Il timore dei docenti, dei lavoratori della scuola e dei sindacati, che temevano un’Italia divisa in due da scuole e lavoratori differenziati, sembra scongiurato: l’accordo sulla regionalizzazione raggiunto oggi al termine del Consiglio dei ministri esclude la Scuola. “Non possiamo pensare che l’Autonomia differenziata significhi frammentare questo modello”, ha detto il premier Giuseppe Conte al termine del CdM, nel corso della solita conferenza stampa per illustrare i provvedimenti presi.
“Se le cose stanno così, ha vinto la linea dell’Anief – commenta a caldo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - e di tutti quelli che hanno sempre reputato inconcepibile spezzettare il sistema d’istruzione in tante parti quante sono le regioni italiane, affossando una volta per tutte quelle già oggi in ritardo, collocate principalmente al Sud e nelle Isole come confermato una decina di giorni fa dagli esiti delle prove Invalsi alle quali hanno partecipato oltre due milioni di alunni. Quanto sarebbe stato deciso oggi a Palazzo Chigi, invece, è una bocciatura per il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che sino a pochissimi giorni fa si diceva convinto che ‘la scuola regionale si farà’. Certamente, prima di esprimere un giudizio definitivo aspettiamo di leggere il testo dell’accordo sottoscritto, consapevoli del passo in avanti compiuto”.
Sembra sfumare il progetto della Lega di introdurre per legge i programmi scolastici locali, i concorsi regionali e il personale scolastico sotto l’egida degli enti locali. Un disegno di legge folle, che avrebbe messo in crisi gli istituti scolastici collocati in territori svantaggiati, a cui sarebbero state sottratte pure le attuali risorse, ma anche fatto diventare i dipendenti delle scuola degli impiegati regionali, peraltro assunti con selezioni regionali e obbligati a svolgere un nuovo orario di lavoro maggiorato.
Proprio sui concorsi regionali, che sarebbero stati criticati dal Movimento 5 Stelle, il ministro Bussetti aveva sostenuto che ormai in Italia “sono la norma” in regioni come il “Trentino e Valle d’Aosta, ma i bandi regionali sono spesso mera riproduzione dei bandi nazionali. Mi spiega – aveva replicato il ministro ad un giornalista – quale sarebbe il problema?”. Il problema, e questo Bussetti lo sapeva bene, è che il modello dell’autonomia differenziata avrebbe fatto venire meno uno dei principi cardini del nostro Stato: l’unitarietà del sistema scolastico italiano, sulla quale lo stesso ministro assieme al premier Giuseppe Conte avevano dato delle garanzie, seppure vaghe, sottoscrivendo un accordo con i sindacati maggiori lo scorso 24 aprile sempre a Palazzo Chigi. Ben consapevoli, evidentemente, dei tentativi andati a vuoto già in Trentino e non solo, con le sentenze negative della Corte Costituzionale n. 107/2018 (sulla L. Regione Veneto), la n. 6/2017 e 242/2011 sulla Legge Trento 5/2006.
“Come Anief – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – abbiamo sempre espresso i nostri dubbi verso l’Autonomia regionale differenziata, perché avrebbe comportato forti rischi di incostituzionalità e una sicura gestione discriminante delle risorse pubbliche destinate all’istruzione nazionale. Per questi motivi, se il dottor Marco Bussetti sente proprio questo progetto del suo partito, che non tutela di certo la scuola e chi vi opera, continuiamo e pensare che è meglio che lasci il dicastero dell’Istruzione: lo abbiamo chiesto a viva voce, proprio perché ha giurato di essere ministro di tutti gli italiani. Ora, a portare Bussetti e tutta la Lega alla ragione, almeno sulla scuola, sembrano averci pensato i ministri del M5S e lo stesso premier. Speriamo una volta per tutte”.
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