Di fronte all’inerzia del Governo, che dopo sei anni di blocco contrattuale ha messo sul piatto meno di dieci euro lordi a lavoratore e nel frattempo continua ad approvare riforme penalizzanti, tutto il fronte sindacale si è mobilitato. Sei sigle, tra cui l’Anief, hanno già proclamato lo sciopero generale per venerdì 13 novembre; seguirà lo stop del pubblico impiego, organizzato per il 20 novembre dall'Usb; sabato 28 entrano in scena i Confederali, con una manifestazione nazionale dei sindacati, i quali in assenza di risposte hanno già annunciato una giornata di astensione dal lavoro, stavolta per tutta la PA. Solo che i tempi della protesta sono strettissimi: il 15 novembre sarà l’ultimo giorno per la presentazione degli emendamenti alla di Legge di Stabilità 2016 approvata dal CdM. Il sindacato chiama a raccolta i lavoratori, chiedendo loro di iniziare a partecipare a tutte le assemblee nei luoghi di lavoro.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal): i dipendenti pubblici non possono essere sempre il bancomat da utilizzare per far quadrare i conti dello Stato. Mentre si continua a rinviare sine die un serio piano di sviluppo economico e di riconversione del tessuto industriale. Ecco perché occorre muoversi subito e uniti. A dicembre, quando lo faranno i sindacati rappresentativi, potrebbe essere davvero troppo tardi.
Per questi motivi, l’Anief ha deciso di organizzare dei pullman gratuiti per partecipare alla manifestazione nazionale a Roma del prossimo 13 novembre, dove si scenderà in piazza assieme anche agli studenti.
L’inerzia del Governo sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego, scaduti da sei anni e per i quali la Legge di Stabilità 2016 ha previsto meno di 10 euro di aumenti mensili lordi a dipendente, sta producendo una vibrante reazione da parte dei sindacati. Si parte con il comparto Scuola, che copre un terzo dei dipendenti della PA e che a luglio ha anche dovuto subire l’approvazione di una riforma penalizzante: sei sigle, tra cui l’Anief, hanno già proclamato lo sciopero generale per venerdì 13 novembre. Seguirà l’astensione dal lavoro del pubblico impiego, organizzata per il 20 novembre dall'Usb. E sabato 28, dello stesso mese, si svolgerà una manifestazione nazionale dei sindacati Confederali, i quali in assenza di risposte hanno già annunciato un altro sciopero, stavolta per tutta la Pubblica Amministrazione.
Nel volgere di due settimane, in pratica, tutto il mondo sindacale si mobiliterà per sensibilizzare un Governo che sul rinnovo contrattuale di oltre 3 milioni e 200mila lavoratori dello Stato rimane fermo alle buone intenzioni. È evidente che la misura è colma: basta ricordare i contenuti del comma 1 dell’articolo 37, da cui si evince che i 300 milioni di euro stanziati per il rinnovo contrattuale, bloccato dal 2009, basterebbero a malapena per coprire dieci euro a ognuno dei dipendenti pubblici per il solo semestre del 2015. Un aumento equo, utile almeno a coprire l’inflazione, che nel frattempo ha superato gli stipendi pubblici di circa 4 punti percentuali, sarebbe invece di almeno cento euro. Per non parlare dei 5mila euro di arretrati, dovuti al congelamento dell’indennità di vacanza contrattale protratto sino al 2018.
Perché, nel frattempo, il Governo ha intenzione di applicare il Decreto Legislativo 150/09, nella parte in cui prevede che al momento del prossimo rinnovo contrattuale pubblico gli aumenti saranno selettivi e in base alla prestazione dei singoli lavoratori all’interno dell’unità produttiva: si tratta di un modello fortemente privatistico applicato alla PA, tra l’altro già in via di sperimentazione nella Scuola, dove attraverso l’applicazione del comma 126 e a seguire della Legge 107/2015 sta per essere adottata l’istituzione del fondo sul merito, quale salario accessorio, attribuito ad una fetta ristretta di personale docente e Ata direttamente dal dirigente scolastico su criteri generali definiti dal comitato di valutazione composto anche da genitori e (alle superiori) persino gli studenti.
