Parlamento

Erano in procinto di andare in pensione nel 2012, ma sono rimasti bloccati dalla riforma Fornero-Monti: nel disegno di legge sono confluite le tante proposte e variazioni discusse e approvate dalle Commissioni competenti nei mesi scorsi. Tutti d’accordo sul via libera, ma sinora sono mancati i finanziamenti. Marcello Pacifico (Anief-Confedir) ricorda che i 400 milioni di euro annui necessari arriverebbero in larga parte proprio dagli stipendi inferiori, in media del 30%, del personale assunto al loro posto: altrimenti ci penserà la Corte dei Conti, anche a sancire il danno esistenziale prodotto.

Riprende domani alla Camera dei Deputati il sofferto percorso legislativo per trovare una soluzione all’incredibile caso dei 4mila dipendenti della scuola, ormai ultrasessantenni, in procinto di andare in pensione nel 2012, ma rimasti bloccati dalla riforma Fornero-Monti. E che potrebbero rimanere in questo stato ancora per 3-4 anni. Stavolta per il disegno di legge, che ha molte “anime” parlamentari e primo firmatario l’on. Cesare Damiano (PD), c’è molta speranza: vi confluiscono le proposte e i miglioramenti discussi e approvati dalle Commissioni competenti nei mesi scorsi.

Per l’occasione, Anief chiede ai parlamentari di estendere ai 4mila "Quota 96" la possibilità di accedere al pensionamento con i parametri anagrafici e di servizio pre-Fornero. Oppure, di “agganciarli” ai pre-pensionamenti previsti dalla riforma della Pubblica Amministrazione presentata ai sindacati dieci giorni fa dal ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, e approvata in CdM poche ore dopo: tale estensione, tuttavia, non dovrebbe comportare alcuna decurtazione per i dipendenti della scuola, visto che i requisiti per accedere alla pensione due anni fa erano stati già tutti acquisiti.

La Scuola, infatti, ha da sempre costituito un’eccezione nel panorama del comparto pubblico, spostando al 31 agosto dell’anno successivo le scadenze che per gli altri settori statali sono fissate al 31 dicembre. Non a caso, i 4mila "Quota 96" avevano iniziato l’anno scolastico 2011/12 presentando regolare domanda di pensionamento, salvo rimare “incastrati” dall’approvazione dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

“Ora, qualora dalla Ragioneria Generale dello Stato dovessero essere posti i soliti problemi di reperimento dei circa 400 milioni di euro annui necessari per sovvenzionare l’operazione, - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ricordiamo che il personale a fine della carriera viene sostituito da neo-assunti la cui retribuzione è decisamente inferiore: sarebbero proprio gli stipendi inferiori, in media del 30%, a coprire in larga misura i maggiori esborsi dovuti al pagamento delle pensioni dei 4mila “Quota 96”.

“I 400 milioni di euro necessari devono essere trovati. Altrimenti - continua il sindacalista Anief-Confedir - ancora una volta potrebbero essere gli eventi giudiziari a far prevalere la giustizia, con le Corti dei Conti, a cui molti già si sono rivolti anche per il danno esistenziale subito”.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): respingendo la mozione del M5S i nostri parlamentari dimostrano di volere continuare ad eludere il diritto comunitario. E potrebbero condannare l’Italia a pagare delle sanzioni a dir poco salate. Inoltre, assieme al ministro Giannini, confondono le ragioni sostitutive, che portano alla supplenza di posti già ‘coperti’ da personale di ruolo, rispetto a quelle che riguardano la copertura annuale dei posti vacanti e disponibili su cui assumere. Un caso esemplare è quello degli insegnanti di sostegno, che dovrebbero essere quasi il doppio.

Sul reclutamento scolastico l’Italia sembra voler rimanere nel suo splendido isolamento: continuando a mantenere in vita la precarizzazione di massa. La bocciatura nelle ultime ore a Palazzo Chigi della mozione del Movimento 5 Stelle, con cui i pentastellati chiedevano di procedere a una stabilizzazione progressiva degli occupati a termine nell'istruzione, come in tutto il pubblico impiego, conferma come alla maggioranza dei nostri parlamentari non siano ancora chiare le norme e le indicazioni su come va gestito e risolto una volta per tutte il problema del precariato. Ad iniziare da quello ‘endemico’ della pubblica amministrazione.

“Anziché prendere atto del diritto comunitario – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il Parlamento italiano si ostina a rimanere ancorato ad una visione del mondo del lavoro del tutto anacronistica: aver bocciato in modo schiacciante la mozione del M5S significa, infatti, non aver compreso che l'Italia non vuole adeguarsi alle regole delle democrazie moderne. E che seguendo la strada del conservatorismo i nostri parlamentari rischiano di condannanare l’Italia a pagare delle sanzioni a dir poco salate, fino a 4 miliardi di euro. E questo sempre perché le nostre norme in materia non recepiscono la direttiva 70 del 1999 sull’obbligo di assorbire i lavoratori precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio”.

“Ieri anche il rappresentante della Commissione europea – continua Pacifico – si è soffermato più volte sul fatto che non occorre confondere le ragioni sostitutive, che portano alla supplenza di posti già ‘coperti’ da personale di ruolo, rispetto a quelle che riguardano la copertura annuale dei posti vacanti e disponibili. In quest’ultimo caso non vi sono ragioni che tengono: qualora il supplente abbia già svolto 3 anni di lavoro, va immesso in ruolo. Non farlo, come avvenuto sistematicamente in Italia negli ultimi decenni, comporta situazioni paradossali, con docenti costretti loro malgrado a rimanere supplenti a vita”.

Un caso professionale di cattiva gestione del precariato in Italia è quello degli insegnanti di sostegno. A fronte di quasi 230 mila alunni con handicap iscritti oggi nelle scuole italiane, lo Stato per rispettare il rapporto uno (docente) a due (alunni) avrebbe bisogno di 115 mila insegnanti di sostegno. Mentre l’ultima legge approvata, la 128/2013, prevede che gli insegnanti specializzati siano circa 65 mila ed entro il 2016 non superino quota 90 mila.

Se si guardano tutte le discipline il risultato non muta. Basta dire che dall’anno scolastico 2001/2002 le scuole hanno utilizzato più di 1 milione e 200 mila insegnanti precari con contratto sottoscritto sino al termine dell’anno scolastico. Almeno la metà di queste supplenze, forse anche i due terzi, andrebbero però considerate a tutti gli effetti fino al 31 agosto dell’anno successivo. E quindi utili per le assunzioni. Mentre in 12 anni l’Anief ha conteggiato, attraverso i dati ufficiali del Miur, appena 258.206 insegnanti immessi in ruolo: si tratta di un numero davvero basso, anche perché nello stesso periodo ci sono stati ben 37 mila pensionamenti in più (295.200) e 311.364 cattedre vacanti.

“Auspicare di trovare una soluzione per mezzo milione di precari complessivi presenti solo nella scuola, come ha fatto ieri il Ministro Giannini in VII commissione al Senato, non ha senso se poi non si copre neanche il turn over”, spiega ancora Pacifico. “Ed è ancora meno comprensibile fare questi annunci, se poi l’amministrazione non decide una volta per tutte di trasformare la maggior parte delle cattedra oggi assegnate al 30 giugno in posti vacanti. Si tratta di situazioni che non rientrano nel campo delle ragioni meramente sostitutive, come nel caso delle supplenze brevi. E che quindi – conclude il sindacalista Anief-Confedir – necessitano di una soluzione radicale”.

Per approfondimenti:

Dal 2001 assunti 258 mila insegnanti ma dovevano essere molti di più: in pensione in 295 mila e 311 mila posti liberi

Sui 140 mila precari la Corte di Giustizia europea prende tempo, l’Italia ne approfitti

Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014

 

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): respingendo la mozione del M5S i nostri parlamentari dimostrano di volere continuare ad eludere il diritto comunitario. E potrebbero condannare l’Italia a pagare delle sanzioni a dir poco salate. Inoltre, assieme al ministro Giannini, confondono le ragioni sostitutive, che portano alla supplenza di posti già ‘coperti’ da personale di ruolo, rispetto a quelle che riguardano la copertura annuale dei posti vacanti e disponibili su cui assumere. Un caso esemplare è quello degli insegnanti di sostegno, che dovrebbero essere quasi il doppio.

Sul reclutamento scolastico l’Italia sembra voler rimanere nel suo splendido isolamento: continuando a mantenere in vita la precarizzazione di massa. La bocciatura nelle ultime ore a Palazzo Chigi della mozione del Movimento 5 Stelle, con cui i pentastellati chiedevano di procedere a una stabilizzazione progressiva degli occupati a termine nell'istruzione, come in tutto il pubblico impiego, conferma come alla maggioranza dei nostri parlamentari non siano ancora chiare le norme e le indicazioni su come va gestito e risolto una volta per tutte il problema del precariato. Ad iniziare da quello ‘endemico’ della pubblica amministrazione.

“Anziché prendere atto del diritto comunitario – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il Parlamento italiano si ostina a rimanere ancorato ad una visione del mondo del lavoro del tutto anacronistica: aver bocciato in modo schiacciante la mozione del M5S significa, infatti, non aver compreso che l'Italia non vuole adeguarsi alle regole delle democrazie moderne. E che seguendo la strada del conservatorismo i nostri parlamentari rischiano di condannanare l’Italia a pagare delle sanzioni a dir poco salate, fino a 4 miliardi di euro. E questo sempre perché le nostre norme in materia non recepiscono la direttiva 70 del 1999 sull’obbligo di assorbire i lavoratori precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio”.

“Ieri anche il rappresentante della Commissione europea – continua Pacifico – si è soffermato più volte sul fatto che non occorre confondere le ragioni sostitutive, che portano alla supplenza di posti già ‘coperti’ da personale di ruolo, rispetto a quelle che riguardano la copertura annuale dei posti vacanti e disponibili. In quest’ultimo caso non vi sono ragioni che tengono: qualora il supplente abbia già svolto 3 anni di lavoro, va immesso in ruolo. Non farlo, come avvenuto sistematicamente in Italia negli ultimi decenni, comporta situazioni paradossali, con docenti costretti loro malgrado a rimanere supplenti a vita”.

Un caso professionale di cattiva gestione del precariato in Italia è quello degli insegnanti di sostegno. A fronte di quasi 230 mila alunni con handicap iscritti oggi nelle scuole italiane, lo Stato per rispettare il rapporto uno (docente) a due (alunni) avrebbe bisogno di 115 mila insegnanti di sostegno. Mentre l’ultima legge approvata, la 128/2013, prevede che gli insegnanti specializzati siano circa 65 mila ed entro il 2016 non superino quota 90 mila.

Se si guardano tutte le discipline il risultato non muta. Basta dire che dall’anno scolastico 2001/2002 le scuole hanno utilizzato più di 1 milione e 200 mila insegnanti precari con contratto sottoscritto sino al termine dell’anno scolastico. Almeno la metà di queste supplenze, forse anche i due terzi, andrebbero però considerate a tutti gli effetti fino al 31 agosto dell’anno successivo. E quindi utili per le assunzioni. Mentre in 12 anni l’Anief ha conteggiato, attraverso i dati ufficiali del Miur, appena 258.206 insegnanti immessi in ruolo: si tratta di un numero davvero basso, anche perché nello stesso periodo ci sono stati ben 37 mila pensionamenti in più (295.200) e 311.364 cattedre vacanti.

“Auspicare di trovare una soluzione per mezzo milione di precari complessivi presenti solo nella scuola, come ha fatto ieri il Ministro Giannini in VII commissione al Senato, non ha senso se poi non si copre neanche il turn over”, spiega ancora Pacifico. “Ed è ancora meno comprensibile fare questi annunci, se poi l’amministrazione non decide una volta per tutte di trasformare la maggior parte delle cattedra oggi assegnate al 30 giugno in posti vacanti. Si tratta di situazioni che non rientrano nel campo delle ragioni meramente sostitutive, come nel caso delle supplenze brevi. E che quindi – conclude il sindacalista Anief-Confedir – necessitano di una soluzione radicale”.

Per approfondimenti:

Dal 2001 assunti 258 mila insegnanti ma dovevano essere molti di più: in pensione in 295 mila e 311 mila posti liberi

Sui 140 mila precari la Corte di Giustizia europea prende tempo, l’Italia ne approfitti

Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014

 

In settimana previsto il voto a Roma, proprio quando in Corte di Giustizia europea di Lussemburgo si discuteranno le ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli e dal Giudice della Leggi sulla compatibilità del diritto interno con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e sulla legittimità dell’intervento derogatorio nei confronti del personale della scuola. Anief, nel frattempo, denuncia un aumento del 67% delle spese per il personale a contratto a tempo determinato (+380 milioni), nonostante la riduzione di 100.000 posti in organico di fatto dal 2007. Precarizzare il lavoro non paga, ma fa spendere di più. Sono 140.000 i supplenti chiamati quest’anno, erano 105.000 nel 2001.

