, gli strumenti operativi a sua disposizione, il gruppo classe, la famiglia di provenienza, il territorio circostante”.

Dall’Invalsi però si obietta che queste variabili sono invece rilevate attraverso apposite schede studente e che saranno oggetto di adeguati approfondimenti.

Fonte: Tuttoscuola

In un comunicato di Affari Italiani si legge che sarebbero oltre 3mila i ricorsi intentati contro la legge che penalizza il personale della scuola del 1952. Il comitato “Quota 96” in prima fila. Forse un disegno di legge ad hoc.

Sotto attacco il governo Monti, e in modo particolare la legge Fornero sulle pensioni che non ha riconosciuto al personale della scuola la particolarità di avere una sola finestra di uscita, quella del primo settembre, fissando per tutto il pubblico impiego il godimento dei diritti pensionistici al 31/12/2011. 

“Forse sarebbe il caso”, si legge nella nota, “ che la ministra del Lavoro, Elsa Fornero, finora sorda al loro richiamo, cominciasse a prendere in seria considerazione questo nodo spinoso che ha fruttato ben due interrogazioni parlamentari e che potrebbe dar vita - lo hanno confermato le deputate Bastico e Ghizzoni - ad un disegno di legge ad hoc volto a sanarlo.”

Oltre dunque al comitato “Quota 96”  anche il Codacons, dopo vari annunci, dichiara che ricorrerà al T.A.R. per difendere i diritti acquisiti di tutti quei professionisti della scuola che pensavano di uscire dal lavoro il 1 settembre 2012 e che invece sono rimasti ostaggio della riforma Fornero, riforma che ha innalzato di sei anni, senza alcuna transizione o gradualità, l'età pensionabile. 

Ma anche La Cisl scuola, con un recente comunicato, ha fatto sapere che ha notificato nei giorni scorsi, all'Amministrazione del Miur, alcuni ricorsi di docenti che avrebbero maturato i requisiti previsti per andare in pensione in base alla precedente normativa entro il 31 agosto 2012.

L'Anief, altro sindacato della scuola, ha da tempo pubblicizzato le sue azioni legali al T.A.R. e al Giudice del lavoro. Da fonti certe sembra che la Uil stia predisponendo oltre 1700 ricorsi in tutta Italia e che la Cgil e lo Snals, infine, hanno dato battaglia in tal senso.

Fonte: Tecnica della Scuola

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

IL PUNTO

I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti