Così commenta il giovane sindacato la decisione della Consulta di rinviare a data da destinarsi l’attesa udienza della prossima settimana, attraverso cui i giudici italiani avrebbero dovuto dare seguito alla sentenza emessa lo scorso 26 novembre dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo per mettere la parola fine al precariato nel nostro Paese: dei 460mila supplenti inseriti nelle graduatorie delle nostre scuole, almeno 350mila sono direttamente coinvolti in queste decisioni.
Marcello Pacifico (presidente Anief): prima di dare dei giudizi definitivi, preferiamo attendere le motivazioni che hanno portato i giudici a questo rinvio. Però, non possiamo evitare di dire che l’allungamento di questa attesa non fa bene alla scuola italiana. La decisione della Corte Costituzionale, infatti, è un atto doveroso, attraverso cui il nostro Paese ha un’occasione d’oro per voltare pagina.
“È una notizia che ci lascia attoniti”: così commenta Marcello Pacifico - presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal –, la decisione della Consulta di rinviare a data da destinarsi l’attesa udienza del prossimo 23 giugno, attraverso cui i giudici italiani avrebbero dovuto dare seguito alla sentenza emessa lo scorso 26 novembre dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo per mettere la parola fine al precariato nel nostro Paese.
“Prima di dare dei giudizi definitivi – continua il sindacalista Anief-Confedir-Cisal – preferiamo attendere le motivazioni che hanno portato i giudici a questo rinvio. Però, non possiamo evitare di dire che l’allungamento di questa attesa non fa bene alla scuola italiana. La decisione della Corte della Costituzionale, infatti, è un atto doveroso, attraverso cui il nostro Paese ha un’occasione d’oro per voltare pagina e completare quel processo di avvicinamento alla normativa europea sul diritto al lavoro e sulla lotta al precariato reiterato nel tempo”.
Come riassunto dalla testata specialistica Orizzonte Scuola, il parere della Consulta rappresenta un tassello fondamentale per giungere ad una sentenza definitiva sull'abuso dei contratti a termine per il reclutamento in Italia. Perché la Corte di Giustizia europea, sempre a fine novembre, ha rilevato che, “nel periodo che va dal 1999 al 2011, non erano stai effettuati concorsi nel settore della scuola (punto 106), con la conseguenza che si era verificato un abuso nell'utilizzo dei contratti a termine e che la disciplina di reclutamento nella scuola, come attualmente strutturata in Italia, pur essendo astrattamente legittima, nella sua attuazione concreta è contraria alla clausola 5 della Direttiva che impone l'adozione di misure preventive (ragioni oggettive, numero massimo dei rinnovi e durata complessiva dei contratti a termine) e sanzionatorie (riconoscimento di una rapporto di lavoro a tempo indeterminato od altra misura equivalente ed effettiva: punto 78), misure che non sono in alcun modo previste nella disciplina relativa alla scuola”.
Pertanto, “la sentenza europea si è fermata ributtando la palla al giudice nazionale. Giudice Nazionale che avrebbe dovuto esprimersi appunto il 23 giugno e dirimere in questo modo i ricorsi già depositati presso i Giudici del Lavoro, molti dei quali fermi in attesa di questa sentenza”.
Anief ricorda che ad attendere l’esito di questa querelle giudiziaria, avviata ormai da oltre 5 anni, sono i 140mila supplenti inseriti nelle GaE, una bella fetta dei 460mila inseriti nelle graduatorie d’Istituto, dei 55mila diplomati magistrali, dei 10mila abilitati con Tfa e tutti i 70mila abilitati Pas. Si tratta di un esercito di insegnanti, circa 350mila unità di personale, che a settembre sembrano oggi più che mai destinati a sottoscrivere un contratto solo a tempo determinato. Pur avendo i requisiti per essere invece assunti a titolo definitivo. È un’eventualità assurda, quella ventilata dal premier Renzi di spostare le annunciate e finanziate immissioni in ruolo al 2016, contro cui Anief ha deciso di avviare una grande class action: citando stavolta la Presidenza del Consiglio dei ministri direttamente al tribunale civile di Roma.
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