Se dovesse essere approvata la mozione presentata dai Pentastellati, il Governo dovrebbe prevedere un piano straordinario di stabilizzazione nel comparto scuola e in generale nel pubblico impiego, proprio mentre sta per iniziare la discussione sul disegno di legge 2208 Collegato lavoro (DL 34/2014) del Premier Renzi e del ministro Poletti.

“Il sindacato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ha già scovato 125.000 posti vacanti e disponibili dal 1° settembre 2014, che di fatto svuoterebbero i due terzi delle attuali graduatorie ad esaurimento. A questo punto, a graduatorie esaurite, si aprirebbe la prospettiva, a copertura totale annuale del turn over, per l’immissione in ruolo anche dei 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma con un titolo abilitante riconosciuto dallo Stato (TFA, PAS, Estero o Italia) e con un concorso a cattedra superato (DDG 82/2012). Per loro, basterebbe prevedere una IV fascia – terzo scaglione alle attuali graduatorie divise in due scaglioni – I-III fascia, così da assumerli ed evitare nuove procedure d’infrazione”.

Per approfondimenti

Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014

Testi allegati all'ordine del giorno della seduta n. 196 di Lunedì 24 marzo 2014

Mozione concernente iniziative per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento al comparto scuola

La Camera,
premesso che:

la direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 si basa sull'articolo 139, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea e, secondo quanto contenuto nel suo articolo 1, è diretta ad «attuare l'accordo quadro (...), che figura nell'allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)»;
la clausola 4 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata afferma il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e a tempo determinato, sancendo che: «1) Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 2) Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis. 3) Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e le prassi nazionali. 4) I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive»;
la clausola 5 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata recita che: «1) Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2) Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati “successivi”; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
la direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999, applicabile al settore pubblico come risulta, ad esempio, dalle sentenze Adeneler, 4 luglio 2006, C-212/04 e Angelidaki, 23 aprile 2009, C-378-80/07, si incentra sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato e sulla prevenzione dell'abuso derivante dalla reiterazione dei contratti a termine;
l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dispone quanto segue: «1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35. 2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (...). 5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (...)»;