Le prospettive stipendiali e di carriera, per dei dipendenti pubblici che in base agli ultimi dati ufficiali emessi dalla Ragioneria dello Stato percepiscono in media appena 34mila euro lordi l’anno, quelli della scuola non vanno oltre i 29mila, risultano mai come oggi preoccupanti. A questo si aggiungono le tante vessazioni che sono costretti a subire gli stessi dipendenti. Ancora una volta, il caso di chi lavora nelle nostre 8.500 scuole autonome è emblematico. Ad iniziare dai Quota 96, ovvero migliaia di docenti e Ata costretti a rimanere in servizio per un errore, ammesso da tutti ma sino ad oggi mai sanato, del testo di riforma della pensioni Monti-Fornero.
Ci sono poi i mancati pagamenti degli scatti stipendiali e delle ferie non fruite dal personale scolastico con contratto a tempo determinato, sino ad oggi recuperati solo dai giudici; come il recupero, anche ai fini contributivi per la pensione, degli scatti stipendiali per il personale di ruolo, bloccati e dichiarati irrecuperabili dall’art. 9 della legge 122/2010; l’eliminazione del primo gradone stipendiale per tutti i nuovi assunti; il blocco della trattenuta del 2,5% per il TFR dalle buste paga del personale, che non si applica nel privato, e la restituzione delle somme indebitamente trattenute dagli stipendi. Oltre che la perequazione interna per i dirigenti scolastici e la stabilizzazione del personale Ata facente funzione Dsga, per i quali si richiede pure un concorso pubblico ad hoc che manca da decenni.
Poi vanno annoverate svariate macro-problematiche. Come la mancata applicazione della Direttiva 70/1999, ribadita dalla curia europea lo scorso 36 novembre, che prevede la stabilizzazione automatica di tutti i precari, con titoli, che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio su posto vacante. Per non parlare di tutte quelle norme che pongono il personale precario su un piano minore rispetto ai colleghi di ruolo, confluite dall’assurda esclusione di tutti i supplenti (come degli Ata, degli educatori e dei dirigenti scolastici) dall’accesso al bonus di formazione da 500 euro. E la spending review non risparmia gli studenti, i primi danneggiati dallo stop alle supplenze brevi, previsto dalla Legge di Stabilità 2015, che dal 1° settembre scorso ha bloccato tutte le sostituzioni del primo giorno dei docenti e della prima settimana per il personale Ata. Nel frattempo è stata approvata la Legge di riforma 107/2015, che ha introdotto norme ingiuste e penalizzanti. Infine, tagli non meno gravi si prospettano nella Legge di Stabilità 2016 già approvata dal Consiglio dei Ministri alcuni giorni fa ed ora all’esame del Parlamento.
Per evitare che ciò avvenga, che si approvi un’altra Legge Finanziaria penalizzante per l’istruzione pubblica e chi vi opera, i tempi sono davvero stretti: il 15 novembre sarà l’ultimo giorno per la presentazione degli emendamenti alla bozza di Legge di Stabilità 2016 approvata dal CdM. Per questo l’Anief, assieme ad altri sindacati, ha deciso di fermare il servizio scolastico il giorno 13. Nel frattempo, il giovane sindacato organizzerà assemblee in tutte le scuole e inviterà il personale ad assistere anche alle assemblee nei luoghi di lavoro organizzate dagli altri sindacati.
“Siamo giunti ad un tale livello di rischio per i lavoratori e la loro professione – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che riteniamo prioritario anche abbattere gli schieramenti, pur di sensibilizzare il personale e inviare un forte messaggio di protesta al Governo: i dipendenti pubblici non possono essere sempre il bancomat da utilizzare per far quadrare i conti dello Stato. Mentre si continua a rinviare sine die un serio piano di sviluppo economico e di riconversione del tessuto industriale. Ecco perchè occorre muoversi subito e uniti. A dicembre, quando lo faranno i sindacati rappresentativi, potrebbe essere davvero troppo tardi”.
Per questi motivi, l’Anief deciso di organizzare dei pullman gratuiti per partecipare alla manifestazione nazionale a Roma del prossimo 13 novembre, dove si scenderà in piazza assieme anche agli studenti: l’unico vincolo è che aderiscano, partendo dalle città, un numero minimo di lavoratori. Tutti coloro che volessero partecipare alla manifestazione del 13 novembre a Roma possono scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Per approfondimenti:
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Riforma scuola, i profili di incostituzionalità nel ddl ‘Buona Scuola’ (Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015)
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Scuola, l'ultimo fronte: se i bidelli si ammalano si rischia la chiusura (La Repubblica del 16 settembre 2015)
P.A., sindacati: via a mobilitazione nazionale per il contratto (Aska news del 28 ottobre 2015)