Ma l’Anief rilancia chiedendo allo Stato di trovare i finanziamenti per Regioni ed Enti locali per assicurare il tempo mensa oltre all’urgente messa in sicurezza degli edifici, perché il gap tra il Nord e il Sud del Paese sull’apertura delle scuole in orario pomeridiano rimane agghiacciante
IL CASO
Sull’uscita da scuola pomeridiana, promessa dal leader politico del M5S Luigi Di Maio appena un anno fa, sembra arrivare una brusca quanto inaspettata marcia indietro proprio dal primo partito di Governo. Lo annuncia la senatrice pentastellata Bianca Laura Granato: “Non ci sono state le richieste che ci si aspettava anche per le gravi carenze edilizie. Mancano edifici e locali adeguati, i ragazzi sarebbero costretti a trascorrere il loro tempo in scuole poco funzionali se non addirittura poco sicure. E così le famiglie preferiscono che i propri figli escano da scuola prima dell’orario del pranzo”. Eppure solo pochi giorni fa, nel rilancio del Sud, previsto dalla Nota di aggiornamento del Def 2019, si leggeva della necessità del tempo pieno – al Sud coperto solo per il 15% degli alunni circa, contro oltre il 48% al Nord - da intendersi come obiettivo primario. Sul tempo pieno i problemi sono più grandi di quanto si pensasse. Si sta vivendo “una situazione grave, insomma, dalla quale sembra difficile uscire”, ha detto ancora la senatrice Granato. E visto che le cose stanno così, ha continuato, la priorità è ora di “investire proprio nell’edilizia scolastica: ci sono 11 miliardi da spendere, fermi nei meandri degli uffici. I Comuni – soprattutto quelli del Sud – devono attivarsi per spenderli, ne va della sicurezza dei nostri alunni e del futuro della scuola italiana”.
Questo significa, scrive la rivista Orizzonte Scuola, che nella prossima “legge di bilancio non ci saranno le risorse necessarie per le scuole del sud”, in modo da “eliminare il divario con le scuole del nord”. C’è delusione, dunque, tra “i docenti di ruolo della primaria che speravano di ritornare nelle province del Sud”: l’anno scorso “le 2.000 cattedre disponibili per aumentare il tempo pieno sono state distribuite tra diverse regioni d’Italia, con prima la Campania con 276 posti, seguita al secondo posto dalla Lombardia con 262 posti e dalla Sicilia con 261. Al quarto posto la Puglia con 187 posti mentre al Veneto sono andati 167 posti. Ultimo il Molise con 14 posti”.
Non si comprende, però, il motivo del cambio di programma. Perché solo due settimane fa era stato approvato dal Consiglio dei Ministri, con la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019, un piano di rilancio del Sud che ha come obiettivo primario proprio il recupero dell’Istruzione pubblica nazionale e dove si prospetta la realizzazione di un “piano strutturale che rilanci gli investimenti e gli interventi in grado di attivare il potenziale di crescita inespresso, rafforzando il capitale fisico, umano, sociale e naturale. L’obiettivo è rendere più attrattivi il Sud e le Aree interne, offrendo nuove opportunità occupazionali in particolare a giovani e donne”.
Entrando nel dettaglio, per gli istituti del Meridione, ha scritto ancora Orizzonte Scuola, sarebbero in arrivo “15 miliardi di euro, un piano mirato per fermare l’emigrazione dei giovani dal Mezzogiorno al Nord o all’estero. Scuole aperte tutto il giorno e investimenti per gli asili nido, così che si pensi non solo ai bambini ma anche ai genitori dando spazio al potenziale delle donne”. Le indicazioni del Def, del resto, poggiano su basi certe: il tempo pieno nelle scuole al Sud interessa appena il 15% degli alunni circa, contro oltre il 48% al Nord. Quindi al Settentrione la percentuale media è più di tre volte quella del Sud e delle isole maggiori.
Ma ora tutto sembra rinviato a data da destinarsi.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF MARCELLO PACIFICO
Secondo il leader del sindacato, “la sicurezza delle scuole deve andare di pari passo con il potenziamento del tempo pieno. Se una struttura scolastica comporta dei rischi per chi la vive va chiusa all’istante. Al Sud mancano le mense scolastiche e il personale docente e Ata preposto ad assicurare lo stesso diritto allo studio per i nostri studenti del Nord del Paese”.
Pacifico ricorda che “tra i 25 punti prioritari salva-scuola chiesti dal nostro sindacato al ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, durante l’incontro da noi tenuto alcuni giorni fa al Miur, c’era che l’attivazione progressiva del tempo pieno, rispetto al quale bisogna accelerare e non certo fermarsi, perché il completamento del tempo pieno, a questi ritmi ultra lenti, si realizzerà in tutti gli istituti non prima del 2060. Se poi ci fermiamo appena dopo avere cominciato la data di scadenza del progetto non potrà che allontanarsi ancora di più”.
La risposta alla frenata inattesa potrebbe averla data il premier Giuseppe Conte, nel rispondere a come si può fare per “reperire soldi per la scuola”: secondo Conte, “nella manovra non ci saranno tagli sull’istruzione. Il governo deve investire in scuola, università e ricerca: ma devo anticipare che abbiamo pochi fondi”. E siccome per il tempo pieno servono, invece, tanti soldi, potrebbe essere diventata inevitabile la decisione di alzare bandiera bianca sul progetto avviato nel passato Governo. Già con i 2 mila maestri in più concessi ultimamente c’erano state delle avvisaglie. L’incremento registrato, ha calcolato La Repubblica, era stato pari solo all’1,5%. Con la media nazionale, Sud compreso, che ha fatto registrare un lieve passo in avanti: dal 34,8% al 36,3%.
“Si sta sbagliando completamente strategia – continua Pacifico - perché anche l’ultimo rapporto Pirls ha indicato la strada giusta da intraprendere. E noi, come sindacato, gli abbiamo dato forma: implementare le strutture scolastiche e le infrastrutture a supporto, ripristinare l'insegnamento per moduli, reintrodurre 30 mila posti, attivarne tra i 50 mila e i 100 mila, una parte anche di Ata, per allargare gli organici nelle zone dove sono alti gli abbandoni, con zone che sfiorano il 50% a fronte del 10% che ci chiede l’UE, e il fenomeno dei Neet che nessuno finora ha saputo contrastare con efficacia”.
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