l'utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di prevenire discriminazioni e abusi, deve essere necessariamente basato su ragioni oggettive, come chiarisce l'articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001, in cui si afferma che «è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro»;
nel settore pubblico l'articolo 49 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha sostituito l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, imponendo alle amministrazioni pubbliche l'obbligo di «assumere esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» in presenza di «esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario», e ripristinando la possibilità di avvalersi di forme contrattuali flessibili unicamente «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali», con disciplina, dunque, più restrittiva, nella proclamazione del superamento del «lavoro precario»;
il ricorrente utilizzo di lavoratori con forme contrattuali flessibili ha indotto il legislatore a prevedere in via transitoria procedure di stabilizzazione condizionate, tuttavia, al possesso di stringenti requisiti come quelli previsti dall'articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013;
nelle pubbliche amministrazioni, considerati gli attuali vincoli sulle assunzioni, l'utilizzo di personale con forme contrattuali flessibili è disposto anche per lo svolgimento di attività istituzionali ed in presenza di esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario;
in data 18 giugno 2013 il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/01012-A/003 a prima firma Ciprini, che in occasione dell'approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, impegnava il Governo a promuovere con urgenza ogni iniziativa legislativa utile alla stabilizzazione di tutti i lavoratori precari nella pubblica amministrazione senza distinzioni rispetto alle tipologie contrattuali;
il tribunale di Siena, sezione lavoro, a seguito del ricorso depositato in data 16 settembre 2009 contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'ufficio scolastico regionale per la Toscana, ha emanato una sentenza che ha disapplicato per contrasto con la normativa comunitaria l'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ai sensi del quale «la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione», avendo il lavoratore esclusivamente diritto al risarcimento del danno, «derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative». Conseguentemente, il tribunale ha disposto la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato e condannato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a reinserire in servizio la parte ricorrente nel posto di lavoro per lo svolgimento delle medesime mansioni;
nella causa C-50/13, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dal tribunale ordinario di Aosta (Italia), con decisione del 3 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 30 gennaio 2013, nel procedimento Rocco Papalia contro comune di Aosta, l'ottava sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea ha pronunciato un'ordinanza in cui ha sancito che «L'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretato nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, la quale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il risarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è subordinato all'obbligo, gravante su detto lavoratore, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio, da parte del citato lavoratore, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione»;
quanto statuito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nell'ordinanza «Papalia» per analogia risulta applicabile a tutta la pubblica amministrazione, in cui i contratti a tempo determinato superano le 230 mila unità e sono così distribuiti: oltre 130 mila riguardano il personale scolastico, circa 30 mila riguardano il personale sanitario e oltre 80 mila concernono le autonomie;
la terza sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea, in riferimento alla causa C-361/12, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dal tribunale di Napoli fra la signora Carratù e Poste italiane spa, relativamente all'apposizione di un termine al contratto di lavoro posto in essere con quest'ultima, ha emesso in data 12 dicembre 2013 una sentenza in cui ha sancito che: «La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, inserito in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che può essere fatta valere direttamente nei confronti di un ente pubblico, quale Poste italiane spa»;
il fenomeno del precariato risulta particolarmente diffuso in ambito scolastico, un settore in cui i numeri sono impietosi e parlano di 118.468 docenti assunti con contratti a tempo determinato e di 18.428 unità assunte a tempo determinato come personale amministrativo, tecnico e ausiliario: cifre che fotografano un ulteriore aumento rispetto al 2013;
il precariato scolastico risulta avere un'incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell'insegnamento, che risultano fortemente penalizzate;
il 21 novembre 2013, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato, utilizzando i supplenti con contratti a termine «continuativi», che durano anche molti anni e lasciandoli così «in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri»,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative normative volte ad istituzionalizzare il processo di stabilizzazione del personale utilizzato con contratti a tempo determinato o altre forme contrattuali flessibili dalle amministrazioni pubbliche, statali e periferiche, ad esclusione del comparto scuola, e che sia stato reclutato attraverso procedure di selezione concorsuale;
a prevedere che le iniziative sopra previste stabiliscano che le procedure di stabilizzazione:
a) abbiano cadenza periodica regolare;
b) siano disposte a valere su una quota fissa delle percentuali ammesse annualmente per il turnover nelle pubbliche amministrazioni;
c) siano rivolte all'intera platea di coloro che con il passare del tempo maturano determinati requisiti di servizio in termini di durata dei contratti sottoscritti;
d) siano rivolte esclusivamente in favore di coloro che sono stati reclutati in forza di norme di legge di carattere generale, ovvero mediante procedure pubbliche di selezione escludendo, pertanto, tutti coloro che maturano i requisiti per la stabilizzazione in forza di contratti stipulati in esito a selezioni svolte da consulenti o società non pubbliche, ovvero mediante chiamata nominativa non effettuata tramite il collocamento o, ancora, che abbiano maturato l'anzianità di servizio attraverso chiamate dirette effettuate in deroga alle normali procedure di selezione;
e) diano priorità, nei processi di assunzione, agli uffici e settori delle amministrazioni risultanti in grave carenza di personale, anche a seguito di ricognizioni di organico;
a programmare a partire dal 2014 un piano quinquennale di assorbimento in ruolo del personale docente precario che abbia conseguito o consegua nel corso del quinquennio titoli abilitanti e, nel contempo, abbia maturato o maturi almeno tre annualità complessive di servizio, ovvero che abbia superato o superi le procedure pubbliche concorsuali;
a programmare a partire dal 2014 un piano triennale di assorbimento in ruolo sulla base dei posti vacanti e disponibili del personale amministrativo, tecnico e ausiliario precario inserito in graduatoria permanente e che abbia maturato almeno tre annualità di servizio con contratti reiterati a tempo determinato.
(1-00341) «Chimienti, Rizzetto, Rostellato, Baldassarre, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Ciprini, Busto, De Rosa, Marzana, Vacca, Brescia, Battelli, Simone Valente, Luigi Gallo, Di Benedetto, D'Uva». (13 febbraio 2014)

 

Ma a pagare è ancora una volta il fondo per l’arricchimento dell’offerta formativa con 39 milioni di euro. L’emendamento è stato presentato in aula dalla VII Commissione e sarà discusso nelle prossime ore. Nel frattempo, un ordine del giorno della relatrice Puglisi (PD), riformulato su richiesta del sen. Bocchino (Misto), impegna il Governo a ripristinare i fondi del MOF dopo la riduzione di 2/3 negli ultimi due anni denunciata dal sindacato.

Bocciato l’emendamento 1.15 sul pagamento degli scatti ai precari e del primo gradone stipendiale ai neo-assunti proposti dal sen. Bocchino e segnalato dall’Anief per l’impossibilità di verificare coperture certificate.

