Molise ed Emilia Romagna bruciano tutti sul tempo, producendo delle aree geografiche che possono coprire aree di 50 o 60 chilometri. Con tutte le conseguenze che ne derivano: a un docente che vi finisce dentro, su domanda di trasferimento volontaria o obbligatoria, come i 48mila del “potenziamento”, potrebbe giungere un’assegnazione con modalità diverse di altri.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: non si possono pubblicare gli innovativi e discussi ambiti sulla base di una guida ministeriale, ma occorre un decreto che definisca la loro costituzione in modo chiaro e formale. Altrimenti, si rischia di produrre dei territori non aderenti a quanto stanno definendo i sindacati con l’amministrazione all’interno della sequenza contrattuale.
Il contratto sulla mobilità sta ancora vivendo la sua fase preliminare: in questi giorni, Miur e sindacati sono infatti impegnati a definire i dettagli dell’accordo politico raggiunto la scorsa settimana, tra l’altro non poco penalizzante, per la maggior parte dei docenti coinvolti nei trasferimenti, soprattutto per coloro che sono stati assunti a novembre con la fase C del “potenziamento” degli istituti e per chi chiederà di spostarsi di provincia. Intanto, però, gli Uffici scolastici regionali stanno procedendo come se la sequenza contrattuale fosse stata già prodotta, pubblicando in autonomia sia il numero sia l’area dei nuovi albi territoriali.
Si tratta di territori, introdotti genericamente con la Legge 107/2015, a partire dal comma 66, la cui vastità supera non di poco gli attuali distretti: aree geografiche che possono coprire decine e decine di chilometri. Con tutte le conseguenze che ne derivano. Perché, un docente che vi finisce dentro - su domanda di trasferimento volontaria o obbligatoria, come i 48mila del potenziamento - può essere poi assegnato molto ma molto più lontano di quanto sarebbe potuto accadere con il regolamento adottato sino ad oggi.
A rendere nota per prima la propria decisione in merito, è stato il Molise. Il cui Ufficio scolastico regionale ha proposto la creazione di 4 ambiti territoriali, due per ogni provincia. Per la provincia di Campobasso sono stati individuati gli ambiti dello stesso capoluogo e Termoli, per quella di Isernia gli ambiti di Isernia e Agnone. E non si tratta di aree ridotte. Perché il Molise pur essendo la regione più piccola d’Italia, dopo la Valle d’Aosta, è lungo comunque 200 chilometri ed è largo 40. Ciò significa che un docente potrà essere collocato su istituti che in media variano pure di 50 anche 60 chilometri l’uno dall’altro.In Emilia Romagna, invece, gli ambiti saranno 22, confermando, in tal modo, che si tratterà nella migliore delle ipotesi di conteggiarne tra i due e i tre ambiti per provincia. Quindi delle aree decisamente vaste degli attuali spostamenti che si possono effettuare anche a livello distrettuale o comunale.
Ad incidere sull’ampiezza hanno avuto un ruolo attivo sia le Regioni sia gli Enti Locali. Che si si sarebbero “mossi” su indicazioni del Miur, il quale nelle scorse settimane ha elaborato le Linee Guida per la costituzione degli ambiti. I quali,come riassume la stampa specializzata,non potranno avere una dimensione territoriale comprendente istituzioni scolastiche appartenenti a province diverse o regioni diverse. Per il Ministero, questi ambiti dovranno comprendere al loro interno istituzioni scolastiche appartenenti sia al I che al II ciclo in modo da garantire la più ampia offerta formativa; dovranno inoltre essere costituiti da una popolazione scolastica non inferiore a 22.000 alunni, salvo deroghe motivate, dettate dalle caratteristiche del territorio e dalle esperienze già in atto, anche tenendo conto delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole o da altre motivazioni previste all'art.1, comma 66 legge 107/ 2015, lettera c). Queste aree, infine, sempre per il Miur, dovranno comprendere le singole scuole nella loro interezza così come attualmente configurate.
“Quella di bruciare gli altri sul tempo è una procedura sbagliata – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, impegnato a Roma con i vertici del suo sindacato – perché in questo modo gli Usr stanno tradendo il senso della riforma: non si possono pubblicare gli ambiti territoriali sulla base di una guida ministeriale, ma occorre un decreto che definisca la loro costituzione in modo chiaro e formale. In questo modo, si rischia di produrre dei territori difformi e non aderenti a quanto stanno definendo i sindacati con l’amministrazione all’interno della sequenza contrattuale sulla mobilità professionale. Quindi, è opportuno che gli altri Uffici scolastici non producano altre fughe in avanti ed aspettino indicazioni dal contratto in via di definizione e il conseguente decreto ministeriale che ne deriverà”.
Per approfondimenti:
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Riforma scuola, i profili di incostituzionalità nel ddl ‘Buona Scuola’ (Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015)
Scuola, l'ultimo fronte: se i bidelli si ammalano si rischia la chiusura (La Repubblica del 16 settembre 2015)
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