Risulta illegittimo l'operato del Ministero dell’Istruzione che aveva sospeso la retribuzione del docente, perché pretendeva che nella certificazione medica fosse indicata la specifica della malattia invalidante per cui l’insegnante deve sottoporsi alle terapie. Il giudice dà ragione all’insegnante, difeso dal legale del giovane sindacato: il medico curante certificava la grave patologia, indicando la necessità, di volta in volta, che il lavoratore assumesse terapie salvavita con effetti totalmente invalidanti ai fini della ripresa della prestazione.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): giustizia è fatta, l’amministrazione dovrà ora restituire l'intera retribuzione negata al suo dipendente, perché chi si sottopone a questo genere di terapie non può vedersi privato della retribuzione. Lo stipendio gli va assicurato, senza alcuna penalizzazione.
L’inettitudine della burocrazia ministeriale non ha limiti: non si ferma nemmeno davanti a chi è in palese stato di bisogno e di cure. È il caso di un docente a tempo indeterminato in servizio in Lombardia, affetto da anni da una malattia invalidante, che si è visto improvvisamente negare dal MIUR le somme per gli stipendi dello scorso anno scolastico con la motivazione che l'assenza non era giustificata da certificazione medica indicante la grave patologia: quella presentata dallo stesso insegnante è stata considerata dall'amministrazione “generica senza una chiara indicazione della terapia salvavita”.
Il sindacato Anief è prontamente intervenuto per il tramite del proprio legale sul territorio, l’avvocato Marco Fusari, che con estrema perizia ha ottenuto ragione in favore del nostro iscritto con la dichiarazione che il Miur non può travalicare il disposto regolamentare e deve attenersi a quanto statuito dal CCNL di categoria che, all'art. 17, comma 11, “è inequivoco laddove prevede che il dipendente debba recapitare il certificato medico di giustificazione dell'assenza con indicazione della sola prognosi, senza quindi alcun obbligo che in detto certificato vi sia anche indicazione della diagnosi”.
La mancata presenza del dipendente sul luogo di lavoro, infatti, come ampiamente dimostrato in udienza dal legale del sindacato, va considerata assenza per “gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti” ai sensi dell'art. 17 del CCNL Scuola Pubblica, con il diritto del ricorrente, durante tali assenze, a percepire il 100% della retribuzione”; il docente ha, tra l’altro, “ampiamente documentato che il proprio medico curante certificava la grave patologia, indicando la necessità, di volta in volta, che il lavoratore assumesse terapie salvavita con effetti totalmente invalidanti ai fini della ripresa della prestazione, certificazione che il giudicante ritiene in questa sede assolutamente esaustiva (nel rispetto della riservatezza) delle ragioni dell'istituto scolastico convenuto, anche da quando detta certificazione veniva inviata con le modalità telematiche”. L’amministrazione è stata condannata, sempre dal giudice, anche a 3mila euro di spese.
“Anche nella risoluzione delle singole problematiche dei nostri iscritti, l'Anief dimostra sempre di saper agire con estrema determinazione – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – e per l’ennesima volta è il caso di dire: giustizia è fatta. Ora il Miur dovrà restituire l'intera retribuzione negata al suo dipendente, perché chi si sottopone a terapie salvavita non può vedersi privato della retribuzione. Siamo pienamente soddisfatti dell'operato del nostro legale che ha saputo, con estrema perizia, tutelare il nostro iscritto e far riconoscere il suo pieno diritto alla corretta retribuzione e ad assentarsi dal servizio per sottoporsi alla terapia senza alcuna penalizzazione”, conclude il sindacalista autonomo.
ARTICOLI E DOCUMENTI CORRELATI:
Diritti negati a docenti e Ata, 100 legali Anief al contrattacco: partono i ricorsi seriali
La chiamata diretta dei docenti è un fallimento, il ministro lo deve sapere e intervenire subito