La posizione attendista del Comitato tecnico-scientifico sulla scuola, con continui rimandi in avanti sulle decisioni da prendere, sta determinando situazioni di incertezza in vista della riapertura per tutti prevista il prossimo 14 settembre. Tra le varie possibilità organizzative da adottare che stanno prendendo largo – assieme al già assodato distanziamento statico, all’individuazione e all’adattamento di nuove aule e all’individuazione di docenti aggiuntivi all’organico tradizionale – spunta quella di cambiare l’orario di inizio e fine lezioni: per evitare assembramenti potrebbero essere anticipate alle 7,30 o posticipate di 40-50 minuti rispetto all’orario canonico. Ma anche la facoltà che avranno le scuole di ridurre fino a 40 minuti l’unità oraria di lezione.
Il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico, chiede “il mantenimento dell'orario di lezione settimanale ministeriale, senza prevedere alcuna riduzione, e sin dal primo giorno di scuola: orari scaglionati e lezioni in aule e spazi aggiuntivi, anche al di fuori delle mura scolastiche, devono quindi prevedere un adeguato numero di docenti, che va ad incrementare l’organico del personale. Servono, lo chiediamo da mesi, almeno 150-160 mila docenti e 40 mila posti in più di personale Ata, tra assistenti amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici. Vanno assunti in ruolo, perché la scuola ne ha estremo bisogno, a prescindere dal Covid. Questi lavoratori, inoltre, vanno nominati tutti entro il prossimo 14 settembre e non in autunno, per evitare che il ‘balletto’ delle nomine vada a precludere la continuità didattica”.
Prende piede la possibilità che molte scuole a settembre ripartano con orari di ingresso e di uscita, oltre che unità orarie di lezione, differenziati. Nelle stesse linee guida ministeriali del 26 giugno scorso viene data particolare importanza agli spostamenti per raggiungere le sedi scolastiche e, dunque, alla necessità di tenere conto degli orari di ingresso e uscita da scuola, scrive Orizzonte Scuola: “Le istituzioni scolastiche – si legge - , ove interessate da un servizio di trasporto appositamente erogato per la mobilità verso la scuola, comunicano singolarmente o in forma aggregata all’Ente competente, anche per il tramite dell’Ufficio di ambito territoriale, gli orari di inizio e fine delle attività scolastiche, tenendo a riferimento costante l’esigenza che l’arrivo a scuola degli alunni possa essere differito e scaglionato in maniera da evitare assembramenti nelle aree esterne e nei deflussi verso l’interno, nel rispetto delle ordinarie mansioni di accoglienza e di vigilanza attribuite al personale ausiliario”.
“Tra le misure di sistema – si legge ancora – è necessario valutare anche l’eventuale impatto degli spostamenti correlati con la mobilità degli studenti. I dati ISTAT riportati nel ‘Documento tecnico sull’ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive in relazione al trasporto pubblico collettivo terrestre, nell’ottica della ripresa del pendolarismo, nel contesto dell’emergenza da SARS-CoV-2’ evidenziano elementi di criticità nelle grandi aree metropolitane, durante le giornate lavorative, nelle fasce orarie di punta del mattino e del pomeriggio, con profili giornalieri confermati anche dall’elaborazione dei dati di telefonia mobile delle principali città italiane. Pertanto, tra le azioni di sistema si ritiene opportuno valutare, per le scuole secondarie di II grado dei grandi centri urbani, una differenziazione dell’inizio delle lezioni al fine di contribuire alla riduzione del carico sui mezzi di trasporto pubblico nelle fasce orarie di punta (tra le 7:00 e le 8:30)”.
Sulla possibilità delle lezioni dalle 7 alle superiori, su Orizzonte scuola, è intervenuto il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, che ha spiegato: “Orario d’ingresso flessibile non significa lezioni alle 7, significa mezz’ora in più o meno per evitare code agli ingressi”. Per le scuole secondarie di secondo grado, le linee guida prevedono inoltre una fruizione per gli studenti, opportunamente pianificata, di attività didattica in presenza e, in via complementare, didattica digitale integrata. Si ricorda che le scuole possono scegliere in base alle esigenze del territorio, alla disponibilità di insegnanti e collaboratori scolastici, alla prospettiva della rimodulazione della proposta didattica.
La ministra Azzolina in un’intervista al Fatto quotidiano ha chiarito che “alcune scuole potrebbero decidere di portare l’unità oraria da 60 a 50 minuti per avere maggior flessibilità organizzativa. Ma quei 10 minuti vengono recuperati, ‘restituiti’ agli studenti. Il monte orario non cambia” e che quelle “che avranno necessità di organizzare ingressi scaglionati terranno conto delle necessità delle famiglie e adotteranno ogni accorgimento possibile, per esempio impiegando tutti gli ingressi degli istituti”.
Secondo l’Anief, lo scaglionamento di alunni e docenti in entrata e uscita da scuola può essere considerato una ipotesi fattibile da realizzare nella fase di perdurante pericolo di contagio. Tuttavia, non deve incidere sull'offerta formativa in presenza, la cui qualità e quantità devono rimanere intatte. Per fare questo non è più procrastinabile l’immissione in ruolo su tutti i posti vacanti e quella aggiuntiva di 200 mila insegnanti e Ata precari. C’è infatti l’esigenza, riconosciuta da tutti, di costituire nell’immediato delle classi con non più di 15 alunni e per il futuro con non oltre 20 iscritti: per farlo è indispensabile cassare gli articoli scellerati taglia-posti inseriti nel DPM (81/2009) e nella Legge del 133/2008 che dal 2008 hanno cancellato 200 mila docenti, 50 mila Ata e 4 mila istituti autonomi con le rispettive dirigenze scolastiche e posti di Dsga. È l’ora di farlo, anche considerando il prossimo arrivo nella scuola del 10% dei 172 miliardi del Recovery Fund che l’UE assegnerà all’Italia.
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