Il resoconto della seduta della Commissione

Gli emendamenti presentati dall’Anief

Emendamento n. 1.0.5 al DDL n. 1254

1.0.5 (testo 4) 
LA COMMISSIONE
Dopo l'articolo, aggiungere il seguente:
«Art. 1-bis.
(Posizioni economiche personale A.T.A.)
1. In relazione alla specificità delle funzioni svolte dal personale ATA nell'ambito della scuola, per il personale ATA già destinatario negli anni 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014 delle posizioni economiche di cui alla sequenza contrattuale del 25 luglio 2008, è resa disponibile la somma di 38,87 milioni di euro per una specifica sessione negoziale finalizzata al riconoscimento di un emolumento una-tantum avente carattere stipendiale.
2. Nelle more della conclusione della sessione negoziale di cui al comma 1 e comunque non oltre il 30 giugno 2014, per il personale ATA interessato dalla predetta sessione non si provvede al recupero delle somme già corrisposte negli anni scolastici indicati in relazione all'attribuzione delle posizioni di cui al comma 1.
3. All'onere derivante dal comma 1, pari a euro 38,87 milioni, si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'esercizio finanziario 2014, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge 18 dicembre 1997, n. 440».

Ordine del giorno n. 1.0.5 al DDL n. 1254
G/1254/4/7 (testo 2)
PUGLISI, relatrice
Il Senato,
in sede di esame dell'A.S. n. 1254 (Conversione in legge del decreto-legge 23 gennaio 2014, n. 3, recante misure urgenti in materia di proroga degli automatismi stipendiali del personale della scuola),
premesso che:
il Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF) e' destinato alla retribuzione del personale scolastico, prevalentemente, per lo svolgimento di attività aggiuntive, tra cui:
· FIS o fondo delle istituzioni scolastiche, per attività aggiuntive in favore degli alunni, corsi di recupero, turni notturni nei convitti, ecc.;
· incarichi specifici per remunerare gli impegni lavorativi extra del personale ATA;
· funzioni strumentali al piano dell'offerta formativa per remunerare il maggiore impegno del personale docente nei progetti;
· ore eccedenti per progetti di pratica sportiva;
· progetti nelle aree a forte rischio sociale, immigratorio, ecc.;
· ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti;
considerato che:
i fondi per il miglioramento dell'offerta formativa erano complessivamente pari a 1.480 milioni di euro (nell'anno scolastico 2010-2011) e sono stati ridotti in proporzione alla riduzione del personale in servizio ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, per circa 47-41 milioni a seconda dell'anno; una ulteriore riduzione di euro 45 milioni e' stata disposta dalla legge di stabilità per il 2013 inoltre sono anche stati ridotti col CCNL del 13 marzo 2013, per finanziare il recupero dell'utilità del 2011 ai fini della maturazione dell'anzianità economica;
preso atto che:
a seguito delle riduzioni elencate, lo stanziamento del MOF ha avuto il seguente andamento nel tempo:
-2010-2011: 1.480 milioni di euro,
-2011-2012: 1.432 milioni di euro,
-2012-2013: 924 milioni di euro,
-2013-2014: 984 milioni di euro,
-2014-2015 e ss.: 1.041 milioni di euro;
quando si concluderà la sessione negoziale per il "recupero degli scatti 2012" il MOF si ridurrà ulteriormente a partire dal MOF 2013-2014;
dei 984 milioni di euro del MOF relativo all'anno scolastico 2013-2014, a seguito dell'intesa con i sindacati del comparto scuola del 26 novembre 2013 sono stati assegnati alle istituzioni scolastiche 521 milioni di euro, ne sono stati accantonati 463 milioni di euro, in attesa della sessione negoziale, per il "recupero degli scatti 2012";
le risorse per il MOF sono ripartite a cura del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in base ad un intesa con le organizzazioni sindacali da concludersi all'avvio di ciascun anno scolastico e, per le aree a rischio, in base a CCNI e successivo CCRI;
la Direzione generale del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca assegna con apposito avviso le risorse alle singole scuole entro l'inizio dell'anno scolastico e, per le aree rischio, successivamente al CCRI;
il dirigente scolastico entro il 25 ottobre predispone il piano delle attività per il MOF, oggetto di contrattazione di sede;
le risorse non impegnante nell'anno scolastico sono riassegnate alla stessa scuola per l'anno scolastico successivo;
impegna il Governo:
a ripristinare i fondi del MOF per garantire le funzioni fondamentali delle autonomie scolastiche citate in premessa.

 

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