Precariato

Il personale danneggiato può chiedere la restituzione delle somme indebitamente sottratte.

Non è corretto applicare la tassazione sulle ferie non fruite dai lavoratori. Quindi anche quelle dei precari della scuola. A sostenerlo è stata di recente la Corte di Cassazione, che ha reputato illegittimo applicare qualsiasi forma di aliquota sulle ferie non godute, ad iniziare da quella canonica del 23 per cento. I giudici hanno spiegato che in questi casi il pagamento ha per oggetto un vero e proprio risarcimento: non si tratta, quindi, di una prestazione lavorativa. Una differenza sostanziale, che obbliga il datore di lavoro, nel caso del personale scolastico costituito dallo Stato, a pagare per intero le giornate di ferie che il personale non ha usufruito perché impossibilitato da esigenze di servizio.

A beneficiare di questa sentenza saranno diverse decine di migliaia di precari: sia quelli che hanno sottoscritto supplenze di breve durata, stipulate direttamente dagli istituti attraverso le graduatorie interne, sia coloro che hanno sottoscritto contratti fino al termine delle attività didattiche o al 30 giugno di ogni anno. In tutti questi casi si tratta di personale che non ha avuto la possibilità di poter fruire delle ferie, poiché il proprio servizio è coincidente con le giornate in cui si svolgono le lezioni con gli studenti.

Dopo il tentativo illegittimo dell’amministrazione di assegnare sempre e comunque le ferie ai dipendenti precari, con alcuni dirigenti scolastici, evidentemente ‘più realisti del re’, che hanno persino imposto le ferie ai docenti in corrispondenza dei loro giorni liberi, sta dunque facendosi largo questa nuova tipologia di discriminazione professionale nei loro confronti: la tassazione impropria dei pagamenti.

Al pari di coloro che hanno subìto un danno dalla volontà espressa dai dirigenti scolastici di fruire obbligatoriamente delle ferie, Anief invita tutto il personale che è stato e sarà danneggiato, sia docenti che Ata, a rivolgersi alle Commissioni Tributarie di competenza. Alle quali spetterà il compito di valutare, caso per caso, se ci sono i presupposti per il recupero delle somme indebitamente sottratte. Presto Anief fornirà comunicazioni più precise in merito.

 

Migliaia di supplenti sono attualmente senza stipendio a causa del solito “pasticcio all’italiana” causato da chi non conoscendo i nostri mari ha tentato di navigarli. Il caso del personale incaricato tramite supplenze brevi è alquanto singolare; la loro retribuzione non viene corrisposta da mesi a fronte di regolare servizio svolto, eppure la Costituzione, agli artt. 35 e 36, afferma che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni" e che "il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto".

La violazione degli articoli della Costituzione citati, a nostro avviso, non fa altro che infierire sulle pessime condizioni lavorative che i docenti della scuola italiana ogni giorno affrontano e che purtroppo si ripercuotono sul “servizio” offerto alle nuove generazioni che dovranno garantire il futuro di questo paese.

Ma veniamo all’origine del problema: fino al 31 dicembre 2012 gli oneri retributivi derivanti da supplenze brevi e saltuarie erano a carico dei singoli istituti, ma in caso di mancanza di fondi nelle casse scolastiche, i presidi si trovavano costretti a liquidare i pagamenti con qualche mese di ritardo. Ovviamente qualche preside insolvente alle volte si prendeva anche la responsabilità di firmare il contratto di supplenza consapevole della mancanza dei fondi stessi; dal 1° gennaio 2013, secondo quanto stabilito dalla Legge sulla ‘Spending review” del luglio scorso, spetta al Ministero dell’Economia farsi carico dei pagamenti per i supplenti della scuola. Questa novità avrebbe dovuto portare ad una semplificazione delle procedure, visto l’accentramento delle competenze nelle mani di un solo organo, ma non ha fatto altro che generare un corto circuito nel sistema, lasciando senza stipendio più di 25.000 supplenti brevi che garantiscono allo Stato italiano l’erogazione di un servizio fondamentale.

I tentativi di trovare una soluzione a questa triste vicenda sono stati molteplici: il Miur aveva promesso, infatti, un’emissione “speciale” di pagamento per il 12 febbraio 2013 che poi è saltata rimandando l’erogazione al lunedì successivo. Entro le ore 18 di quel giorno le scuole avrebbero dovuto caricare online i dati di ogni supplente, ma un ulteriore incidente ha fatto saltare l’appuntamento: diecimila istituti nelle stesse ore hanno effettuato l’accesso allo stesso server e il sistema informatico è andato in tilt con conseguenti interruzioni, malfunzionamenti e ulteriori ritardi. Di conseguenza, alle ore 15 del 18 febbraio il ministero inviava una mail collettiva a tutte scuole italiane in cui si avvisava di inserire anche i rimborsi di novembre, dicembre e la tredicesima. Non tutte le scuole, però, si sono accorte per tempo di tale comunicazione e a causa del mancato e intempestivo inserimento di tutti i dati a sistema, numerosi supplenti brevi sono rimasti senza stipendio.

ANIEF, pertanto, mette a disposizione il modello di diffida e messa in mora che il personale interessato dovrà inviare con urgenza alla Ragioneria territoriale di competenza (ufficio pagatore della provincia in cui si è svolto il servizio) e presso la scuola attuale sede di servizio.

Nel caso in cui l’amministrazione, in seguito alla ricezione del modello di diffida, non provveda entro 8 giorni a corrispondere le somme dovute, ANIEF invita gli interessati a segnalarlo alla casella e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., al fine di stabilire le strategie legali per la risoluzione del caso.

Scarica il modello di diffida

 

Dopo l’indennizzo record di 150mila euro a un precario, il Governo che ne scaturirà non ha scelta: assuma con urgenza gli 80mila docenti e Ata oggi a tempo determinato su posti vacanti. Altrimenti, i rimborsi imposti dai tribunali (o dalla Corte di Lussemburgo) costeranno alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro.

Oggi e domani gli italiani sceglieranno i partiti politici e i parlamentari da cui scaturirà il nuovo Governo: chiunque andrà a costituirlo, sappia sin d’ora che dovrà mettere in cima all’agenda degli obiettivi quello di assumere a titolo definitivo gli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su altrettanti posti vacanti. Altrimenti lo Stato italiano sarà destinato a sborsare centinaia di milioni di euro per compensare l’abuso dei contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianità, le mensilità estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli futuri fino all’età pensionabile.

L’indennizzo record di oltre 150mila euro netti, più accessori e interessi, deciso nelle ultime ore da un giudice del lavoro di Trapani, costituisce un precedente, una sentenza “pilota”, che convincerà migliaia di precari a ricorrere in tribunale. E opporsi, sia al trattamento economico diversificato rispetto ai colleghi di ruolo, sia alla stipula di contratti al 30 giugno, anziché al 31 agosto, anche quando il posto è vacante e disponibile (come Anief-Confedir ha sempre denunciato dall’inizio del 2010). Del resto, anche la Cassazione si è pronunciato di recente su questi abusi, paventando un probabile grave danno erariale alle Casse dello Stato e fissando dei nuovi criteri risarcitori.

“La realtà è che dopo questa sentenza – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir alla scuola e alle alte professionalità – i nostri decisori politici non avranno più possibilità di scelta. I giudici del lavoro hanno infatti dimostrato di non poter assecondare l’abuso cronico del datore di lavoro, in questo caso lo Stato, nello stipulare contratti a termine e ‘contra legem’. Ora, poiché gli anni di precariato sono spesso a due cifre, gli indennizzi risultano altrettanto corposi. Ma c’è dell’altro. Perché a far pagare il giusto prezzo salato allo Stato italiano potrebbe essere la Corte di Lussemburgo, prima ancora dei tribunali italiani: il mancato recepimento della clausola 5 della direttiva 1999/70/Ce, solo sulla ‘carta’ introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 368/01, in base alla quale il datore di lavoro è obbligato ad assumere a titolo definitivo il lavoratore se questo ha svolto almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi, ha comportato infatti già l’avvio di una procedura d'infrazione per l’Italia”.

“Non solo – prosegue Pacifico -, perché la grave ‘dimenticanza’ determina, contestualmente, i presupposti per trasformare i ricorsi avviati in atti di messa in mora. Con la conseguenza di far pagare all’Italia indennizzi tutt’altro che simbolici, visto che possono arrivare fino a 8 milioni di euro per ogni singola denuncia. E solo l’Anief ha intenzione di presentarne migliaia. Tutti desiderosi si riscattarsi dai comportamenti illegittimi del Miur”.

Ad essere danneggiati, in questo momento, sono circa 40mila docenti, in maggioranza di sostegno, ed altrettanti tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. In tutto 80mila precari che ogni anno svolgono un servizio essenziale, alla pari del personale regolarmente assunto. Un servizio che oggi non gli viene riconosciuto. Il Governo che si formerà a seguito di queste elezioni politiche non ha scelta: ammetta che coloro che lo hanno preceduto hanno sbagliato tutto. E provveda a sanare questa condanna alla precarietà infinita. Che non ha più motivo di esistere.

 

Prima asseconda i dirigenti-sceriffo che mettono a riposo il personale con atti unilaterali. Ora invia alle amministrazioni periferiche dei modelli di contratto, da proporre ai supplenti con contratti inferiori al 31 agosto, con una clausola illegittima che contrasta il Ccnl e le stesse indicazioni della Legge di Stabilità: qualsiasi diversa modifica all’assetto tradizionale di fruizione delle ferie non può essere infatti attuata prima dell’inizio dell’anno scolastico 2013/14.

L’Anief è costretto ancora una volta a tornare a chiedere il corretto rispetto della normativa vigente in merito alla fruizione delle ferie del personale a tempo determinato: qualsiasi modifica all’assetto tradizionale di fruizione delle ferie maturate dal personale a tempo determinato - con contratto breve, in attesa dell'avente diritto o fino al 30 giugno - non può essere attuata prima dell’inizio dell’anno scolastico 2013/14. Adottando un’interpretazione miope dalla spending review della scorsa estate, il Miur ha prima assecondato quei dirigenti scolastici che hanno collocato coattivamente in ferie i loro dipendenti precari con contratti inferiori al 31 agosto 2013.

Ma con l’approvazione a fine 2012, da parte del Parlamento, dell’articolo unico della Legge di Stabilità, l’amministrazione stavolta si è superata: ha estrapolato, infatti, solo gli articoli più convenienti alla propria linea erronea, ignorando colpevolmente il comma 56 della stessa Legge, nel quale si specifica che “le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

Tanto è vero che nei nuovi modelli di contratto da stipulare con il personale precario, in vigore dal 1° gennaio 2013, è presente una clausola restrittiva priva di fondamento: “la liquidazione relativa alle ferie non godute – si legge nei modelli di contratto - spetta esclusivamente nel limite di quelle non godibili per incapienza rispetto ai giorni di sospensione delle attività didattiche compresi nel contratto”.

L’Anief non può che ribadire l’illegittimità di questa linea di indirizzo, indicata peraltro dal Miur a tutte le proprie amministrazione periferiche: “siamo di fronte – spiega Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – ad una palese violazione delle norme contrattuali in vigore, che garantiscono i lavoratori della scuola da questo genere di sortite. Il fatto che vengano messe in atto da uno Stato che dimentica i suoi doveri e si veste da datore di lavoro, non cambia nulla. Anche perché ci troviamo di fronte ad una elusione delle direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio Ue numero 2003/88/Ce. La quale indica una politica ben precisa, tutt’altro che dogmatica, sull’astensione dal lavoro e sul diritto al risposo settimanale”.

“È evidente – continua il presidente Anief - che a fronte di atti unilaterali che impongono ai supplenti di fruire coattivamente delle ferie, come già accaduto in corrispondenza della sospensione autunnale e invernale delle attività didattiche, in certi casi in occasione del riposo settimanale dei docenti, adire le vie legali è un percorso inevitabile. Oltre che dall’esito scontato, naturalmente a favore dei lavoratori e a danno di un’amministrazione che – conclude Pacifico – dimostra ogni giorno che passa di non sapere leggere le leggi, stravolgendo i punti fondanti del contratto collettivo nazionale concordati. Producendo, anziché risparmi a favore della cittadinanza, addirittura dei danni all’erario derivanti dalle spese che i giudici le infliggeranno”.